ODDI, Muzio
ODDI, Muzio. – Nacque a Urbino il 14 ottobre 1569 da Lattanzio e da Lisabetta Genga, membri di due importanti famiglie locali ([Promis], 1848, pp. 378 s.). Il fratello Matteo fu architetto e ingegnere idraulico e militare.
Le notizie sulla sua formazione sono fornite da Giovanni Vittorio Rossi (1643), suo contemporaneo e suo primo biografo, ma diversi dati si evincono anche dai suoi scritti. Si apprende così che, nel colto ambiente del Ducato, fu istruito inizialmente in eloquenza e in filosofia e fece poi pratica presso il pittore Federico Barocci. Dopo la scoperta di un difetto alla vista (era afflitto da una sorta di daltonismo), andò a Pesaro a studiare prospettiva e matematica sotto la guida di Guidubaldo Bourbon Del Monte, uno dei maggiori discepoli di Federico Commandino; apprese invece la scienza sulle meridiane e sugli orologi solari dallo zio Nicolò Genga. Si ritiene che abbia avuto anche uno scambio di conoscenze con Francesco Paciotti e Bernardino Baldi (Gamba - Montebelli, 1988, p. 110, che rielaborano le indicazioni di Pier Girolamo Vernaccia circa un alunnato pressoi due artisti).
Oddi fu l’ultimo grande matematico urbinate, con interessi principalmente rivolti all’ambito applicativo, come la gnomonica, l’agrimensura e l’architettura, campi scientifici che sempre coltivò durante la sua movimentata vita, segnata da un rapporto travagliato con i duchi di Urbino anche a causa del suo carattere esuberante e impulsivo.
Esordì come capitano delle macchine e degli strumenti bellici in Borgogna, a seguito delle milizie inviate nel 1595 dal duca di Urbino, Francesco Maria II Della Rovere, per combattere al servizio di Filippo II di Spagna nella guerra contro Enrico IV di Francia. Ottenuta fama di valente progettista di strutture militari, tornato a Urbino, il 14 giugno 1596 divenne architetto e ingegnere ducale, sostituendo Girolamo Arduini, inviato dal duca nelle Fiandre. Proprio da Arduini dovette acquisire una certa competenza in architettura, anche se nello stesso campo è pure da considerare l’alunnato presso Bourbon Del Monte.
Nel lasso di tempo compreso tra gli ultimi anni del XVI secolo e i primi del successivo fu coinvolto nei preparativi per l’allestimento di decorazioni in occasione della visita a Pesaro di Clemente VIII (1598) e, probabilmente, nei lavori di edificazione per le residenze che si stavano costruendo a Casteldurante (dal 1636 Urbania), dove il duca aveva trasferito la propria corte da Pesaro, in conseguenza della necessità di nuovi alloggi e del matrimonio, nel 1599, con Livia Della Rovere (Eiche, 2005, p. 8). Per gli interni delle dimore e degli edifici religiosi della cittadina Oddi disegnò mobili e arredi, come caminetti, porte, cornici di finestre, altari, tombe, ma progettò anche strutture pubbliche, come fontane, porte urbiche e fortificazioni. Fu inoltre, quasi certamente, coinvolto nell’ideazione della villa che Francesco Maria II fece realizzare nel 1600 come proprio ritiro sul monte Berticchio (distrutta nel 1787; ibid., p. 9). In questi anni eseguì anche altri progetti: per la cupola del duomo di Urbino (edificata dal 1604, poi crollata nel terremoto del 1789), per l’ampliamento della chiesa della Croce (realizzato tra il 1604-08) e per il vicino palazzo comunale (i lavori furono avviati nel 1611) a Senigallia, per la costruzione della cattedrale di Fabriano (progetto approvato solo nel 1607).
Presto, però, iniziarono anche i problemi con la corte urbinate. Il 30 luglio 1599 fu condannato per aver pescato in ‘reservata’e per aver fatto il bagno nudo nel fiume Metauro. Graziato, due anni dopo venne alle mani con Giuseppe Azzolino, depositario del duca, per una contestazione sui lavori che dirigeva a Casteldurante. Nella sua stanza furono poi trovati alcuni oggetti appartenenti al guardaroba ducale e fu pertanto accusato di furto. Fuggì quindi a Venezia, per passare nello Stato pontificio dove, a Loreto, il 22 maggio 1602, fu nominato architetto della Santa Casa: qui seguì i lavori per l’edificazione della sacrestia (ora cappella del Tesoro) occupandosi anche degli scompartimenti del soffitto (Chiappini di Sorio, 1994).
