Vedi MYRINA dell'anno: 1963 - 1963
MYRINA (Μύρινα)
Una piccola citta sulla costa occidentale dell'Eolide. È situata vicino alla foce del fiume Pythikos (il moderno Kondura-Çai), tra Cuma e Gryneion, sul golfo elcatico, di fronte a Lesbo. La tradizione assegna la fondazione della città a un eroe, Myrinos, oppure a un amazzone, Myrina, la cui testa appare nella monetazione della città (Strabo, xi, 5, 4; xii, 3, 20; 8, 6; xiii, 3, 5). Erodoto (i, 149) nomina M. come una delle undici città dell'antica Eolide.
Il re persiano Dario I dette la città con il vicino territono a Gongylos, un cittadino medizzante di Eretria, i cui discendenti continuarono la connessione fino al IV sec. a. C. (Xenoph., Hell., iii, 1, 6). Nella lista attica dei tributi del V sec., l'imposizione di M. è un talento, una somma più piccola di quella registrata per gli abitanti del territorio circostante. Durante il III sec. a. C. M. passò avanti e indietro dai Seleucidi agli Attalidi, finché nel 219 a. C. la città rimase saldamente nelle mani di Attalo I. L'influenza di Pergamo sembra sia stata stimolante, perché è all'incirca in questo tempo che la caratteristica produzione di figurine in terracotta cominciò a soddisfare i bisogni artistici dei cittadini facoltosi. Quando Roma si impadronì del territorio, dopo il 133 a. C., M. divenne una città della provincia d'Asia. Plinio (Nat. hist., v, 30, 32) dice che fu chiamata Sebastopoli durante il regno di Augusto, quando era famosa per le sue ostriche. La vitalità se non la stessa vita della città, fu schiacciata da una serie di terremoti che avvennero nel 17, 30, e 105 d. C. Dopo il disastro del 17 d. C. Tiberio condonò il tributo alle città colpite dell'Asia. La Base di Pozzuoli, copia di una che fu eretta per riconoscimento della sua generosità, rappresenta la città di M. in veste d'una sacerdotessa di Apollo. L'ultimo monumento datato che sia giunto sino a noi, è una dedica ad Adriano del 129 d. C. Il nome di parecchi vescovi, che vanno dal V all'viii secolo, attesta l'esistenza della città nel primo Medioevo.
Caratteristiche sono fra le monete frequentemente trovate nelle tombe, le emissioni autonome del II e I sec. a. C. I tipi riguardano il culto di Apollo, il cui tempio nella vicina Gryneion era uno dei santuarî famosi dell'Eolide. Il dio appare sul rovescio col ramo d'alloro e l'onfalo; un cratere, che contiene presumibilmente acqua lustrale, sta accanto; sul dritto è la testa laureata di Apollo, con lunghi riccioli. I bronzi ripetono la testa, con un cratere sul rovescio. Si trovano anche monete che commemorano alleanze con Aigai e Cuma. Il magistrato principale della città era uno stratego. La monetazione imperiale, sebbene conservi il nome degli dèi cittadini, Apollo e l'eponima Myrina, si riferisce anche ad altre divinità.
La città di M. non è stata mai scavata. Gli studiosi la conoscono soltanto da menzioni occasionali nei testi e dal contenuto dei suoi cimiteri. Le tombe furono scoperte per la prima volta nel 1870 da contadini al lavoro nel possedimento di Kalabassary, proprietà della famiglia Baltazzi, che generosamente offri ai Francesi l'opportunità di scavare. Campagne intraprese da eminenti studiosi (E. Pottier, S. Reinach, A. Veyries, assistiti da D. Baltazzi) proseguirono dal 1880 al 1882. Rivelarono da quattro a cinquemila tombe. Recentemente negli anni dopo il 1950 scavi clandestini hanno rivelato altre tombe, che non sono ancora state scavate ufficialmente. (Le nostre illustrazioni figg. 418, 420 vengono da queste nuove esplorazioni grazie alla cortesia del prof. E. Akurgal).
