Hiriyanna, Mysore
Filosofo e storico indiano della filosofia (n. Mysore 1871 - m. 1950). Dopo essersi dedicato all’insegnamento universitario, H. iniziò la sua opera di storico della filosofia indiana destinata a divenire, per accuratezza e limpidità, una pietra miliare in questo campo di studi. Nonostante aderisse alla scuola dell’Advaita Vedānta, condusse un’indagine non di parte, caratterizzata da grande attenzione alle fonti. Secondo H. l’intero pensiero indiano si concentra soprattutto sull’esame dei valori (puruṣārtha) in ambito conoscitivo (il vero), morale (il bene), estetico (il bello). ‘Valore’ si oppone a ‘fatto’, in quanto questo identifica ogni contenuto conoscitivo e spesso conduce ad agire, mentre quello è lo scopo che si vuole raggiungere attraverso l’azione. Volutamente tralasciata è la determinazione dell’esistenza di un referente oggettivo o solo soggettivo dei valori. Da rilevare è anche la sua considerazione del vero come un valore (valore logico), anche se strumentale. Infatti, i tre valori sono sussidiari a un unico fine ultimo, mokṣa (➔), «la liberazione», che, sostiene H., deve guidarci anche se dovesse rivelarsi irrealizzabile. In tal modo anche l’epistemologia è inserita all’interno di un discorso sui valori, mentre il bello è funzionale all’emancipazione non per il suo contenuto, bensì perché il distacco da sé che provoca è una momentanea anticipazione di mokṣa (➔ Abhinavagupta). H. abbraccia anche l’ideale (pur indimostrabile razionalmente) della sarvamukti, la liberazione simultanea di tutti gli esseri senzienti, poiché l’assenza di egoismo necessaria per l’emancipazione spirituale implica l’impossibilità di un’emancipazione per alcuni soltanto. Secondo H., scienza e filosofia si differenziano perché la prima è mossa dal mero desiderio di conoscere, mentre la seconda è conseguenza dell’umana inquietudine e non si accontenta di una conoscenza mediata, ma vuole anche tramutarla in esperienza immediata. Resta tuttavia distinta dalla religione in quanto non prevede dogmi.