Il 16 maggio 1605, con la nascita dell’atteso erede, Francesco Maria concesse un’amnistia generale e si riconciliò con Oddi, che nel giugno 1605 poté quindi far ritorno a Urbino. La riabilitazione durò però poco, poiché il 18 agosto 1606 fu arrestato con l’accusa, forse ingiusta, di intrigo ai danni del duca e rinchiuso nella rocca di Pesaro, dove rimase per oltre 40 mesi. Durante la prigionia iniziò a comporre due capitoli dello scritto sugli orologi solari e tre del trattato agrimensorio sullo squadro, non smettendo al contempo di progettare: sono datati al 1609 i «Gheribizzi», annotazioni progettuali affiancate da disegni relativi a idee di ampliamento della struttura urbanistica di Urbino e di ristrutturazione delle architetture urbane (ms.ora a Milano, collezione Castelbarco Albani; Eiche, 2005).
Scarcerato nel luglio 1610, andò in esilio a Milano, dove rimase fino al 1625 lavorando per alcune delle famiglie più in vista. Durante questo periodo mise a disposizione le sue competenze come architetto e ingegnere militare e, almeno dal 1614, lavorò per gli spagnoli nella guerra contro Carlo Emanuele I, duca di Savoia. Sfruttò poi i suoi legami con i maestri artigiani di Urbino, soprattutto con Lorenzo Vagnarelli, fungendo da intermediario nell’ordinazione di strumenti scientifici. Dedicò però la maggior parte del suo tempo a istruire in discipline matematiche i giovani nobili, ma anche amici e colleghi, fino a quando il 19 marzo 1613 fu nominato professore di matematica nelle Scuole palatine. In quegli anni fu anche molto impegnato in numerosi progetti architettonici e ingegneristici; uno dei più documentati riguarda l’intervento nella certosa di Pavia, dove concluse alcuni lavori per il refettorio e per la foresteria (1618-22).
Si dedicò contemporaneamente a completare le opere scritte in prigione e a organizzarne la pubblicazione: nel 1614 vide la luce, a Milano, il trattato De gli horologi solari nelle superficie piane, dedicato al conte Giacomo Teodoro Trivulzio, probabilmente suo protettore in quegli anni (nuova ed. arricchita, Venezia 1638) e, nel 1625, sempre a Milano, quello Dello squadro, dedicato al conte Bernardino Marliani.
Il primo trattato, con l’aggiunta del capitolo terzo sugli orologi solari su superfici oblique, riguarda un tema classico che non si prestava a innovazioni particolarmente geniali; ma l’edizione del 1638, che presenta anche gli orologi solari su superfici curve e gli orologi mobili, è tra le più complete e rigorose sull’argomento. Assolutamente originale è invece il trattato sullo squadro agrimensorio, utilissimo strumento per la misura delle superfici dei terreni. Lo scritto ebbe una lunga gestazione e forse all’inizio fu pensato come capitolo di un vasto testo di geometria pratica di cui è rimasto l’abbozzo generale, ma poi, vista l’ampiezza dell’argomento, costituì soggetto a sé stante. L’opera fu la prima a stampa sul tema e divenne pietra miliare dell’agrimensura moderna. Oddi razionalizzò e perfezionò l’uso e la conformazione dello strumento in modo definitivo e tale è rimasto sostanzialmente lo squadro fino a qualche decennio fa; il numero delle operazioni eseguibili fu però esteso ben oltre il consueto rilevamento agrimensorio. Attente riflessioni riguardano poi le operazioni di misurazione in generale: rilevanti sono sia le osservazioni sulla necessità di introdurre un sistema unico di unità di misura a base decimale universalmente adottato sia le considerazioni quantitative sulla maggiore o minore incidenza degli errori sul risultato finale.
