Mutismo
Il termine mutismo (dal latino mutus, "muto", voce derivata da una radice onomatopeica mu) indica l'incapacità di emettere suoni distinti e parole articolate. Vi può essere un mutismo assoluto, quando tale incapacità è totale, e un mutismo relativo, quando il soggetto parla male o in maniera inadeguata. Il mutismo può essere originato, oltre che da fattori fisici, anche da inibizioni psichiche. Nel linguaggio psichiatrico si definisce mutacismo il mutismo che si manifesta solamente in determinate occasioni e/o con determinate persone.
Definendo il mutismo come incapacità di usare il linguaggio parlato, si fa uso di un concetto descrittivo che indica il fatto che una persona non parla; tale denominazione sintomatologica è totalmente disgiunta dall'eziologia, dalla patogenesi, dalla sindromicità, e significa semplicemente che la bocca non emette parola articolata sonora. Il mutismo è un'evenienza totale o parziale, possibile in ogni età della vita (di norma più frequente in età evolutiva, ma presente anche in età adulta e in aumento con l'età senile), congenito o a comparsa successiva, permanente o transitorio. Secondo una descrizione più circostanziata, presenta mutismo un soggetto in età evolutiva, adulta o senile che non possiede (ovvero tarda a possedere, o possiede incompletamente, o perde totalmente oppure parzialmente) le abilità linguistiche vocali in comprensione o in produzione, in tutti o in alcuni aspetti (fonetico-fonologico, semantico-lessicale, grammaticale-sintattico, pragmatico). Si verifica spesso in concomitanza con turbe comunicative, o prestazionali generali o particolari, o di comportamento e della relazione interpersonale, o della curricolarità scolastica, oppure anche in concomitanza con incongruenze culturali, di origine, significato, gravità ed evoluzione molto diverse. Da questa concezione articolata si evince che i confini fra mutismo assoluto e mutismo relativo sono molto labili.
Alla produzione della parola articolata sonora concorrono: 1) la vociferazione o fonazione (voicing), ossia l'abilità primaria di produrre un suono laringeo o vocale, oppure altra sonorità pressappoco equivalente (erigmofonia, sonorità ottenute con protesi vocali, con laringofoni, con produzioni buccali); 2) l'articolazione verbale o fonemica o parola (speech), ossia l'abilità di produrre quelle entità sonore che vanno sotto il nome di fonemi (avulse di per sé da ogni semanticità), ottenuta, tramite alcuni organi del tratto vocale, mediante la modificazione acustica di rumori prodotti nella cavità orale o di suoni prodotti in laringe dalle vociferazioni o di altre sonorità succedanee; 3) il linguaggio verbale o abilità o competenza linguistica (language), ovvero l'abilità di ricondurre lo scambio interpersonale di messaggi e di informazioni a un sistema particolare di strutture elementari rappresentate sostanzialmente dai vocaboli, ovvero dalle etichette che il lessico applica ai concetti (ovviamente i vocaboli sono resi possibili dal supporto significante fonologico, si articolano con le flessioni e altre modalità grammaticali e con l'assemblaggio sintattico, in un determinato contesto pragmatico); 4) la comunicazione interpersonale (communication; talora confusa con il suo aspetto parziale di non verbal communication), ovverosia l'abilità di stabilire contatti con l'interlocutore o con gli interlocutori mediante qualsiasi modalità comunicativa e principalmente con alcune modalità comunicative verbali (per es., la lingua dei segni utilizzata dai sordi, ma anche gli indotti del parlato quali lo scritto alfabetico e altri) e soprattutto con le modalità comunicative non verbali. La compromissione di ciascuna di queste abilità (e talora più raramente l'associazione di più di una compromissione) può determinare il sintomo della persona affetta da mutismo. Le abilità sopra menzionate sono nettamente dipendenti da o concomitanti con funzioni correlate, e specificamente con: 1) le abilità sensopercettive o degli apparati sensopercettivi periferici e centrali (organi sensoriali, vie e centri sensoriali centrali), con particolare riguardo ai sistemi telecettori (uditivo e visivo) e ai sistemi propriocettori