Myanmar
Geografia umana ed economica
di Anna Bordoni
Stato dell'Asia sud-orientale. All'ultimo censimento, che risale al 1983, la popolazione era di 35.307.913 abitanti, mentre secondo una stima del 2005 si aggirava intorno ai 50 milioni. Il Paese, che rappresenta una delle componenti più arretrate della regione indocinese (assieme a Laos e Cambogia), è caratterizzato da una elevata diffusione dell'AIDS, che avrebbe contagiato - secondo i dati ufficiali - oltre l'1% della popolazione. La conseguenza è stata una forte erosione della spinta demografica, una diminuzione della speranza di vita alla nascita e un innalzamento dei tassi di mortalità (9,8‰ nel 2006) e di mortalità infantile (61,8‰).
L'economia è dominata dal settore agricolo, che contribuisce per oltre il 50% alla formazione del reddito nazionale e sostiene la crescita, mentre gli unici comparti industriali di un certo rilievo sono il tessile e l'agroalimentare. Il Paese non è privo di risorse naturali importanti, prima fra tutte il gas naturale, estratto lungo la riva occidentale dell'Irrawaddy e nel Golfo di Martaban (nel 2003 ne sono stati prodotti 9200 milioni di m3), ma è sottoposto a pesanti sanzioni internazionali a causa delle ripetute violazioni dei diritti umani compiute dai regimi militari al governo dal 1962, accusato peraltro di favorire il riciclaggio di denaro illegale e di scarso impegno nella lotta contro il traffico di droga. M. è il primo produttore mondiale di anfetamine e il secondo di oppio (dopo l'Afghānistān). Nel corso del 2003, in seguito alla decisione degli Stati Uniti e dell'Unione Europea di rafforzare l'embargo nei confronti del Paese (ribadito negli anni seguenti), si è registrato un sensibile ridimensionamento dell'apporto di capitali esteri, accompagnato da una caduta della produzione e da una crisi finanziaria. L'unico settore a non risentire della situazione è stato quello del turismo: il numero dei visitatori che nel 2004 sono entrati nel Paese, al di fuori di gruppi organizzati, è aumentato rispetto agli anni precedenti del 64%.
Storia
di Paola Salvatori
Sottoposto fin dal 1962 a regimi di stampo autoritario controllati dalle forze armate, il Paese rimaneva alle soglie del 2000 ancora lontano dall'avviare un reale processo di democratizzazione e continuava a dibattersi in una povertà cronica, determinata dagli scarsi investimenti nel settore agricolo e industriale e aggravata dall'inefficienza e dalla corruzione che pervadevano in larga misura l'apparato statale.
La creazione del Consiglio di Stato per la pace e lo sviluppo (State Peace and Development Council, SPDC), il nuovo organo di governo formato nel 1997 dopo lo scioglimento ufficiale della giunta militare che governava il Paese dal 1988, non comportò infatti nessun mutamento reale nell'indirizzo di politica interna e continuò a rimanere a tutti gli effetti un organo delle forze armate, composto da ufficiali più giovani ma sempre sotto la direzione del generale Than Shwe, al potere dal 1992, nelle cui mani si concentravano sia la carica di capo dello Stato sia quella di primo ministro.
Continuò a restare inapplicata la Costituzione del 1974 e interdetta la formazione del nuovo Parlamento così come era risultato dalle elezioni legislative del 1990 vinte dalla Lega per la democrazia (National League for Democracy, NLD), che non cessò di essere oggetto di una dura repressione nonostante la crescente popolarità del suo leader, la signora Aung San Suu Kyi (premio Nobel per la pace nel 1991), ripetutamente sottoposta ad arresti e intimidazioni.
