MUTSUHITO imperatore del Giappone
Nato a Kyōto il 3 novembre 1852, morto a Tōkyō il 29 luglio 1912. Secondogenito dell'imperatore Kōmei, successe quindicenne al padre nel gennaio 1868, al termine della lunga contesa con lo shōgunato (v. giappone: Storia). Placato ormai l'antagonismo tra i fautori di questo, abolito il 4 gennaio 1868, e quelli dell'imperatore, vittoriosi in numerose battaglie, M. iniziava l'era del Meiji, o della "Restaurazione imperiale", trasportando a Yedo, ribattezzata in Tōkyō, la capitale dello stato. Sovrano di più largo spirito e di più larga comprensione del padre, seppe intendere la necessità dei nuovi tempi e l'insegnamento che veniva dai minacciosi recenti contatti con gli Europei. Tollerante e conciliante, seppe all'interno attuare una politica di intelligente comprensione, perdonando anche agl'ispiratori e ai fautori di congiure e di sommosse (come allo stesso ammiraglio Enomoto, capo della rivolta dei Tokugawa, al conte Hayashi, fautore di quello, al generale Saigo Takamori, capo della rivolta di Satsuma). Questo sforzo di pacificazione interna era necessario per poter condurre a termine la grande opera di riforma del Giappone in tutti i campi. Eroica impresa questa dell'occidentalizzazione di un paese fino allora chiuso a ogni contatto con l'estero e geloso delle sue tradizioni e della sua stessa clausura. E il merito della trasformazione fu in gran parte del sovrano, dominatore vigile e taciturno, animato da una volontà incrollabile e da una fede mistica nelle forze presenti e nel destino futuro del suo popolo. L'abbandono della capitale secolare, la concessione di una costituzione, le larghe riforme sociali e politiche (abolizione del feudalismo, centralizzazione del potere, unificazione del territorio nazionale), l'educazione del popolo, la restaurazione delle finanze, furono le principali gesta interne, compiutesi attraverso difficoltà e opposizioni continue; ché non mancarono attentati, sommosse, sedizioni a rendere aspra e drammatica la prima fase di questa evoluzione, culminata con la proclamazione costituzionale del 1889. "Mano di ferro e guanto di velluto", fu detto di M., e veramente occorsero doti di equilibrio, di tempestività, di sapiente pieghevolezza e insieme una tenacia ferrea e una volontà indomabile perché il Giappone potesse, pur restando fedele alle forze essenziali della sua millenaria civiltà, assimilare quanto di meglio l'Occidente poteva dargli. M. fu la guida di questa evoluzione, condotta a ritmo velocissimo. E i risultati apparvero presto evidenti: la guerra con la Cina (1894-1895), la guerra con la Russia (1904-1903), l'annessione della Corea (1910). M., che il popolo aveva compreso e seguito, accettandone la volontà novatrice e sopportando le dure necessità del mutamento, i sacrifici di sangue e di denaro, poteva spegnersi in pace: il Giappone era diventato una grande potenza.