Musica liquida 2.0
Un modo nuovo di fruire la musica. A costi bassissimi, ma soprattutto legalmente. Spotify non è solo un archivio musicale con oltre 20 milioni di brani, ma è anche pensato per essere interattivo e condiviso dagli utenti tramite tutti i sistemi social. Un’autentica alternativa alla pirateria.
Non sempre le iniziative nate sul web diventano dei ‘fenomeni’, ma nel caso di Spotify usare questo termine non è esagerato. L’azienda svedese con quartier generale a Stoccolma, nata nel 2006, ma operativa solo a partire dal 2008, offre un servizio per l’ascolto della musica digitale.
Le canzoni vengono erogate in streaming (scaricamento progressivo via Internet), on demand (a richiesta) e in modo totalmente legale. Attraverso un apposito software o una app, Spotify è accessibile da qualsiasi computer, smartphone, tablet e può fare affidamento su un archivio musicale in costante crescita che attualmente conta oltre 20 milioni di brani. Nonostante non sia stato il primo servizio a offrire un accesso illimitato all’ascolto di musica on-line, l’azienda, fondata da Daniel Ek e Martin Lorentzon, è riuscita a farsi largo conquistando in poco tempo un numero elevato di utenti. I numeri ufficiali ad aprile 2012 indicano una base di oltre 24 milioni di utilizzatori, di cui più di 6 milioni a pagamento e una diffusione in 28 paesi tra cui USA, Gran Bretagna, Germania, Francia, Spagna e Italia. Nel nostro paese Spotify ha aperto i battenti a febbraio 2012, in concomitanza con il Festival di San Remo, e già nel primo mese aveva registrato un vero e proprio boom con 55 milioni di canzoni ascoltate. I motivi di questo successo, da noi e negli altri paesi, è essenzialmente legato all’aspetto social messo in piedi dalla piattaforma svedese. Tutti i brani che si ascoltano e le playlist si possono facilmente condividere con gli amici on-line attraverso Facebook, Twitter e Tumblr, sul proprio blog o via e-mail, trasformando l’ascolto in un momento conviviale. Fino a oggi gli utenti hanno creato più di 1 miliardo di playlist. E siamo solo all’inizio, visto che ogni giorno si aggiungono nuovi appassionati di musica alla schiera degli utenti attivi. Questo tipo di esperienza verrà a breve ulteriormente incrementata con il lancio dei servizi Segui, per seguire gli artisti preferiti e i loro gusti ma anche celebrità, e Discover, per essere informati sulle novità e sui concerti. Spotify piace anche per la semplicità d’utilizzo e per la possibilità di accedere alla propria musica ovunque ci si trovi. Il servizio consente infatti di ascoltare le canzoni sia on-line sia off-line sincronizzando la libreria musicale con il dispositivo di riproduzione.
L’accesso libero e istantaneo all’ampio archivio di titoli è invece la formula vincente che ha permesso al servizio di qualificarsi come alternativa alla pirateria. Aspetto questo non banale. La musica scaricata illegalmente è infatti un’abitudine che continua a essere fortemente diffusa, ma la disponibilità di servizi digitali evoluti sta iniziando a modificare questo atteggiamento, come dimostrano i dati provenienti dalla Svezia, dove la pirateria musicale è calata del 25% dal 2009, dopo che è stato lanciato proprio Spotify. D’altra parte già Apple con iTunes ha dato un notevole contributo all’industria con ben 25 miliardi di brani acquistati dagli utenti. Offrire il giusto servizio al giusto prezzo è un elemento essenziale di questo processo, come dimostra chiaramente il servizio svedese. L’accesso senza vincoli su qualsiasi dispositivo costa infatti solo 9,99 euro al mese, ma c’è anche una formula da 4,99 euro solo su pc e l’abbonamento base con interruzioni pubblicitarie che è gratuito. Questo delicato equilibrio tra costi e qualità del servizio ha permesso a Spotify di diventare la seconda fonte di ricavi digitali per le case discografiche europee, avendo conferito dal momento del lancio a oggi ben 500 milioni di dollari ai titolari dei diritti d’autore. Un dato lusinghiero anche se, a dire il vero, non mancano alcune polemiche sulla quota trattenuta dal fornitore del servizio che, come dichiarano gli artisti, è troppo alta. Rimane comunque il fatto significativo di una inversione di tendenza rispetto al passato, quella che porta gli utenti a riconoscere e a pagare le canzoni digitali. Non è un caso che nel 2012, secondo i dati diffusi dalla Federazione industria musicale italiana, il fatturato digitale sia cresciuto del 31%, superando i 36 milioni di euro, mentre il download di album e singoli è salito del 25%. Sembra dunque che i tempi stiano cambiando e che lentamente, soprattutto in Italia, inizino a esserci i presupposti per una crescita robusta e legale dell’industria dell’intrattenimento digitale.
I concorrenti più agguerriti
iTunes Radio. È un nuovo servizio offerto da iTunes a partire dalla nuova release del sistema operativo iOS7: una radio su misura che è in grado di confezionare una programmazione in base agli artisti, generi musicali, canzoni che selezioniamo o che automaticamente si ispirano a quello che normalmente scarichiamo o ascoltiamo.
Napster. Lo storico sito che permetteva lo scambio illegale di musica digitale adesso offre un catalogo di 20 milioni di brani (su Web player e app mobile), con il beneplacito delle industrie discografiche a fronte di un abbonamento mensile di pochi euro.
Deezer. La risposta francese allo svedese Spotify è diffusa in 200 paesi, ma non negli USA, e si segnala sicuramente come la più temibile. Si sarebbe infatti verificato un sorpasso in termini di offerta di brani: stime ufficiali parlano di 25 milioni a fronte dei 20 milioni del catalogo svedese.
Google Play All Access Music. Meno versatile di Spotify, che funziona su tutte le piattaforme fisse e mobili, il servizio offerto da Google per i dispositivi mobili è compatibile solo per quelli che supportano il sistema operativo Android. Meno vantaggiose sempre rispetto al cugino svedese, almeno per ora, le offerte promozionali.
In Giappone guerra al download illegale
Il governo giapponese nel giugno 2012 ha approvato nuove norme per cui è prevista la reclusione per chi è colto a scaricare contenuti pirata, modificando la legge sul copyright e stabilendo pene fino a un massimo di 2 anni di reclusione e multe fino ai 2 milioni di yen (circa 20.000 euro). A rischiare il carcere non sono solo gli utenti colpevoli del download illegale di materiale coperto da copyright, ma anche chi è trovato in possesso di copie non autorizzate di cd musicali e film senza possederne la versione originale. La notizia è stata colta con grande favore dalle case discografiche e dalle industrie nipponiche. Inoltre è in corso la sperimentazione di un sistema di monitoraggio delle connessioni che permetterebbe di individuare con precisione il responsabile del caricamento e del download di materiale pirata.