PANSA, Muzio
PANSA, Muzio. – Nacque a Penne, in Abruzzo, il 2 aprile 1565 da Alfonso, ricco mercante, e da Zenobia Sacca.
Iniziò i suoi studi presso il grammatico Cristiano Clodio di Amatrice e il 19 novembre 1583 fu mandato a Perugia dove seguì le lezioni di logica e filosofia del cardinale Costanzo Torri Boccafuoco da Sarnano. Nel 1585 si trasferì a Roma e proseguì gli studi presso lo Studium Urbis, dove si laureò il 24 giugno 1587 in filosofia e, l’anno dopo, in medicina.
Il periodo romano fu oltremodo produttivo per Muzio, che in età giovanile aveva dato prova della sua passione per la poesia componendo delle Poesie Amorose; nella città capitolina esordì nel 1587 pubblicando una sorta di dizionario di medicina, Adnotationes Alphabeticae ex Universa Medicina Extractae. L’anno seguente diede alle stampe una commedia, La Raffaella e, soprattutto, Delle glorie di Sisto Quinto, che offrì di persona al papa alla presenza di molti esponenti di spicco della Curia, grazie all’intercessione del vescovo di Penne, Giovan Battista de Benedictis e del cardinale Sarnano.
L’opera era divisa in due parti: la prima, in versi, aveva un prevalente carattere encomiastico in onore del papa e di altri ecclesiastici tra i quali numerosi esponenti della famiglia Farnese, signori di Penne; la seconda, in prosa, pubblicata anche singolarmente con il titolo Discorsi sopra la grandezza dell’opre di Papa Sisto V, descriveva le numerose opere pubbliche promosse dal pontefice e risentiva dell’influenza delle analoghe composizioni celebrative che in quegli stessi anni Torquato Tasso dedicava alle iniziative edilizie e urbanistiche di Sisto V.
Muzio, nel frattempo, era diventato socio dell’Accademia degli Aggirati – dove tenne la lezione inaugurale difendendo l’arte poetica dai suoi detrattori – e dell’Accademia medica degli Ardenti, dove tenne una prolusione in latino.
Nel 1588 tornò a Penne, dove cominciò a esercitare la professione medica; continuò, tuttavia, a comporre poesie, subendo la dominante influenza del petrarchismo, di Tasso e del manierismo e a svolgere un importante ruolo di mediazione culturale tra le correnti artistiche, letterarie e filosofiche allora in voga a Roma e in Abruzzo. Nel 1591 fondò a Penne l’Accademia degli Impensati che aveva per insegna la vacca Io con il motto «Tu non inventa repeta es». L’anno precedente aveva pubblicato la sua opera più importante, destinata a dargli fama internazionale, Della libreria Vaticana.
L’opera descriveva la struttura architettonica e i dipinti della biblioteca vaticana, allora in costruzione su progetto di Domenico Fontana, che aveva come fulcro il grande salone di lettura affrescato da Giovanni Guerra e Cesare Nebbia, su programma concettuale del custode Federico Ranaldi di Raiano. Tuttavia Muzio, mettendo in risalto gli elementi allegorici, intendeva celebrare, ancora una volta, Sisto V che dell’edificio era stato il vero ispiratore e che aveva inteso rappresentarvi la storia universale del sapere umano, da Adamo all’epoca moderna, come frutto di una duplice tradizione, l’una di natura divina, attraverso l’Antico Testamento e la Rivelazione, l’altra di natura umana, attraverso le varie tappe del pensiero filosofico – Platone, Ermete Trimegisto e altri – finendo con il sottolineare l’influenza di entrambi i saperi nell’elaborazione del linguaggio e della scrittura.
Nel 1594 si trasferì come medico a Bucchianico, presso Chieti, e nello stesso anno sposò a Sulmona la vedova Margherita De Gasparis, appartenente alla piccola nobiltà locale, che lo lasciò vedovo nel 1615 e dalla quale ebbe quattro figlie (Zenobia, Artemisia, Clelia e Drusilla) e tre maschi (Francescantonio, Bernardino Giacinto, Carlo Muzio).
Nel 1595 fu chiamato come medico condotto dalla città di Chieti, dove si fermò diversi anni stringendo relazioni con vari intellettuali locali e, soprattutto, iniziando la sua collaborazione con gli editori Facij, che in quegli anni avevano attivato la propria stamperia, la prima della città, e con i quali stampò una raccolta di Rime, nel 1596, dedicate al cardinale Odoardo Farnese. Pubblicò, quindi, le Esequie del Catholico Re Filippo II (1599) celebrate in Chieti e un’Oratione per la morte del Catholico Filippo Secondo Re di Spagna (1599). A questi anni risale pure la stesura del dramma in versi Il mondo redento, pubblicato postumo a cura del figlio Carlo Muzio (Venezia 1641), in cinque atti e un’introduzione, che aveva per tema la passione e la morte di Cristo, opera elogiata in un sonetto di G.B. Marino nel 1614 (Ravizza, 1830, p. 97). Nel 1601 pubblicò il trattato filosofico in latino De osculo etnicae. Et christianae philosophiae.
