Ataturk, Mustafa Kemal
Generale e statista turco (Salonicco 1881-Istanbul 1938). Fondatore e primo presidente della Repubblica di Turchia; fino al 1934 noto come Ghazi Mustafa Kemal pascià. Di famiglia modesta, rimase assai presto orfano di padre e poté continuare gli studi grazie all’aiuto di parenti, ottenendo per i suoi meriti scolastici il soprannome di Kemal («il perfetto»). Entrato nell’accademia militare ottomana (1899-1905), iniziò un’attività politica clandestina contro il sultano ottomano Abd ul-Hamid II, per la quale, scoperto, fu trasferito a Damasco. Qui fondò l’associazione segreta rivoluzionaria Patria e libertà (1906), con lo scopo di sostituire all’impero, del quale vedeva il carattere obsoleto e repressivo, la nazione turca. Tornato a Salonicco per diffondere le sue idee, entrò a far parte del movimento dei Giovani turchi, nonostante le differenze politiche, e con questo partecipò alla rivolta del 1909, che costrinse all’abdicazione il sultano imponendo una costituzione. Inviato in Nord Africa per combattere l’invasione italiana della Libia (1911), partecipò poi alla guerra dei Balcani e, dopo l’entrata dell’impero ottomano nella Prima guerra mondiale, alla battaglia di Gallipoli (1915), dove si distinse nel comando, meritando il titolo di pascià. Successivamente fu inviato nel Caucaso contro la Russia. Sempre più critico sulla conduzione della guerra e insofferente dell’ingerenza tedesca, fu, al momento della capitolazione, favorevole al ritiro dai territori non turchi, per concentrarsi nella difesa di quelli turcofoni. L’armistizio di Mudros, dell’ott. 1918, con la capitolazione incondizionata dell’impero ottomano, aprì invece la strada all’occupazione europea dell’impero, anche delle regioni anatoliche, dove A. auspicava la rinascita della nazione turca e che furono occupate invece dalla Francia, dall’Italia e dalla Grecia, che prese Smirne (Izmir) nel maggio 1919. Subito dopo quest’ultimo evento, Mustafa Kemal iniziò l’organizzazione della resistenza, mentre le nazioni vincitrici, nel marzo 1920, entravano a Istanbul, sciogliendo il parlamento ottomano. A. riunì ad Ankara l’Assemblea nazionale, nata a Erzurum l’anno precedente a sostegno del suo programma di resistenza, e le componenti filosultanali, nonostante la condanna a morte del governo d’Istanbul. All’interno dell’Assemblea, A. unificò le numerose correnti nel progetto di combattere per l’Anatolia, rivendicando apertamente la legalità del governo di Ankara e prefigurando lo Stato che sarebbe nato come repubblicano e presidenziale. L’Assemblea ratificò il cosiddetto patto nazionale, elaborato da A., con il quale si rinunziava a tutti i territori non turchi, chiedendo in cambio la totalità dei territori turcofoni e dichiarando nulli tutti gli atti del governo imperiale dopo il 16 marzo. Fra questi vi fu la ratifica del Trattato di Sèvres (10 ag. 1920) i cui termini si stavano discutendo negli stessi giorni e che Maometto VI, ultimo sultano ottomano, avrebbe firmato il 10 ottobre. In aprile, l’Assemblea nazionale di Ankara aveva offerto ad A. la presidenza; in questa veste, egli denunziò il sultano ottomano e il suo governo e, nel 1921, fece approvare una carta costituzionale provvisoria, contenente in nuce i principali tratti organizzativi del nuovo Stato. Nello stesso anno, la Grecia attaccava le forze kemaliste, in difesa dei territori anatolici. Contro l’esercito greco, assai superiore, A. mobilitò l’intera popolazione, consapevole che la resistenza nazionale avrebbe fondato il nuovo Stato. Nella battaglia, iniziata a Sakarya il 23 ag. 1921 e durata ventidue giorni, A. combatté e fu ferito; in seguito alla vittoria, l’Assemblea nazionale proclamò A. ghazi (guerriero vincitore). Mentre la giovane entità statale ricercava l’accordo con i Paesi occidentali (1921, accordo di Ankara con l’URSS), la Grecia ricorse alle potenze alleate, trovando appoggio nell’Inghilterra. Le battaglie decisive furono combattute a Dumlupinar e Afyon-Karahisar, nell’ag. 1922. Il 9 sett. i greci furono espulsi da Smirne e l’11 ott. si firmò l’armistizio a Mudanya, sul Mar di Marmara, col quale si riconosceva la sovranità turca sulla Tracia