Vedi MYRA dell'anno: 1963 - 1995
MYRA (τὰ Μύρα)
Antica città della Licia, sita in zona elevata, all'estremità orientale dell'altopiano roccioso su cui sorge l'odierna Dembre, di fronte alle ultime pendici dello Alaca Daǧ. Nei primissimi secoli dell'èra volgare nuovi quartieri sorsero anche nella pianura, in direzione del vicino porto di Andriaki, ricco di costruzioni risalenti ad Adriano. Le notizie riguardanti la storia di M. non risalgono troppo indietro nel tempo e cominciano a divenire frequenti solo dopo la conquista romana. È certo tuttavia che la città era già in pieno sviluppo all'epoca della invasione persiana. Nel 168 a. C. essa divenne capoluogo del distretto monetario circostante e nel 100 a. C., al tempo di Artemidoro, fu una delle sei importanti città confederate della Lega Licia, con diritto a tre voti. Nel 141 d. C. un violento terremoto ne sconvolse gran parte dei monumenti. Dichiarata capitale della Licia sotto il regno di Teodosio II, M. divenne una metropoli cristiana sempre più preminente, anche per merito del culto tributato alla memoria del suo santo vescovo Nicola, martirizzato sotto Diocleziano.
Tra i monumenti rimasti i piu importanti sono, senza dubbio, quelli che formano la necropoli. Si tratta di tombe in parte scavate sui fianchi verticali della parete che limita l'altopiano, in parte sparse in direzione N-E, lungo la valle del torrente Myras (oggi Dembre çay). Queste ultime giacciono, molto spesso, sotto un profondo strato di terreno alluvionale.
Nell'insieme dominano i monumenti funebri di tipo licio (posteriori però all'invasione persiana), comuni anche a Telmessos, Xanthos, Limyra, Kadyanda, ecc. Non mancano tuttavia costruzioni di epoca ellenistica e romana.
Le facciate scolpite nella roccia mostrano una grande varietà di forme. Alcune sono semplici nicchie quadrate, incorniciate da lisce piattebande, altre hanno l'aspetto di imponenti facciate di templi, con portici, cornici, frontoni e rilievi colorati. Le più interessanti sono quelle che riproducono le antiche abitazioni in legno, ricopiando, con rigoroso e minuzioso verismo, le travature a sezione rettangolare, orizzontali e verticali, gli incastri, gli arpioni, le connessure, i chiodi, ecc., vale a dire tutti i dettagli di una sapiente e completa arte di carpentiere. Anche le coperture piatte simulano con precisione le assi e i travicelli sovrapposti, coperti da una terrazza di argilla o di fango pressato. Un altro gruppo di monumenti è invece coronato da una specie di tetto ad arco ogivale, simile, per tutto, a quello che ricopre molti dei più famosi sarcofagi lici. Esso potrebbe derivare dall'imitazione dei profili delle barche che i marinai appoggiavano su quattro pali, le chiglie volte verso il cielo, per ripararsi da improvvise intemperie. Comunque il tipo appare già nel disco di Festo e si ritrova in Grecia anche prima del VII sec. a. C. Sembra difficile che queste tombe testimonino, come è stato supposto, l'influenza dell'arte persiana. In realtà esse si rifanno ai tipi tradizionali di abitazione dei popoli costieri dell'Asia Minore.
Anche gli interni dei monumenti funebri si mostrano molto diversi gli uni dagli altri. Frequenti sono le entrate a scalini che conducono, spesso, in un vestibolo dal quale si accede alla camera mortuaria vera e propria. I letti dei morti sono posti ora simmetricamente, l'uno di fronte all'altro, o l'uno sull'altro al centro, ora asimmetricamente su un solo lato.
I rilievi che ornano alcuni dei monumenti principali mostrano quasi sempre scene di banchetto o di vita familiare. Si tratta di opere che vanno dal V-IV sec. a. C. all'epoca imperiale. Nei più antichi non mancano esempî di prolessi temporale. I colori usati per ravvivare le figure rappresentate sono il rosso, il bianco, l'azzurro, il bruno.
I resti di un grande teatro d'epoca ellenisticoromana si appoggiano ad una parete di roccia che si erge verticalmente dalla pianura. La cavea è formata da due maeniana separati da un diàzoma e costruiti in pietra squadrata. Di questi, il primo aveva 27 ordini di scalini ed il secondo 20. Tredici scalinate smistavano l'afflusso del pubblico.
Bibl.: W. M. Leake, Journal of a Tour in Asia Minor, Londra 1824, p. 183 s.; C. Fellow, Discoveries in Lycia, Londra 1841, p. 196 s.; C. Texier, Description de l'Asie Mineure, v. III, Parigi 1861, p. 205 s.; G. Niemann-E. Petersen, Reisen in südwestlichen Kleinasien, II, Vienna 1889, pp. 28-38, tavv. VIII-XI; H. Rott, Kleinasiatische Denkmäler, 1908, p. 324 s.; W. Ruge, in Pauly-Wissowa, XVI, 1933, c. 1083 ss., s. v.; Arif Müfid Mansel, Turkiyenin Arkeoloji, Epigrafi ve Tarihî Coǧrafyasi için Bibliografya, Ankara 1948, in Türk Tarih Kurumu Yayinlaridan, XII Ser., n. 1, pp. 305; 283-286.