o aptici tattile e cinestesico; 2) le abilità practomotorie, ovverosia l'esecuzione motoria periferica e la sua regolazione prassica coordinativa centrale, capitolo nel quale sono anche comprese le abilità relative alle secrezioni e alle escrezioni; 3) le abilità integrative centrali non solo cognitive e decisionali corticali, ma anche inferiori riflesse, relative alla veglia, all'attenzione, alla concentrazione ecc., e intermedie emotive e comportamentali; 4) la relazione interpersonale (compreso l'aspetto affettivo) e sociale (compreso l'aspetto culturale); 5) la prestazionalità generale, ovverosia il grado di sofisticazione ed esplicazione di abilità concernenti la propria persona (nutrirsi, muoversi, vestirsi ecc.) e il rapporto con l'ambiente e il gruppo dei simili (spostarsi, usare mezzi di locomozione, comperare, telecomunicare, apprendere formalizzato e curricolare, lavorare ecc.). Le varie forme di mutismo possono essere inquadrate, facendo riferimento al punto di vista nosologico e a quello della comunicazione, in diverse categorie. La disfonia e le afonie si riscontrano in tutti i soggetti tracheotomizzati, laringectomizzati, o che abbiano subito traumi, anche iatrogeni, alla laringe, o che siano affetti da malformazioni, paralisi, tumori laringei ecc.; in questi casi è compromessa l'abilità della vociferazione. Le dislalie meccaniche periferiche si verificano in particolare nelle mutilazioni estreme o nelle gravi compromissioni degli organi del tratto vocale e in specie della lingua e dello sfintere velofaringeo, ma anche della struttura buccomaxillare nel suo complesso, come può accadere negli esiti di interventi oncologici maggiori o di grandi traumatismi; è compromessa l'abilità dell'articolazione verbale, come avviene anche nelle anartrie-disartrie. Per le turbe del flusso in casi e momenti estremi, come per es. nella balbuzie tonica, è difficile specificare quale sia l'abilità compromessa, se quella della vociferazione, quella dell'articolazione verbale o quella del linguaggio verbale. Quest'ultima risulta compromessa nelle afasie e in particolare nelle afasie non fluenti (v. afasia) e, insieme all'abilità dell'articolazione verbale e a quella della comunicazione interpersonale, nelle oligofrenie evolutive, sia disgenetiche (per es. sindrome di Down), sia acquisite (per es., postasfittiche, postmeningoencefalitiche, post-traumatiche) e demenziali, sia neurodegenerative (per es. morbo di Alzheimer), sia multinfartuali, sia postcomatose. Il sordomutismo è di complessa valutazione, presenta in prevalenza la compromissione dell'abilità del linguaggio verbale, ma anche quella dell'abilità dell'articolazione verbale e, talora, dell'abilità della vociferazione. I ritardi e le distorsioni non secondarie del linguaggio, e in particolare il cosiddetto disturbo fonologico, sono classificabili nell'abilità del linguaggio verbale, come le inadeguatezze culturali (che coinvolgono anche l'abilità della comunicazione interpersonale). Le inadeguatezze affettive hanno impatto sull'abilità della comunicazione interpersonale. Vi sono infine turbe miscellanee, fra le quali l'adualismo-autismo, le sindromi da iperprotezione, le sindromi da adozione o similari, che presentano compromissioni prevalenti nell'abilità della comunicazione interpersonale, ma anche nell'abilità del linguaggio verbale (meno nelle altre due abilità). Le afasie, le anartrie-disartrie e le oligofrenie non sono di facile sistematizzazione e, indipendentemente dalle situazioni di sindromi disgenetiche, potrebbero rientrare nel concetto più generale di 'insufficienza encefalica', olisticamente intesa come il venir meno acquisito più o meno grave delle abilità nervose centrali nel loro complesso, pur con profilo clinico diverso a seconda dei singoli pazienti. Una differenza importante potrebbe essere operata fra insufficienti encefalici in età evolutiva e insufficienti encefalici in età adulta e senile (ossia con perdita oppure perturbazione di abilità ormai acquisite). In tal senso sarebbero meglio razionalizzabili situazioni quali quelle complesse comatose, postcomatose o apalliche, quelle oncologiche e quelle neurodegenerative generali.