Le necropoli giacciono lungo le pendici dell'acropoli della città, e della collina a N. Furono trovati sei differenti tipi di tombe: ciste rettangolari e circolari, camere funerarie tagliate nella roccia, tombe a lastroni e sarcofagi di argilla e di pietra, affondati nel terreno. Erano praticate sia l'inumazione che l'incinerazione. Molte sepolture non contenevano né offerte né terrecotte. Per esempio, su novantaquattro tombe scavate in una settimana, soltanto quindici contenevano figurine. L'arredo tombale consisteva principalmente di vasi, lampade, strigili, specchi, bottiglie di vetro, ecc. Molti di questi oggetti erano rotti prima di essere deposti. L'analisi dei tipi di tomba, l'orientamento, la posizione nel cimitero, non hanno offerto alcuno schema comprensibile o alcuna prova precisa per la datazione.
I dati pubblicati dagli scavatori non sono sufficientemente dettagliati per permettere uno studio completo della datazione delle tombe. Da un attento studio di tutti gli indizi disponibili, G. Kleiner ha dedotto i lineamenti della storia dei cimiteri. Le tracce di un più antico recinto sepolcrale sopravvivevano, ma erano molto confuse, cosicché non si potè ricavarne niente di significativo. Furono trovati certi vasi che si datano al periodo orientalizzante, altri al V sec. a. C. Alcune figurine più antiche mostrano un ‛interessante dipendenza dalla Beozia (Mollard, i, pp. 111 s., C 168-171). Le monete vanno dal tempo di Alessandro a quello di Gallieno. La maggior parte appartengono alla emissione autonoma in bronzo di M. che cominciò circa nel 190 a. C. Quasi tutto l'arredo tombale può essere datato negli ultimi due secoli a. C. Evidentemente la popolazione si impoverì e non si interessò più a offerte costose dopo i disastrosi terremoti del principio del sec. d. C., oppure, come è possibile, non è stato ancora trovato il cimitero di quel periodo.
Figurine di terracotta. - Gli oggetti più interessanti trovati nelle tombe sono le terrecotte, che hanno reso M. famosa, sia tra i collezionisti che tra gli archeologi.
a) Tecnica. - Le figurine di M. sono tra i prodotti più eleganti della tecnica dell'arte greca minore. Come era nella tradizione, venivano prodotte per mezzo di stampi. Ma, mentre nei tempi più antichi soltanto la parte anteriore della figura era così modellata, e la parte posteriore era formata a mano, gli artigiani di M. impiegarono stampi sia per la parte anteriore che per quella posteriore di ciascun membro, cosicché per il totale qualche volta si usavano quattordici forme e anche più. Questi stampi erano di solito d'argilla, sebbene negli anni più tardi si impiegasse gesso. Per mezzo di varie combinazioni di piccole unità i coroplasti (cioè gli artigiani che lavoravano le figurine) variavano i tipi nella posa e nel carattere. Questa tecnica permise anche di ritrarre figure con le membra tese in un'azione violenta e figure fluttuanti nell'aria. La tecnica con cui queste figurine erano fatte seguì naturalmente un processo di sviluppo dal semplice al complesso e poi di nuovo indietro alla semplicità della degenerazione. Erano usati parecchi tipi di argilla. I più antichi pezzi riuscivano alla cottura di un giallo intenso, i più tardi di un rosso roseo; gli ultimi, nei tempi romani, di un rosso scuro. Pareti sottili, piccole dimensioni e dettagli delicati caratterizzano i più antichi prodotti di M., che sotto molti aspetti differiscono appena da quelli di Tanagra (v.) di cui erano imitazioni. Questi primi esempî erano fatti con uno stampo unico con la testa separata che poteva essere variata. Il foro sulla parte posteriore per lo sfogo dell'aria durante la cottura era rettangolare e la base una placca sottile come nelle tanagrine. Più tardi il foro divenne ovale, la base divenne più alta e fu modellata qualche volta a imitazione di una base di statua. Le parti posteriori delle figure più antiche erano spesso fatte a mano, con o senza dettagli modellati; nei pezzi più tardi erano di solito fatte con gli stampi, sebbene non di frequente modellate. Dopo che la figura in argilla cruda era stata composta dei suoi varî elementi, veniva coperta con un leggero strato di argilla bianca e quindi cotta. Dopo la cottura venivano applicati i colori. I più comuni erano: sanguigna, rosa acceso, azzurro egiziano e le ocre, marrone rossastro e giallo; violetto, verde, nero e oro in sfoglia erano usati qualche volta sui pezzi più costosi. I capelli erano dipinti in marrone rossastro o giallo; gli occhi marrone, nero o blu. Il drappeggio era decorato con larghe strisce di colore contrastante o con pannelli tessuti o ricamati come quelli dei tessuti copti più tardi. Su pochi esempî il drappeggio era ombreggiato con linee rosse o gialle come nella pittura. Sopravvivono soltanto pochi esemplari per mostrare i brillanti colori originali che una volta tutti possedevano. Queste variazioni tecniche possono essere usate dall'occhio sperimentato come criterî cronologici. Una datazione precisa delle terrecotte di M., anche su fondamenti tecnici, richiede tuttavia uno studio più approfondito non solo delle figure in sé stesse, ma anche del materiale analogo di altri siti.