Già presente a Lucca nel 1618 per lavori di arginature al fiume Serchio ([Promis], 1848, pp. 387 s.), il 4 aprile 1625 divenne ingegnere della Repubblica per la progettazione della poderosa terza cinta muraria cittadina, subentrando al fratello Matteo. Qui rimase per undici anni. L’esordio non fu facile, sia per alcune soluzioni e modifiche da lui proposte che furono fortemente criticate sia per una grave malattia e per l’improvvisa morte del fratello. I lavori di fortificazione, che ripresero a buon ritmo verso la fine del 1627, incontrarono la piena soddisfazione dei lucchesi che nello stesso anno coniarono una medaglia di bronzo in onore dell’artista. A Oddi si deve anche il progetto della nuova porta urbica di S. Donato (in sostituzione dell’omonima antica porta posta poco lontano e appartenente alla precedente cinta muraria), a un solo fornice, ingentilita da fasce bianche sulla muratura in mattoni e terminante con un robusto frontone: edificata dal 1628, fu continuata dal capomastro Santino da Ciciana. Sempre a Lucca eseguì un progetto (fortunatamente non attuato) per il rifacimento della facciata medievale della cattedrale di S. Martino nel cui interno realizzò la cappella del Santuario (1634-37 circa).
Lavori a lui attribuiti sono l’ammodernamento e l’ampliamento tra il 1634 e il 1635 di villa Cenami, poi Mansi, a Segromigno (Belli Barsali, 2004) e il parere favorevole riguardo alla fortificazione del borgo di Collodi dove, forse, intervenne nella progettazione di villa Garzoni (Burioni, 2009).
Nel 1627 si dedicò al commento e alla pubblicazione a Milano del libriccino Precetti di architettura militare, opera del fratello, mentre, nel 1633, diede alle stampe, sempre a Milano, il proprio trattato Fabrica et uso del compasso polimetro, dedicato all’amico Pietro Linder di Norimberga.
Il compasso polimetro consiste in un regolo calcolatorio che, dotato di diverse serie di scale, consente vari tipi di calcolo numerico rapido e approssimato. Anche quest’opera, come quella sugli orologi solari, non era originale, poiché seguiva di quasi trent’anni un analogo scritto di Galileo (Le operazioni del compasso geometrico et militare), da cui riprendeva la maggior parte delle scale; nell’introduzione, tuttavia, Oddi rivendicava a Commandino e a Guidobaldo le prime decisive versioni dello strumento poi sviluppato da Galileo e da altri.
Nominato nel 1631 architetto della Santa Casa di Loreto, nel 1636 abbandonò il suo incarico a Lucca con l’impegno di consegnare scritti, progetti e chiarimenti necessari per il completamento della cinta muraria (ultimata nel 1645).
Morto nel 1631 il duca Francesco Maria II che si era sempre mostrato irremovibile nel risentimento verso Oddi, poté finalmente ritornare in modo definitivo a Urbino il 13 novembre 1637. Prima del suo rientro aveva curato la pubblicazione dell’opuscolo Risposta ai dubbi di Raffaello Grimani da Orvieto d’intorno all’hora sesta astronomica, e duodecima italiana negli horologi orizzontali (Perugia 1637), scritto con riferimento a un’operetta critica contro il suo libro sugli orologi solari. A Urbino Oddi, che abitava accanto alla casa di Raffaello, ne acquistò una porzione che restaurò accorpandola alla propria dimora e pose sulla facciata la lapide celebrativa tuttora presente. Nei mesi di ottobre e novembre del 1638 ricoprì la carica di gonfaloniere del Comune e nella seduta del Consiglio, in data 18 novembre, fece approvare la proposta di istituire presso il pubblico Studio la lettura di matematiche, di cui ebbe l’incarico.
Il suo ultimo progetto architettonico riguardò i disegni per la chiesa di S. Ubaldo a Gubbio e una villa a Camigliano, nella Lucchesia, forse la Santini poi Torrigiani (Belli Barsali, 1964).
Morì a Urbino il 15 dicembre 1639 e fu sepolto nella chiesa di S. Francesco ([Promis], 1848, p. 397).
