Vedi MUT dell'anno: 1963 - 1995
MUT (v. vol. V, p. 300)
Studi recenti hanno modificato le precedenti teorie riguardo la natura originaria di questa dea: considerata in passato una dea-avvoltoio (come tale si presenta il geroglifico mwt che la designa), sembra invece più probabile collegare il nome con l’omografo sostantivo che significa «madre», anche se manca una documentazione adeguata per sostenere un'origine di M. come Dea Madre. L'aspetto materno di M. venne comunque sviluppato nella teologia della dea messa a punto nel Nuovo Regno: un'iconografia piuttosto frequente la rappresenta con il bambino Khonsu seduto in grembo. Sembra inoltre probabile che il tempio nell'angolo NE della cinta del Santuario di M. a Karnak debba interpretarsi come un Mammisi, dedicato a M. e al piccolo Khonsu, sebbene la sua datazione non sembri anteriore alla XXI dinastia.
La rappresentazione più antica della dea è una figura con testa leonina incisa su un bastone magico del 1730 a.C. circa, probabilmente proveniente dal Medio Egitto. Molti indizî fanno pensare che la M. tebana, «signora di Isheru» (il lago a forma di crescente annesso al suo tempio a Karnak S), sia una creazione politico-teologica dell'inizio del Nuovo Regno (la prima menzione della dea a Karnak è su un blocco di Amenophis I) che, prendendo le mosse da una divinità leontocefala minore e attingendo alle personalità più spiccata di altre dee leonine, soprattutto Sekhmet, Bastet e Uadjet, abbia prodotto la compagna di Ammone e madre di Khonsu, anello indispensabile della triade divina tebana. In effetti, per titolature, pratiche di culto e iconografie, M. si confonde quasi totalmente con le altre dee leonine, che sembrano però spesso coesistere con la dea, talvolta riprendendo il sopravvento: il caso più appariscente sono certo le innumerevoli statue di Sekhmet rinvenute proprio nel Tempio di M. a Karnak.
L'iconografia classica della dea non presenta caratteristiche nettamente individualizzate: il suo solo tratto distintivo è rappresentato dalla doppia corona, tipica delle divinità maschili così come del faraone, il cui uso «improprio» M. condivide con la regina Ḥatshepsut. È interessante notare a questo proposito che la sola iconografia veramente singolare nota per la dea la raffigura androgina, come una donna leontocefala o con più teste, provvista di fallo (vignette del cap. 164 del Libro dei Morti; bassorilievo del Tempio di Hibis all'oasi di Kharga, De Garis Davis, 1953, pl. 2; cfr. anche un'identica raffigurazione nel Tempio di Khonsu a Karnak: PM, Oxford 19722, II, p. 242). È importante sottolineare che la dea non è in genere rappresentata come avvoltoio, a differenza di Nekhbet, ma antropomorfa, con testa umana o leonina. La spoglia d'avvoltoio che spesso porta sul capo è infatti tipica, oltre che delle regine, di numerose dee.
Bibl.: N. De Garis Davis, The Temple of Hibis, III, New York 1953; J. Yoyotte, Etudes géographiques, 2. Les localités méridionales de la région memphite, in REgypt, XIV, 1962, p. 101 ss.; H. te Velde, Towards a Minimal Definition of the Goddess Mut, in Jaarbericht van het Vooraziatisch-Egyptisch Genootschap Ex Oriente Lux, VIII, 1979-1980, pp. 3-9; id., in LA, IV, 1982, cc. 246-248, s.v.; J. Yoyotte, in Annuaire EPHE, LXXXIX, Parigi 1980-1981, pp. 59-77; H. De Meulenaere, Isis et Mout du Mammisi, in Studia Paulo Naster oblata, 2. Orientalia antiqua (Orientalia Lovaniensia Analecta, 13), II, Lovanio 1982, pp. 25-29; R. A. Fazzini, Report on the 1983 Season of Excavation at the Precinct of the Goddess Mut, in ASAE, LXX, 1985, pp. 287-307. - Per gli scavi si vedano inoltre i bollettini annuali nella rivista Orientalia.
(M. C. Betro)