b) Soggetti. - In contrasto con il repertorio limitato delle tanagrine, le terrecotte di M. coprono un vasto campo di soggetti. Sebbene fossero offerte sepolcrali, non mostrano associazioni con la morte, ma derivano i loro tipi dalla religione, dal teatro e dal mimo, dall'arte maggiore, dalla pittura di genere, dalla vita quotidiana e dalla caricatura, ma già dai tempi ellenistici sembra che fosse perduto il significato dei tipi e che i coroplasti ponessero il loro interesse soprattutto nel contenuto artistico.
Una breve scorsa dei tipi ne mostra la grande varietà, perfino entro queste categorie. L'interesse dominante è per Afrodite e la sua cerchia. La divinità è presentata sia nuda che drappeggiata, in innumerevoli forme. In aggiunta ai tipi ben conosciuti della scultura, la dea è rappresentata mentre scioglie il suo kestòs o mentre cavalca un caprone, un'oca o un delfino. Suo figlio Eros appare con lei come un compagno, che porta lo scrigno dei gioielli o lo specchio o che suona strumenti musicali per il diletto della dea. S'avventura anche per conto suo a guidare, cavalcare o giocare con cani, caproni, delfini, pavoni o cerbiatti, a tirare con l'arco, a lottare con altri eroti, ad amoreggiare con Psyche. Spesso volteggia sospeso nell'aria, in forma di un bambino o di un giovane, di frequente ha caratteri dionisiaci (v. eros). Anche le figure di Psyche o Nike appaiono con questi umori birichini, come fluttuanti compagne di giochi oppure come innamorate di Eros (una volta sono sdraiate sul dorso di un elefante; cfr. Perdrizet, fig. 1). Altre creature del mondo vago della mitologia, muse, ninfe, menadi e sirene: Eracle e Dioniso infanti sono manifestazioni del culto ellenistico del bambino, un culto dell'innocenza, che attrae particolarmente i decadenti. Oltre a questi personaggi mitologici, le figurine rappresentano qualche volta personaggi del culto, come schiavi d'un tempio, danzatori asiatici e servi della Grande Dea. Queste figurine vivificano le descrizioni degli inservienti e dei guardiani dei tesori dei templi, di cui leggiamo nella Storia Efesia di Senofonte di Efeso (i, 2, 6-7). Appaiono anche esseri umani ordinarî; tra loro poche figure maschili, come Galli, soldati su un elefante, e giovani oratori. Bambini giocano con piccoli animali, donne danzano in una festa oppure riposano nel santuario. Donne nella loro casa tengono bambini sulle braccia; ragazze sussurrano segreti o siedono innervosite sulla klìne nella notte nuziale. Vediamo passare dinanzi a noi il mondo della strada: schiavi imbroglioni, vecchi venditori, pedagoghi e nutrici con i loro pupilli, personaggi impudenti del teatro e del mimo. Ma non tutti i tipi sono derivati dalla vita; altri copiano statue famose: Venere Genitrice, Afrodite Anadiomène, la Cnidia, Afrodite accovacciata, l'Eracle lisippeo, statue convenzionali di Apollo e Atena. Le statue pompose della scuola di Pergamo trovano le loro controparti in statuette drappeggiate maestosamente che le imitano perfino nella base modellata, alta come quella della statua. Tutte queste figure riportano vicino a noi le folle che riempivano la città di M. e ci fanno intravedere le grandi città di Pergamo e Alessandria. Ci mostrano qualche cosa dei pensieri dei comuni cittadini, il loro gusto per l'arte contemporanea, e le loro preferenze tra i molti culti nuovi del giorno.
