muso
. Compare soltanto nella Commedia. Secondo la chiosa del Buti a If XXII 106, " muso si dice propriamente la testa del cane ", ma D. adopera il sostantivo anche a proposito di altri animali: If XXXII 32 a gracidar si sta la rana / col muso fuor de l'acqua (che riprende Ovidio Met. VI 370 ss. " iuvat esse sub undis... / nunc proferre caput "), XXII 26, Pg III 81.
Dato il suo valore originario, il vocabolo compare in If XXII 106 più per coerenza espressiva con il nome del demonio, a proposito del quale viene usato, che non in senso estensivo-analogico: Cagnazzo a cotal motto levò 'l muso. Per ragioni poetiche altrettanto valide, già intuite dall'Anonimo (" La faccia dell'uomo divenia muso di serpente, e 'l muso del serpente divenia faccia d'uomo "), M. ricorre in XXV 123 e 130, a proposito della duplice metamorfosi subita da Buoso e da Francesco Cavalcanti.
In Pg XIV 48 la locuzione figurata ‛ torcere il m. ', " compiere un atto di disprezzo ", " mostrare di schifare qualcuno ", è applicata al piegare, materiale e geografico, della valle dell'Arno in corrispondenza di Arezzo: Botoli trova poi, venendo giuso / ... e da lor disdegnosa torce il muso.
Ha solo valore spregiativo in If XVIII 104, riferito al volto degli adulatori, gente che si nicchia... / e che col muso scuffa.