Nel testamento, redatto il 7 ottobre 1639, aveva disposto che la sua raccolta di libri, strumenti matematici, disegni, scritti e altri oggetti, rimanesse a disposizione dei giovani studiosi di Urbino; ma due mesi dopo la sua morte gli eredi spartirono tra di loro l’intera collezione, che nel tempo fu in gran parte venduta e dispersa. Sopravvivono alcuni disegni in due volumi (Windsor Castle, Royal Library, voll. 182 e 183) e in un album (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, AshburnhamApp. 1828; nello stesso luogo se ne conserva un secondo [Ashburnham 1357], un tempo ritenuto di Oddi ma di cui egli fu solo il possessore, contenente disegni di macchine, congegni e tecniche di incastro; cfr. Burns, 1974, p. 296): essi raffigurano dettagli architettonici (come edicole o tabernacoli), archi trionfali, portali, fontane e tombe, in cui emerge uno stile classico e misurato, influenzato dall’opera dei suoi due più grandi predecessori alla corte urbinate, Francesco di Giorgio Martini e Girolamo Genga.
Fonti e Bibl.: Urbino, Biblioteca universitaria, Fondo del Comune, ms. Urbino 60: P.G. Vernaccia, Vite di alcuni uomini illustri di Urbino e memorie di famiglie della stessa città, XVIII secolo, cap. 1: Notizie istoriche di M. O. matematico, cc. 1-24; [G.V. Rossi], Iani Nicii Erithraei Pinacotheca imaginum illustrium […] virorum […], Colon.Agrippinae 1643, pp. 174-176; [C. Promis], Vita di M. O. ingegnere e matematico (1569-1639), in Antologia italiana: giornale di scienze, lettere e arti, II (1848), pp. 378-400; Id., Biografie di ingegneri militari dal secolo XIV alla metà XVIII, Torino 1874; L. Servolini, M. O. architetto urbinate del Seicento, in Urbinum, 1932, n. 6, pp. 7-27 (con bibl.); I. Belli Barsali, Le ville lucchesi, Roma 1964, p. 58; A. Agostini, O. M., in Enciclopedia Italiana, XXV, Roma 1949, p. 169; H. Burns, Progetti di Francesco di Giorgio per i conventi di S. Bernardino e S. Chiara di Urbino, in Studi bramanteschi. Atti del Congresso internazionale, Milano-Urbino-Roma… 1970, Roma 1974, pp. 293-311; E. Gamba - V. Montebelli, Le scienze a Urbino nel tardo Rinascimento, Urbino 1988, ad ind.; E. Gamba, Documenti di M. O. per la storia del compasso di riduzione e di proporzione, in Physis, n.s., XXXI (1994), 3, pp. 799-815; I. Chiappini di Sorio, I temi del ciclo mariano in undici opere del Pomarancio, in Il santuario di Loreto, Cinisello Balsamo 1994, p. 116; S. Eiche, O. M., in The dictionary of art, XXIII, New York - London 1996, pp. 348 s.; I. Belli Barsali, Una villa di M. O. e un giardino di Filippo Juvarra, in Isa Belli Barsali per la città di Lucca. Scritti scelti dal 1947 al 1988, a cura di M.T. Filieri, Lucca 2004, pp. 69-82; S. Eiche, M. O. architetto del duca d’Urbino, in I «Gheribizzi» di M. O., a cura di S. Eiche, Urbino 2005, pp. 5-13; A. Marr, Il periodo milanese di M. O., ibid., pp. 15-25; S. Eiche, I Gheribizzi di M. O., ibid., pp. 27-59; A. Marr, The production and distribution of M. O.’s Dello squadro (1625), in Transmitting knowledge: words, images and instruments in early modern Europe, a cura di S. Kusukawa, Oxford 2006, pp. 165-192; M. Burioni, Il giardino prospettivo di villa Garzoni a Collodi: un inedito di M. O., in L’arte della matematica nella prospettiva. Atti del Convegno internazionale di studi, Roma-Urbino… 2006, a cura di R. Sinisgalli, Foligno 2009, pp. 193-197; A. Marr, Between Raphael and Galileo: M. O. and the mathematical culture of late Renaissance Italy, Chicago-London 2011; Diz. encicl. di architettura e urbanistica, IV, 1969, p. 246; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXV, p. 559.