Una cauta apertura nei confronti degli oppositori sembrò essere avviata dal governo nel corso del 2000 e del 2001, soprattutto per far fronte alle pressioni della comunità internazionale, da cui dipendevano gli aiuti finanziari indispensabili per l'economia del Paese, per altro completamente in mano alle diverse lobby militari. Si verificò in questi anni un graduale rilascio dei numerosi prigionieri politici e furono riaperti licei e università, chiusi in seguito alla mobilitazione del movimento studentesco. Anche nei confronti dell'attività della NLD fu manifestata una certa tolleranza, gravemente condizionata, però, dai nuovi arresti domiciliari imposti ad Aung San Suu Kyi (ag. 2000). Il dialogo fra le parti, pur incontrando numerosi ostacoli, proseguì e nel maggio 2002 la leader della NLD fu nuovamente liberata, con la garanzia ufficiale di potere riprendere la propria attività politica. In realtà, di fronte alla riorganizzazione del partito e alla pressante richiesta di garanzie democratiche, il regime fece nuovamente marcia indietro e nell'aprile 2003, prendendo a pretesto alcuni scontri scoppiati nel Nord del Paese dopo un comizio di Aung San Suu Kyi (secondo alcuni osservatori internazionali provocati ad arte proprio dall'esercito), privò nuovamente quest'ultima delle libertà personali. Immediate furono le proteste della comunità internazionale: il Congresso degli Stati Uniti e il Parlamento europeo decretarono nuove sanzioni economiche e il Giappone minacciò di bloccare gli aiuti economici; critiche furono espresse anche dai Paesi dell'ASEAN (Association of South-East Asian Nations), tradizionalmente poco propensi a esprimere giudizi sulla politica interna degli Stati aderenti.
Alla fine dell'agosto 2003 la situazione politica fu improvvisamente scossa da cambiamenti inaspettati che rivelarono uno scontro interno alle gerarchie dominanti: Than Shew lasciò l'incarico di primo ministro e fu sostituito dal generale Khin Nyut, capo dei servizi segreti e primo segretario dello SPDC. Disposto a riprendere il dialogo con l'opposizione, Khin Nyut prospettò l'ipotesi di un graduale ritorno alla democrazia attraverso la stesura di una nuova Costituzione e lo svolgimento di nuove elezioni. Seguirono nei mesi successivi numerose scarcerazioni dei membri della NLD e nel maggio 2004 fu di nuovo convocata la Convenzione nazionale (i cui lavori erano stati interrotti nel 1996), deputata a riscrivere la Costituzione. Boicottata dai rappresentanti di alcune comunità etniche, la credibilità della Convenzione fu minata dall'assenza di Aung San Suu Kyi, ancora detenuta, e dal rifiuto della NLD di prendervi parte.
Nel settembre 2004 Khin Nyut fu arrestato con l'accusa di corruzione e Than Shew pose alla guida dell'esecutivo un suo stretto collaboratore, il generale Soe Win. Nei mesi seguenti una epurazione generale colpì tutti gli apparati statali, che furono così posti sotto lo stretto controllo del capo dello Stato. Benché il nuovo esecutivo confermasse l'intenzione di collaborare con le forze di opposizione, nel corso del 2005 e dei primi mesi del 2006 la situazione non cambiò: Aung San Suu Kyi rimase agli arresti domiciliari e la repressione continuò a colpire gli oppositori del regime.
In politica estera il governo cercò in questi anni di superare l'isolamento internazionale e ottenere lo sbloccamento dei finanziamenti esteri. Il permanere di una politica repressiva rese tale obiettivo per lo più irrealizzabile, e sia gli Stati Uniti sia l'Unione Europea continuarono a interdire i rapporti commerciali e finanziari con il Paese. Diverso l'atteggiamento della Cina, che proprio in questi anni istituì relazioni sempre più strette con lo Stato birmano. Nel dicembre 2001, a seguito di una visita ufficiale del presidente Jiang Zemin, furono siglati importanti accordi commerciali tra i due Paesi. Pechino accordò inoltre a Rangoon ingenti aiuti finanziari, volti tra l'altro a favorire lo sviluppo del bacino superiore del Mekong, considerato dal governo cinese un'importante via di comunicazione interregionale. Nuovi trattati economici e commerciali furono siglati nel marzo 2004. L'accresciuta influenza della Cina indusse il Giappone a mitigare le critiche al regime e nel corso del 2004 Tokyo riprese i rapporti economici con il governo birmano. Migliorarono in questi anni anche i rapporti con la Thailandia e l'Unione Indiana.
bibliografia
J. Mawdsley, The iron road. A stand for truth and democracy in Burma, New York 2002; Burma's modern tragedy, ed. D.A. Metraux, Khin Oo, Lewiston (NY) 2004.