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Mutiny of Indian sepoys

Dizionario di Storia (2010)
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Mutiny of Indian sepoys


Ammutinamento di reparti di soldati indiani nell’esercito della Compagnia delle Indie orientali che, nel 1857, innescò una rivolta contro la dominazione britannica coinvolgendo diversi settori della popolazione, sia nelle campagne sia nelle città, e fra numerose comunità tribali. Rappresentò l’ultimo tentativo dell’India precoloniale di restaurare un sistema politico, economico, sociale e culturale ormai profondamente alterato dal raj britannico. Le politiche coloniali avevano infatti modificato sostanzialmente le modalità di produzione e gestione delle risorse, impoverendo un’ampia gamma di soggetti, dagli artigiani ai piccoli commercianti, dai coltivatori ai tradizionali centri di autorità della società rurale. Molti sovrani indiani erano stati assoggettati all’alta sovranità britannica, quando non avevano addirittura perduto prerogative reali e territori; particolare risentimento causò, negli anni immediatamente precedenti l’ammutinamento, l’introduzione del principio del lapse da parte di lord Dalhousie. Con la decadenza delle corti, il mondo culturale, che viveva del loro patrocinio, venne gradualmente a inaridirsi. Anche nei nuovi ambiti della società coloniale era diffuso un certo malcontento: nelle strutture amministrative come nell’esercito, gli indiani venivano esclusi dai ranghi più alti e ricevevano salari inferiori rispetto a pari grado europei. Grandi mercanti, finanzieri e nuovi proprietari terrieri, nonché i battaglioni sikh rimasero invece fedeli agli inglesi. La causa scatenante della rivolta dei sepoys fu l’adozione di fucili di marca Enfield le cui cartucce avevano un sigillo da strappare con i denti prima del caricamento. Si sparse la voce che per lubrificare tale sigillo fosse stato impiegato grasso bovino e suino, allo scopo di mortificare i sentimenti religiosi dei soldati indù e musulmani. Il 29 marzo il reggimento dei fucilieri del Bengala si ammutinò a Barrackpore (poco a nord dell’od. Calcutta), seguito a maggio dalla guarnigione di Meerut (presso Delhi); nel giro di poche settimane gli inglesi persero il controllo delle truppe e del territorio in Awadh e in larghi tratti del Bihar, dell’India centrosettentrionale e del Panjab orientale. Le truppe insorte marciarono su Delhi e annunciarono la piena restaurazione del dominio Mughal sotto l’ormai vecchio imperatore Bahadur Shah II. I principali leader che tennero testa militarmente agli inglesi furono Tantia Tope, un brahmano al servizio del maratha Nana Sahib, e la regina di Lakshmi Bai di Jhansi, ma, nonostante il loro coraggioso impegno, la mancanza di un coordinamento efficiente, sommata allo scarso addestramento militare delle bande di civili impiegate nei combattimenti, portò ben presto al fallimento dell’insurrezione. Delhi fu ripresa a settembre; entro dicembre caddero Kanpur e Lucknow. Al recupero del pieno controllo del territorio da parte britannica (estate 1858) si accompagnò una serie di atrocità sulla popolazione che servì a vendicare le violenze commesse dai ribelli durante quei mesi. Seguirono la deposizione di Bahadur Shah, che venne esiliato in Birmania, lo scioglimento della Compagnia e l’assunzione della diretta sovranità della Corona britannica sui territori dell’India britannica (agosto 1858).

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