c) Sviluppo stilistico. - La cronologia dell'arte coroplastica in M. deve basarsi su tutti gli indizî comparati disponibili, sia da M. che da altri luoghi. Gli abitanti di M apparentemente non deposero figurine nelle tombe, finché non vennero in contatto con la Grecia propria, presumibilmente quando strette relazioni con Pergamo aprirono il commercio con altri territorî. È possibile, dal momento che l'artigianato declinò con l'impoverimento della Grecia durante la seconda metà del III sec. a. C., che coroplasti beoti siano emigrati in Eolide. Certamente le più antiche figurine ellenistiche trovate nelle tombe di M. furono copiate direttamente dai modelli di Tanagra; alcune potrebbero essere fatte addirittura con stampi importati. La Tomba A (Pottier-Reinach, tavv. xxxvii-iii) conteneva quattordici statuette di ragazze e donne in piedi di puro stile di Tanagra. Che questo gruppo debba essere datato nel terzo venticinquennio del III sec. è dimostrato dall'esperto modellato del drappeggio, composto di motivi spezzati basati su vecchi motivi; come nelle figure della necropoli di Hadra in Alessandria. Mostrano anche occhi semichiusi, come appaiono nelle oinochòai di faïence del regno di Euergete (246-222 a. C.). I lineamenti di questi profili prodotti sono ancora delicati, i capelli un po' gonfi, la posa e il drappeggio conservano ancora un sentimento classico. Tuttavia un nuovo spirito è visibile nelle più antiche figure fluttuanti, che ancora si datano entro il III secolo. Sono, è vero, giovani e fanciulle di Tanagra, ma hanno una qualità più vivace; le vesti sono gonfiate in diafane pieghe sottili sopra il corpo, per svolazzare in chiare e larghe masse vigorose. Mobilmente sospesi, dovevano sembrare gaie pitture che avessero preso vita. Le figure drappeggiate del periodo intorno al 200 a. C. conservavano ancora un po' del sapore di Tanagra, ma, probabilmente sotto l'influenza della scultura pergamena, i vecchi temi sono stati elaborati in maniera più fresca. In una figura appoggiata (v. fig. 418) l'antitesi è marcata, le membra emergono chiaramente dal drappeggio; nei più antichi tipi di Tanagra spesso erano completamente soffocate. Le pieghe sono poche, ma accentuate e drammatiche. Eppure le proporzioni sono ancora buone, la testa ancora conserva un sapore prassitelico; questo è l'ultimo tipo di figura che noi possiamo chiamare una "Tanagra". Durante il II sec. i coroplasti di M. crearono lo stile loro proprio. Accrebbero le dimensioni delle figure, che qualche volta raggiungono da 50 a 6o centimetri. Caddero manifestamente sotto l'influenza degli scultori di Pergamo. Vediamo questo in un esempio (cfr. fig. 419) che mostra Afrodite appoggiata su una statuetta di uno dei suoi devoti. Il soggetto è basato su un tipo popolare nel IV sec., ma è rifuso nello stile dell'Asia Minore. La posa è drammatica, il drappeggio pesante, il gesto istrionico, I capelli e i lineamenti sono modellati con pochi tocchi espressivi, l'effetto d'insieme è monumentale. Tali statuette sarebbero state ammirate da coloro che concepirono l'Altare di Pergamo. L'abilità tecnica di produrre pezzi grandi condusse naturalmente a creare gruppi complessi: ephedrismòi, innamorati in atteggiamenti elaborati, ragazze sedute sul grembo di altre ragazze (per esempio, Pottier-Reinach, tav. xl; Philadelpheus, tavv. vi, xvii, xviii). Col tempo perfino le leggere figure fluttuanti acquisirono un sapore teatrale. Eros, spesso ancora un semplice fanciullo, divenne anche un giovane dionisiaco. La sua avvenenza petulante è femminizzata, mentre morde timidamente le pieghe della veste e gestisce come un attore. Questo stile monumentale probabilmente fu contemporaneo alla fioritura della scultura maggiore a Pergamo durante la prima metà del Il sec. a. C. Questa datazione è confermata dal confronto con