Indipendentemente dalle tassonomie sopra ricordate e da una minuziosa esaustività, possono essere delineate quattro prototipie di riferimento. a) Il mutismo in soggetti con impedimenti nelle strutture periferiche producenti i suoni articolati (laringe e tratto vocale o cavità di risonanza e di articolazione comprese fra le corde vocali e le aperture buccali-labiali e nasali-narinali). Il mutismo in questi casi (per la mancanza o insufficienza del suono o della sonorità laringea, oppure per l'incapacità di modulare i suoni laringei e i rumori buccali, per quanto creabili) deve essere inteso come condizione di impossibilità di produrre un messaggio verbale in una persona che non risulta compromessa né nella comunicazione interpersonale né nella competenza linguistica. Ne consegue che tale persona è in grado di ricevere i messaggi verbali e di comunicare sia verbalmente sia non verbalmente, ma dovrà, per farsi intendere, esprimere i suoi messaggi con modalità non verbali oppure verbali non vocali (soprattutto alfabeticamente scritte ma anche segniche). Ovviamente esistono tecnologie riabilitative e protesiche per intervenire anche sulla produzione vocale. b) Il mutismo in soggetti con sordità grave o gravissima bilaterale, o sordomutismo. Tale condizione è molto diversa se la sordità è intervenuta dopo l'acquisizione spontanea della competenza linguistica vocale (sordità postlinguale, in particolare dell'adulto e dell'anziano), oppure se era già esistente alla nascita o è intervenuta prima del 18° mese di vita (sordità prelinguale). Nel primo caso si verifica soltanto una grave compromissione nel recepire i messaggi verbali vocali (sonori), mentre la produzione di messaggi vocali è solo relativamente compromessa e rimane totalmente integra la competenza linguistica. Nel secondo caso invece la sordità non gestita o non adeguatamente gestita può comportare: 1) la non acquisizione spontanea delle abilità linguistiche vocali, o sordomutismo (alcune associazioni di sordi raccomandano di usare, invece del termine sordomuto, sordoparlante per le persone che, nonostante la sordità, in qualche modo hanno imparato a parlare); 2) l'apparente insufficienza mentale per il non utilizzo dell'educazione mediante lo strumento verbale; 3) una reale povertà dell'enciclopedia individuale di nozioni; 4) l'assenza di un linguaggio interno verbale; 5) difficoltà scolastiche, particolarmente nella lettura e nella scrittura e in qualsiasi componente curricolare legata alla lettura o comunque alla verbalità; 6) turbe dei comportamenti, della socialità, del lavoro e comunque della convivenza in un gruppo di normoudenti; 7) svantaggi o handicap miscellanei. Con 'demutizzazione' si intende l'insieme delle procedure (prevalentemente educative) che consentono l'acquisizione, da parte del sordo prelinguale, di una competenza linguistica vocale, compresa la produzione. Molti sono i rimedi proposti in tale ambito: questi comprendono l'adozione di una protesi acustica, l'impianto cocleare (ossia l'immissione endocranica, mediante intervento chirurgico, di una protesi che convoglia i segnali elettrici del messaggio acustico rilevato e processato direttamente al nervo acustico bypassando la chiocciola lesa), protesi vibratorie, metodi per l'educazione della percezione uditiva (sull'udito residuo o su quanto convogliato dai vari tipi di protesi), metodi per l'acquisizione di una competenza linguistica, metodi per vicarianze miscellanee. Un'adeguata educazione consente di superare in modo conveniente il mutismo (senza peraltro mai normalizzarlo del tutto) circa per la metà dei casi. Nel processo di demutizzazione sovente vengono impiegate modalità comunicative mimico-gestuali e segniche: in particolare la comunicazione visivo-gestuale (di tipo non linguistico, uguale o analoga a quella impiegata dai mimi), la dattilologia (o alfabeto muto normale, il cui impiego peraltro presuppone la competenza linguistica vocale), le lingue segniche (e specificamente la LIS, lingua italiana dei segni; inoltre l'italiano segnato, l'italiano segnato esatto ecc.). c) Il mutismo in soggetti con compromissioni di varia natura del sistema nervoso centrale. Il gruppo non è