Il De osculo, come informa l’autore nella sua introduzione, rappresentava la prima parte di una trattazione più ampia in quattro parti; negli altri tomi si sarebbe trattato: del Figlio di Dio, della Trinità, della creazione e della fine del mondo (II); della storia dell’umanità da Adamo alla Redenzione, del paganesimo e delle credenze dei vari popoli derivanti da quelle degli Ebrei, compresi i misteri orfici (III); del pensiero pitagorico, platonico, aristotelico, arabo, dei Romani e della poesia greca e latina (IV). Si trattava di un’opera complessa, attraverso la quale l’autore intendeva dimostrare la stretta interconnessione tra la filosofia antica e la fede cristiana, entrambe riconducibili, tramite l’insegnamento di Mosè, alla dottrina ebraica. Il trattato avvicinava Muzio alle correnti sincretiche della filosofia rinascimentale che, «richiamandosi al neoplatonismo, tendevano a conciliarne le istanze con i principi basilari del Cristianesimo» (Russo, 2002, p. 447).
Nel 1602 tornò a Penne, dove continuò a esercitare la professione medica reinserendosi nella vita sociale e culturale cittadina, riprendendo a scrivere, ma circoscrivendo i suoi interessi a questioni locali e a tematiche legate alla sua professione. Nel 1613 fu eletto priore della Confraternita del Rosario, ne riformò lo Statuto e si adoperò per un nuovo oratorio e nuove regole. Nel 1625 fece riedificare a sue spese il mausoleo del celebre giurista Luca da Penne nella chiesa dei francescani conventuali e ne fece affrescare il chiostro.
Nel 1620 era stato inviato dalla città a Roma per difenderla, presso la Curia pontificia, in una disputa contro la città di Atri su questioni relative alla residenza del vescovo. È probabile che in quella occasione abbia composto Pennenses et Hadrianenses Episcopi, prima serie di vescovi della diocesi, rimasta inedita e utilizzata da Ferdinando Ughelli per il VI volume della sua Italia Sacra (Venezia 1659).
Nel 1622 si recò nuovamente a Roma per la canonizzazione dei santi Isidoro di Madrid, Ignazio di Loyola, Francesco Saverio, Filippo Neri e Teresa d’Avila e per il matrimonio del nipote del papa Gregorio XV, Nicola Ludovisi. In quella occasione scrisse Cantici e Inni per la Canonizzazione di cinque Santi e un epitalamio in latino Epitalamio per le nozze d’Isabella Gesualdi e di Nicola Lodovisi. Grazie a quest’ultima pubblicazione ottenne ‘un posto franco’ nell’Archiginnasio romano per il figlio Francescantonio, che, però, morì tre mesi dopo.
Trascorse gli ultimi anni della vita a Penne lavorando come medico e continuando a scrivere opere poetiche e soprattutto scientifiche rimaste manoscritte, molte delle quali risultano disperse.
Morì il 29 luglio del 1628.
Opere. Dai molteplici interessi artistici, poetici e scientifici, Muzio ha lasciato una ricca produzione poetica, encomiastica e scientifica, solo in parte edita. Oltre alle opere citate, si segnalano: Nella morte dell’Illustrissimo Cardinal Farnese, Roma, Tito e Paolo Diani fratelli, Roma 1589; Nella creatione di Nostro Signore Papa Clemente VIII, canzone, Roma, A. e G. Donangeli, 1592; Rime, I, Chieti, I. Facij - P. Gallo - C. Vullietto compagni, 1596; Vago, e dilettevole Giardino di varie Lettioni…, Roma 1608 (ristampata con il titolo Della Libraria Vaticana); Delle vite de’ Santi Padri, Roma 1608; Regole pe’ confratelli della R. Confraternita del SS. Rosario e del SS. Nome di Gesù della città di Penne, redatte nel 1613 e stampate a Chieti nel 1725.
Fonti e Bibl.: G. Ravizza, Notizie biografiche che riguardano gli uomini illustri della città di Chieti, Napoli 1830, pp. 96-101; G. De Caesaris, Un umanista abruzzese: M. P., in Bullettino della R. Deputazione di Storia Patria, XXIV (1933), pp. 120-72; R. Aurini, Dizionario bibliografico della gente di Abruzzo, II, Castelli 1955, pp. 422-427; A. Rubini, Storia di Penne, Penne 1988, pp. 291-294; A. Serrai, M. P. e Angelo Rocca storiografi della Biblioteca Vaticana, in Il Bibliotecario, 1991, 30, pp. 1-67; U. Russo, M. P. e la cultura a Chieti tra XVI e XVII secolo, in Atti del convegno di studi 400 anni di stampa a Chieti, L’Aquila-Roma 1998, pp. 47-62; U. Russo, M. P., in L’Abruzzo dall’Umanesimo all’età barocca, a cura di U. Russo - E. Tiboni, Chieti 2002, pp. 443-448; F. Celenza, Storia del teatro in Abruzzo dal medioevo al secondo novecento, Chieti 2005, pp. 57 s.; C. Greco, P. M., in Gente d’Abruzzo. Dizionario Biografico, IV, Teramo 2008, pp. 311-316.