certe figurine trovate a Priene in case che furono incendiate probabilmente circa nel 155 a. C. durante la guerra con Oroferne (Kleiner, in Pauly-Wissowa, s. v. Priene, cc. 38 ss.; cfr. Wiegand-Schrader, Priene, fig. 416 e Philadelpheus tav. xv, 2). La stessa data è anche indicata da indizî provenienti dall'agorà di Atene. Presumibilmente la vigorosa attività delle botteghe si accrebbe dopo la acquisizione del territorio pergameno da parte di Roma. Tuttavia l'abilità tecnica tende a degenerare verso la fine del secolo. Versioni tarde dei tipi della scultura sono diventate più piccole e debbono essere poste su alte basi per ritrovare dignità. Il drappeggio è pesante e pende in pieghe monotone; le facce sono grasse e stupide. Molti pezzi da M. modellati senza cura ricordano così da vicino quelli trovati a Delo in botteghe che furono distrutte al principio del I sec. a. C., che possiamo datarli con sicurezza alla fine del Il e al principio del secolo. La produzione era enorme, ma gli esemplari sono più piccoli e più piatti. Caratteristici sono i piccoli gruppi o le scene di Eroti o di bambini che giocano con animali. Il I sec. fu un periodo prolifico. Erano molto popolari le copie accademiche di statue famose: e interpretazioni straordinariamente caricate di vecchi temi, perfino di tanagrine. Spiccano tra le creazioni peculiari di questo periodo le figure di schiavi templari seduti o di etère. Un esempio, fatto con stampo di gesso, mostra la acconciatura esotica della testa, con piume, e il boccio di loto dell'Iside ellenizzata (per la datazione, cfr. Laumonier, Délos, xxiii, tav. 42, tav. n. 382), da un deposito del I sec. a. C. Con la sua maschera, la veste trasparente, i gioielli opulenti e gli alti sandali, questa figura è caratteristica del nascente mondo greco-romano, che cominciava a preoccuparsi di culti e superstizioni. Le figurine divengono creazioni religiose piuttosto che artistiche. Alla fine del secolo cominciarono le botteghe a carattere del tutto commerciale, conosciute per le firme dei loro coroplasti: costituiscono un ultimo capitolo interessante della storia dell'artigianato di Myrina.
d) Coroplasti. - Le firme sulle terrecotte di M. appartengono al periodo più tardo, il I sec. a. C. e il principio del I sec. d. C. Alcuni nomi latini a M. suggeriscono l'immigrazione di artigiani italici, come a Delo. I nomi erano incisi sullo stampo crudo prima di cuocerlo al forno per produrre un'iscrizione in rilievo sulla statuina stampata, oppure erano incise direttamente sulle figurine. Le firme sono in genitivo; iscrizioni occasionali in nominativo indicano il soggetto. Erano anche usate abbreviazioni e monogrammi come quelli delle monete ellenistiche. La forma delle lettere è nel piatto stile accademico caratteristico del tardo ellenismo o del primo periodo romano, di solito con le forme corsive di sigma e omega. Firme identiche, che capitano di frequente su pezzi di stile molto differente, si può presumere che designino botteghe. La più comune è quella di Diphilos di cui sopravvivono almeno ventisei firme. Le discussioni più recenti pongono la sua attività al tempo della dinastia giulio-claudia (Kleiner, pp. 208, 293, nota 2). Di solito il suo nome è inciso sulla parte posteriore della base; pochi esempî, presumibilmente pezzi di bottega, hanno la firma in rilievo. La sua opera è abbastanza uniforme, eccetto tre Eroti fluttuanti, tutti degli stessi stampi (Burr, tav. xxiv, nn. 60, 61). Sono alti circa 37 cm, modellati con cura come piccole statuette di bronzo. Sono molto superiori nel modellato ad altri esempi del suo lavoro, che sono di misure più piccole, di solito non più alti di 25 cm, di argilla rosea e tecnicamente molto sciatti. In generale, i soggetti sono dionisiaci o connessi al ciclo di Afrodite; altri sono ovvie copie di statue. Lo