assolutamente omogeneo e in ogni caso, oltre alla distinzione fatta nel precedente paragrafo di mutismo prelinguale (detto anche con una certa improprietà evolutivo) in soggetti con compromissioni centrali (disgenetiche o acquisite) presenti alla nascita (o congenite) oppure postnatali, intervenute comunque prima dell'acquisizione spontanea del linguaggio parlato, e di mutismo postlinguale in soggetti in cui una noxa (solo acquisita) sopraggiunge a competenza linguistica già acquisita, bisogna tener conto anche di altre condizioni. Fra queste, indubbiamente, la prestazionalità (verificata a qualsiasi età) generale (cioè l'insieme delle abilità della persona nel suo complesso) e la cosiddetta intelligenza o età mentale superiore o inferiore ai 36 mesi (cioè di un bambino di 3 anni) rappresentano un importante discrimine. In queste persone la compromissione può essere a carico delle funzioni corticali superiori - cognitive, decisionali, razionali, linguistiche, spaziotemporali - e/o a carico di altre funzioni, per es.: della gestione della motricità (eliminazione di movimenti parassiti, automazione, fluidità ecc.); dell'elaborazione intermedia dell'informazione in arrivo (detenzione, discriminazione, identificazione, riconoscimento ecc.); delle memorie (procedurali olivocerebellari e dichiarative, di lavoro, a lungo termine, biografiche ecc.), della veglia, dell'arousal, dell'attenzione selettiva ecc.; degli umori, dei comportamenti cosiddetti vegetativi (relativi ai cibi, alla sessualità, all'aggressione, alla maniaco-depressione, alla catastroficità ecc.). La politica di demutizzazione nei soggetti in età evolutiva consiste: nel promuovere e canalizzare la spontanea, seppur rallentata, evoluzione della prestazionalità generale fino alla fatidica soglia dei 36-48 mesi (gestendo nel contempo un'educazione della 'buccalità' alimentare, conoscitiva, respiratoria, edonistica ecc.), ottenendo così una spontanea soluzione del mutismo o almeno un suo passaggio a un mutismo relativo; nel mettere in atto procedure comportamentali per ottenere obiettivi molto parziali, nel caso in cui non possa essere prevista un'acquisizione spontanea dell'espressione verbale. Non è invece possibile delineare concisamente l'intervento negli altri casi, specialmente in età adulta e senile, perché troppa è la diversità fra le differenti situazioni (afasie di vari tipi; anartrie secondarie a malattia del motoneurone: paralisi bulbare e pseudobulbare, morbo di Parkinson, malattie demielinizzanti ecc.; demenze; traumi cranici; avvelenamenti; tumori; coma ecc.), fra le differenti costellazioni cliniche dei singoli pazienti, fra le differenti prognosi (comprese quelle di ineluttabile progressione, che consentono solo un contenimento o rallentamento della stessa o delle sue conseguenze). d) Il mutismo in soggetti con compromissione della relazione interpersonale. Questo gruppo molto composito è accomunato dal fatto che il dualismo (o pluralismo) comunicativo non è stabilito, perché non è possibile (adualismo o autismo primario: sindrome di Kanner, di Asperger, di Rett ecc.; adualismo o 'comportamenti autistici' secondari: surdicecità, prime fasi della cecità, importanti compromissioni intellettuali e non solo l'idiozia e il cretinismo, schizofrenia), o perché non è desiderato (sindromi oppositive, depressive e altre situazioni, anche temporanee, di non sintonia interpersonale di origine endogena o esogena, comprese le turbe affettive e l'iperprotezione), oppure è ostacolato (situazioni socioeconomiche, politiche, razziali, religiose, culturali). Di norma (salvo nella prima condizione di adualismo o autismo primario o secondario, eccetto la surdicecità e la cecità, in cui è sempre presente una compromissione prestazionale generale che non è comunque superiore a quella di un bambino di 7-9 anni nei casi più favorevoli), il mutismo di questo raggruppamento non comporta disabilità sensopercettive, practomotorie o integrative centrali. La terapia, che dovrà ovviamente rapportarsi alla natura delle singole realtà patologiche e cliniche, è molto diversificata e con prospettive notevolmente differenti.
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