mutare
Attestato in tutte le opere di D., anche nel Fiore; nelle accezioni che ha in comune con ‛ trasmutare ' e con ‛ cambiare ' si alterna con questi vocaboli, per lo più senza apprezzabili differenze semantiche. Come ‛ trasmutare ', ha anche i significati di " trasferire in altro luogo " e di " tradurre in altra lingua " ignoti a ‛ cambiare ', mentre non possiede quelli di " barattare ", " fare un'operazione di cambio " e di " contraccambiare " con i quali ‛ cambiare ' ricorre anche nel linguaggio dantesco.
Nella sua accezione fondamentale indica la sostituzione di una persona o di una cosa con un'altra: cfr. If XIII 144 I' fui de la città che nel Batista / mutò 'l primo padrone; e Rime dubbie XXX 5.
Più frequentemente il complemento oggetto è espresso da un sostantivo astratto; m. entra così a far parte di locuzioni che presuppongono un processo o un seguito di esperienze o di contingenze, che si riflettono nel modo di essere, di apparire o di comportarsi delle persone: Farinata non mutò aspetto (If X 74) di fronte a D., Tiresia... mutò sembiante / quando di maschio femmina divenne (XX 40), gli abitatori della valle dell'Arno hanno... mutata lor natura (Pg XIV 40), Progne mutò forma / ne l'uccel ch'a cantar più si diletta (XVII 19), Maghinardo Pagani muta parte da la state al verno (If XXVII 51).
Conserva un valore più vicino all'accezione fondamentale quando, seguito da un sostantivo indicante uno spazio fisicamente o idealmente delimitato, indica il passaggio, lo spostamento da un luogo a un altro; così in Pd XVII 6 la santa lampa / che pria per me avea mutato sito; Pg XXI 62, Pd XXVI 142, Fiore CLXIX 10. Non diversamente, in senso figurato, m. mondo a miglior vita (Pg XXIII 77) o, semplicemente, ‛ m. vita ' (XXX 125) valgono " morire ", appunto perché indicano il passaggio dall'esistenza terrena e transeunte alla vita celeste ed eterna.
Con i due significati di " sostituire una cosa con un'altra " e di " passare in altro luogo ", in Pg XI 102: il vento, ch'or vien quinci e or vien quindi / ... muta nome perché muta lato, riceve nomi diversi secondo il punto dal quale spira.
In altri casi vale " rendere diverso ", " trasformare ", " far sì che una persona o una cosa diventi altro da ciò che è ".
Questa modificazione può riferirsi al carattere, al modo di pensare, allo stato d'animo o alla spiritualità di una persona: Cv III I 11 a torre via questa riprensione, nullo migliore argomento era che dire quale era quella donna [la Filosofia] che m'avea mutato; o, con oggetto astratto: Pg IX 65 A guisa d'uom che 'n dubbio si raccerta / e che muta in conforto sua paura; e così pure in Vn XII 12 24, Pd XVIII 5; così anche nella variante si muta in luogo di s'attuta, riferito a stupore, nel contrastato luogo di Pg XXVI 72 (su cui cfr. Petrocchi, Introduzione 211, e ad l.). Ma può alludere anche a metamorfosi mitologiche, come in Rime dubbie VIII 10 quella ch'a veder lo sol si gira, / e 'l non mutato amor mutata serba, dov'è ripreso, anche nell'espressione formale, il mito di Clizia (Met. IV 270 " vertitur ad Solem mutataque servat amorem ").
Analogamente, come intransitivo o riflessivo, m., sempre a proposito delle trasformazioni di un essere in altro di natura diversa, significa " assumere un nuovo aspetto ", " cambiare natura "; così in If XXV 68 Omè, Agnel, come ti muti! / Vedi che già non se' né due né uno; XXV 150 Puccio sciancato... / non era mutato; Fiore C 3.
Per quanto il significato complessivo del passo sia chiaro, ha dato luogo a molte discussioni l'esegesi di If XXV 143 Così vid'io la settima zavorra / mutare e trasmutare; e qui mi scusi / la novità se fior la penna aborra. Per Mattalia, Scartazzini-Vandelli e Chimenz, mutare si riferisce alle mutazioni subite da Vanni Fucci e alla fusione dei corpi di Agnello Brunelleschi e di Cianfa in un solo essere mostruoso; trasmutare sarebbe invece lo scambiarsi reciproco di forme tra Buoso e Francesco Cavalcanti. Il Pagliaro (Ulisse 369 ss.) non nega la validità di questa interpretazione, ma osserva come i due verbi indichino " molto sommariamente i complessi e inusitati eventi, di cui [D.] era stato testimonio "; il poeta, anzi, si giustificherebbe di questa inadeguatezza espressiva nel resto della terzina, adducendo a propria scusa la stranezza della materia. Da parte sua, il Chimenz esamina il genere dei due verbi, osservando che se per zavorra s'intendono i dannati, m. e ‛ trasmutare ' sono riflessivi (omessa la particella); se s'intende la bolgia, possono essere o riflessivi o transitivi, con oggetto sottinteso " i suoi abitatori " (per il significato di zavorra e di aborra, v. alle rispettive voci).
Il significato di " modificare ", " far sì che una cosa diventi altro da ciò che è ", risulta anche più esplicito con complemento oggetto inanimato o espresso da un sostantivo astratto; analogamente m. vale " divenire diverso " nella forma intransitiva pronominale (anche con omissione della particella). Cfr. Pg VI 147 Quante volte, del tempo che rimembre, / legge, moneta, officio e costume / hai tu mutato; V 27 mutar lor canto in un " oh! " lungo e roco; II 36 l'etterne penne, / che non si mutan come mortal pelo; Cv II XIV 10, IV X 8, Pg I 47, XXVI 6, Pd XV 51, XXVII 39, Fiore CIII 9.
In un solo caso, come intransitivo pronominale, indica un processo diverso dalla metamorfosi fisica: Pd XXXIII 114 per la vista che s'avvalorava / in me guardando, una sola parvenza, / mutandom'io, a me si travagliava. Qui il termine strettamente si collega al si travagliava, che lo sostituisce integrandolo, come osserva il Mattalia; non semplice mutazione, dunque, ma piuttosto arricchimento interiore nutrito di sempre nuova forza intellettiva fino a toccare la suprema intuizione di Dio.
Una volta m. ha il significato di " tradurre ", per il quale è più frequentemente attestato il composto ‛ trasmutare ': Cv I VII 15 questa è la cagione per che Omero non si mutò di greco in latino.
Scarsamente documentate sono pure le accezioni connesse con il valore di " trasferire in altro luogo " comune nella lingua del tempo. A uno spostamento nello spazio fisico m. allude in due passi, nella forma intransitiva pronominale: Pg XXV 98 la fiammella / ... segue il foco là 'vunque si muta; XXXII 21 sotto li scudi... / volgesi schiera... / prima che possa tutta in sé mutarsi, " prima di volgersi completamente " in tutta la sua estensione, cambiando la direzione di marcia. L'infinito sostantivato di Cv I VIII 11 acciò che sia laudabile lo mutare de le cose, conviene sempre essere [al] migliore (dove si allude al passaggio di una cosa da chi la dona a chi la riceve) è in senso figurato; così in III I 11 udendo me essere dal primo amore mutato, cioè " essere distolto ".