orientale. Dopo la vittoria sulla Grecia, le potenze alleate indissero una nuova conferenza di pace a Losanna, invitandovi anche i rappresentanti ottomani; l’Assemblea nazionale prese allora la decisione di abolire il sultanato ottomano, per escluderlo dai negoziati. La conferenza di Losanna (nov. 1922-luglio 1923) annullò il Trattato di Sèvres, riconoscendo al nuovo Stato turco l’Anatolia e la Tracia orientale ed eliminando la menzione di Stato armeno e di autonomia curda. Dopo l’entrata delle forze nazionaliste a Istanbul, il 29 ott. 1923 fu proclamata la Repubblica di Turchia, della quale A. fu il primo presidente; il 3 marzo del 1924 A. aboliva anche il califfato. Un imponente scambio di popolazioni ebbe luogo fra la Grecia (che accolse 900.000 persone) e la Turchia (che ne ricevette 40.000 ca.), in base al principio panturanico dell’omogeneità etnica, che A. ereditava dai Giovani turchi e che fece della Turchia uno Stato musulmano al 99%. Negli anni successivi, sarebbe stata risolta a vantaggio dell’Iraq la vertenza sulla provincia di Mossul (1926), e a vantaggio della Turchia il possesso degli Stretti (1936) e di Alessandretta (od. Hatay, 1939), che i siriani rivendicavano e che contava una forte popolazione armena. Il regime instaurato da A. sull’onda della guerra d’indipendenza era centrato su di un partito unico, il Partito repubblicano del popolo, sebbene inizialmente fosse permessa una blanda opposizione. Tuttavia, i disordini etnici del 1925 e un attentato contro A. del 1926 condussero, nel 1927, al famoso discorso con cui A. condannava ogni opposizione e legava il concetto stesso di nazione turca al proprio nome. Un tentativo, pochi anni dopo, di reintrodurre un’opposizione controllata rivelò al regime i pericoli che ne potevano derivare; A., che nel 1934, in seguito alla legge che obbligava i turchi a dotarsi di un cognome, aveva ricevuto dall’Assemblea quello di A. («padre dei turchi»), si convinse allora della necessità di adottare un modello rivoluzionario per l’educazione delle masse, ispirandosi ai modelli comunista e fascista. Nasceva così il kemalismo, una delle grandi ideologie del Novecento, capace di esercitare una durevole influenza sulla storia dei nazionalismi mediorientali. La filosofia che lo caratterizzava, nazionalista, populista e corporativista, poteva sintetizzarsi nelle cd. «sei frecce», le sue parole d’ordine: nazionalismo, fondato sul concetto di «nazione turca»; repubblicanesimo, che definiva il quadro istituzionale dello Stato; populismo, che fondava il potere sul concetto di popolo, in opposizione alle élite; statalismo, come espressione della sovranità e del possesso dei beni economici; laicismo, che liberava gli individui dalle loro affiliazioni religiose; infine, il concetto di rivoluzionarismo, per il quale le trasformazioni sociali e politiche necessarie dovevano avvenire in modo drastico e irreversibile, conducendo la Turchia in Europa e nella modernità senza perdere i propri tratti nazionali. I sei punti del kemalismo confluirono nella Costituzione del 1937 ed ebbero effetti radicali sulla società turca: la shari‛a fu abolita, sostituita da codici laici modellati su quelli svizzero, italiano e tedesco. Il costume tradizionale fu abbandonato a favore degli abiti occidentali. La lingua imperiale, l’osmanli, scritta in caratteri arabi, fu sostituita dal turco, ricostruito epurando le radici straniere e scritto in caratteri latini; la domenica divenne giorno festivo invece del venerdì musulmano e i vecchi titoli ottomani, compreso quello di pascià conferito allo stesso A., furono aboliti. Nel 1938 A. moriva di cirrosi epatica. La rivoluzione sociale e politica da lui imposta alla Turchia fu modello per gli altri nazionalismi laici mediorientali, da quello di Nasser in Egitto a quello di Bu Rqiba in Tunisia fino alla rivoluzione libica di Gheddafi.
Nasce a Salonicco
Inizia la resistenza al governo di Costantinopoli
A capo dell’esercito d’Anatolia, respinge l’invasione greca
Primo presidente della nuova Repubblica, rimane a capo dello Stato da lui fondato fino alla morte
L’Assemblea nazionale gli conferisce il nome di Atatürk («padre dei turchi»)
Muore a Istanbul