Musicoterapia
Il termine indica l'uso dell'espressione musicale (in quanto forma di comunicazione non verbale) e/o dei singoli elementi musicali ‒ suono, ritmo, melodia e armonia ‒ a scopo terapeutico, volto al ristabilimento, mantenimento e miglioramento della salute mentale e fisica dell'individuo. Si distinguono due procedimenti fondamentali, che spesso risultano in stretto rapporto fra loro: uno recettivo, consistente nell'ascolto di messaggi sonori, ritmici e musicali; uno attivo, consistente nel fare concretamente musica, nell'accezione più ampia, utilizzando strumenti musicali, oggetti, parti del corpo. Fin dalla vita prenatale, il feto avverte costantemente il ritmico battere del cuore e la ciclicità del respiro materno. Poi, nella sua vita, l'uomo sarà sempre accompagnato dalla musica, dai suoni e dai canti, fino alla morte. La musica, dunque, svolge una funzione importante nell'esistenza umana. Pitagora propose per primo una forma di musicoterapia atta a modificare gli stati d'animo e a riarmonizzare la personalità dell'individuo. Anche Platone riconobbe sia alla musica sia alla danza importanti qualità terapeutiche. In epoche più recenti, numerosi episodi hanno messo in luce come la musica possa significare molto dal punto di vista terapeutico. J.S. Bach, per es., compose le variazioni Goldberg con lo scopo di risolvere i problemi d'ansia e d'insonnia del nobile K. von Keyserling. Filippo V, re di Spagna, uscì da una profonda depressione grazie all'intervento del cantante italiano C. Broschi, detto il Farinello (o Farinelli), che cantò per lui arie inizialmente un po' melanconiche e sentimentali, e poi via via sempre più vitali e gaie. Egli anticipò in questo modo quello che è forse il cardine del processo terapico della musica, vale a dire il principio di identità sonora, teorizzato alcuni anni or sono da R. Benenzon, ma che già Pitagora aveva individuato quando affermava, sostanzialmente, che la musica triste guarisce le persone tristi e la musica stimolante guarisce le persone agitate e nervose. La moderna musicoterapia nasce da un importante incontro tra il teologo, filosofo, medico e psicoterapeuta viennese F.A. Mesmer, autore della Dissertatio physico-medica de planetarum influxu (1766) e W.A. Mozart. Mesmer, vedendo la gente entrare quasi in trance durante l'ascolto delle composizioni di Mozart, iniziò a utilizzarle per le sue sedute di ipnosi individuali e collettive. Da parte sua, il compositore salisburghese, affascinato dal carisma e dalle capacità terapeutiche di Mesmer, lo citò in due opere: Così fan tutte (1790) e Il flauto magico (1791). Risulta così che, nei secoli, la musicoterapia sia sempre stata una terapia d'ascolto, nel senso che l'ammalato veniva curato tramite musiche suonate, cantate o anche ballate appositamente per lui, come nel tarantismo, tecnica coreutico-musicale di catarsi da crisi psichiche, in cui una danzatrice impersona la 'tarantata'. Come la farmacoterapia è la terapia che cura la salute fisica e mentale dell'individuo attraverso l'uso di farmaci, analogamente la musicoterapia tende a curare i problemi fisici, psichici e mentali con l'impiego di suoni e di brani musicali. Attualmente, la musica viene proposta come terapia o come sostegno anche nei casi di malattie mentali e fisiche sempre più gravi e complesse, quali i disturbi psichiatrici (psicosi, schizofrenia, autismo), o nei problemi di handicap e nelle sindromi di Down, ma anche negli stati di coma, nei tumori e per gli ammalati di AIDS (in questi casi impiegando soprattutto le visualizzazioni e/o la musicoterapia immaginativa). Sulla base delle indicazioni teoriche e pratiche di molti musicoterapeuti, ma soprattutto di Benenzon, fondatore del primo corso universitario a Buenos Aires, la musicoterapia, negli anni Ottanta e Novanta del 20° secolo, ha sempre più abbracciato l'indirizzo terapeutico attivo, che prevede l'insegnamento o semplicemente l'uso di strumenti musicali, della voce, del canto, del movimento e della gestualità, al fine di ottenere miglioramenti nei soggetti psicotici oppure nei portatori di handicap psicofisici più o meno gravi. Essa assume un ruolo principalmente educativo, riabilitativo e socializzante, e si propone di aprire canali di comunicazione più ricchi ed efficaci con il mondo della psicosi, con la realtà degli handicappati e dei Down. Insegnando loro a usare non solo la musica, ma anche il suono, il ritmo, la gestualità, la motricità e l'espressione, ci si pone l'obiettivo di un recupero neuropsicologico delle funzioni sensomotorie e di un migliore adattamento e una maggiore autonomia sociale. Si cerca, dunque, tramite l'uso degli elementi musicali, di soddisfare quei bisogni fisici, emozionali, psichici e mentali, che spesso rimangono inappagati. A ciò si è giunti dopo una lunga serie di studi (iniziati verso la metà dell'Ottocento), effettuati per verificare gli effetti della musica sugli aspetti fisici e psicologici dell'individuo: dalle modificazioni della circolazione sanguigna a quelle del ritmo respiratorio e cardiaco, al riflesso psicogalvanico, e così via, fino alle diverse risposte a test di personalità ottenute ascoltando musiche diverse. A questo proposito, vanno ricordati gli sforzi di sistemazione organica di una materia già tanto complessa e articolata. Tra essi meritano particolare rilievo gli studi e le teorizzazioni di B. Callieri e di A. Petiziol (1962). Attualmente si può così distinguere la musicoterapia attiva e quella d'ascolto o ricettiva. La prima è un'attività clinica che, sviluppando una relazione non verbale tra terapeuta e paziente attraverso la comunicazione corporeo-sonoro-musicale, cerca di andare incontro alle necessità fisiche e psichiche del paziente. In questi casi, il musicoterapeuta è anche un musicista che opera nell'ambito di una équipe costituita generalmente, dal medico psichiatra, dallo psicologo clinico, dall'assistente sociale e dall'infermiere. Insegnanti di musica, preparati anche dal punto di vista medico e psicologico, possono avviare i pazienti all'uso di diversi strumenti musicali, a volte costruiti appositamente a seconda della patologia e delle menomazioni sulla base del metodo messo a punto da C. Orff. I soggetti vivono, così, con minori difficoltà nell'ambiente sociale che li circonda, si sentono più valorizzati, apprezzati e sicuri di sé; sono meno isolati e possono superare handicap dovuti a malformazioni e atrofie da disuso. La maggioranza delle scuole attualmente esistenti abbraccia questo indirizzo teorico. La musicoterapia d'ascolto o ricettiva non implica necessariamente la presenza di un musicista nell'eventuale équipe, ma è comunque indispensabile quella di un musicologo o di un esperto che conosca bene i vari generi musicali, dalla musica classica (in particolare quella sinfonica) a quella jazz, fino all'ambient music e alla world music, e alla musica naturale (P. Hübner). Secondo questo indirizzo, il 'musicale' diviene l'oggetto intermediario e mediatore della relazione terapeuta-paziente. Tale approccio, adatto anche in tutti i casi in cui viene applicato quello attivo, prevede l'ascolto di brani musicali che possono suscitare sentimenti ed emozioni, utilizzati poi dall'équipe per sondare il mondo inconscio dei pazienti, in modo da ridare loro una maggiore consapevolezza di sé e del mondo che li circonda. La musicoterapia d'ascolto, infatti, stimola l'immaginazione, la socializzazione e può aiutare a scaricare ansia e aggressività. Se l'ascolto della musica è accompagnato anche da tecniche di rilassamento e dall'impiego di visualizzazioni e immagini mentali simboliche, si entra nella particolare forma di musicoterapia d'ascolto definita immaginativa (Carrozzini 1991). La musicoterapia immaginativa sfrutta il grande potere suggestivo e immaginativo della musica. È particolarmente indicata nel caso dei disturbi nevrotici (ma non esclude applicazioni in ambito psicotico e nell'handicap), e può facilmente rientrare in un programma psicoterapeutico anche a indirizzo analitico, poiché favorisce la mobilitazione del mondo affettivo e l'esplorazione delle dinamiche inconsce, oltre a stimolare la creatività e ad agevolare uno stato di rilassamento psicofisico. In Italia esistono, dal 1994, la CONFIAM (Confederazione italiana delle associazioni di musicoterapia) con sede a Napoli, e la FIM (Federazione italiana musicoterapisti), sorta a Bergamo nel 1998. La prima ha un'impostazione più psichiatrica, la seconda più musicale e artistica. A livello internazionale, a St. Albans, in Inghilterra, si è costituito, nel 1991, lo European music therapy committee, mentre nel 1990 è stata fondata la World federation of music therapy, attualmente presieduta dal danese T. Wigram, con sede nelle province basche, a Vitoria-Gasteiz (Alava) e con delegazioni in tutti i continenti. La figura del musicoterapeuta, nel nostro paese, non è ancora stata giuridicamente regolamentata; a tutt'oggi vi sono all'esame quattro proposte di legge, l'ultima delle quali, la legge Delfino, presentata il 25 luglio 1997, intende regolamentare la formazione e il riconoscimento professionale dei musicoterapisti.
bibl.: r. benenzon, Manuale di musicoterapia, Roma, Borla, 1982; b. callieri, a. petiziol, La musica in psicoterapia: concezioni antiche e direttive moderne, "Neuropsichiatria", 1962, 18, 2, pp. 277-306; r.l. carrozzini, Manuale di musicoterapia immaginativa, Roma, EUR, 1991; d. gaita, I1 pensiero del cuore, Milano, Bompiani, 1991; g. revesz, Psicologia della musica, Firenze, Giunti, 1983; c. sachs, The wellsprings of music, Den Haag, Nijoff, 1962 (trad. it. Torino, Bollati Boringhieri, 1991).