stile è facilmente riconoscibile, ha un sapore stringato, arcaistico, che suggerisce la tecnica del bronzo (Pottier-Reinach, tav. viii, i). Figure dionisiache eccessivamente ornate, di proporzioni allungate, con facce di idioti (Bull. Corr. Hell., 1935, tavv. vi e xx, nn. 13 e 14), sembrerebbero tra i prodotti più tardi della sua bottega. Fece anche lui copie di statue famose, in stile metallico. Un'Afrodite Anadiomène (ibid., tav. viii, n. 18) porta due crocchie di capelli a forma di corna simili ai bocci di loto egiziani, che crebbero a fantastiche proporzioni sulle terrecotte romane da Seleucia sul Tigri (W. Van Ingen, Figurines from Seleucia, tavv. lxi, lxii). Un'altra Afrodite nella stessa posa, ma coperta da una veste, porta un curioso chitone aderente che figura più come un costume persiano che come uno greco e trova anche un parallelo a Seleucia (ibid., tav. x, n. 140 a) del I sec. a. C. Questo stile in cui le pieghe pendono come corde su corpi senza ossa, fu adottato per i tipi ieratici dell'Oriente romanizzato. È interessante vederlo incominciare in questa umile forma sulla costa dell'Asia Minore. Oltre a questi coroplasti più interessanti, sono sopravvissute le seguenti trentasette firme (forse non tutte da M.): Agathemeros, Agestratos, Aglaophon, Amphilochos, Amyntas, Antipater, Antistios, Apollonios, Artemon, Ateles, Athenaios, Attalikos, Attinos, Bassus, Dionysios, Dios, Eutyches, Gaius, Hermokrates, Hieron, Hyperbolos, Iulianus, Kalligraphos, Kyprios, Maikyos (Maecius?), Nikostratos, Papias, Patra..., Phanites, Pheidippos, Philippos, Pythodoros, Sodamos, Sophron, Sosibios, Spinthax, Varius. Il loro lavoro è sempre grossolano, qualche volta abominevole; debbono l'immortalità alla loro vanità piuttosto che alla loro abilità.
Le terrecotte da M. sono ampiamente distribuite in musei e collezioni private. Dei pezzi provenienti dagli scavi ufficiali, due terzi andarono a Parigi al Museo del Louvre, un terzo al Museo Archeologico di Istanbul. Queste collezioni furono aumentate per mezzo di acquisti da scavi clandestini e per mezzo di doni della famiglia Baltazzi, che donò pezzi anche al museo di Berlino. Una collezione di circa cento pezzi fu acquistata dal Museo Nazionale di Atene, principalmente provenienti dalla Collezione Misthos, formata a Smirne. Altri gruppi più piccoli esistono nel Museo delle Antichità di Leida, al Museum of Fine Arts di Boston, al Musée du Cinquantenaire di Bruxelles, al British Museum di Londra, e in collezioni a Lione, Lipsia, Dresda, Vienna, New York. La Scuola Archeologica Francese ad Atene ne esibisce alcuni, che le furono accordati dopo gli scavi. Pezzi singoli si trovano in numerose collezioni universitarie o di privati.
Bibl.: E. Pottier - S. Reinach, Terres cuites et autres antiquitées trouvées dans la nécropole de Myrina, Catalogue raisonné, Parigi 1886; E. Pottier - S. Reinach, La Nécropole de Myrina, Parigi 1888; E. Pottier, Les statuettes de terre cuite dans l'antiquité, Parigi 1890, pp. 155-185; P. Perdrizet, in Mon. Piot, IV, 1897, pp. 209-220; F. Winter, Die Typen der figürlichen Terrakotten, Berlino - Stoccarda 1903, I, pp. XLV-LXVII; II, disegni, che includono parecchi esemplarî altrimenti non pubblicati; G. Mendel, Catalogue des figurines grecques de terre cuite, Musées imperiaux ottomans, 1908, pp. 278-440; A. Philadelpheus, Πήλινα Εἰδώλια ἐκ Μυρίνης, Atene 1928; D. Burr, Terra-cottas from Myrina in the Museum of Fine Arts, Boston, Vienna 1934; W. Ruge, in Pauly-Wissowa, Suppl. VI, 1935, cc. 615-621, s. v.; G. Kleiner, Tanagrafiguren, Berlino 1942; B. Baudat, Terres cuites de l'école française d'Athènes, in Bull. Corr. Hell., LXVII, 1953, pp. 1-45; S. Mollard-Besques, Musée national du Louvre, Catalogue raissoné des figurines et reliefs en terrecuite grecs, étrusques et romains, II, Parigi 1962.