NABŪ (accadico Nabū, Na-bium, "lo splendente"; ebraico Nebo)
Divinità babilonese. Figlio di Marduk e di Ṣarpanitum, detto più raramente figlio di Enki. Dio della scrittura e della sapienza, protettore degli artigiani e degli scribi (dupsar gimri), scrittore dell'universo.
Sconosciuto nella Mesopotamia nel periodo sumerico, si manifesta coll'avvento delle prime dinastie semitiche alla fine del III millennio, e vi acquista grande importanza; il padre Marduk viene assunto a divinità nazionale all'epoca di Hammurapi.
Probabilmente N. era in origine una divinita agricola e della fertilità, adorata sotto altro nome a Barsippa (v.) che resta sempre la sede più celebre del suo culto. In epoca cassita e neo-babilonese, come mostrano i nomi teofori e i documenti figurati, N. assume la prevalenza sullo stesso Marduk (v.).
A Barsippa il dio aveva un tempio detto é-zi-da "casa dell'eternità", e una ziqqurat detta é-ur-imin-an-ki "casa delle sette guide del cielo e della terra". Tanto il tempio quanto la torre a gradini erano circondati da un lungo muro provvisto di tre porte: dalla porta principale un vestibolo conduceva nel cortile centrale che recava dirimpetto la cella con due anticamere: nella cella la nicchia per il simulacro del dio aveva due piccole nicchie laterali. Il nome di é-zi-da caratterizza gli altri santuarî di N. a Kalkhu, Khorsābād, Ninive e Babilonia, in cui N. aveva una cappella nel tempio di Marduk, al quale veniva a far visita (muovendo da una famosa strada processionale che congiungeva Babilonia a Barsippa) e insieme al quale provvedeva alla fissazione dei destini, durante le feste dell'Anno Nuovo.
L'iconografia di N. è nota da quattro statue trovate a Kalkhu (due di esse sono al British Museum), risalenti al IX-VIII sec. a. C.; seppure si tratta del dio, giacché stupisce la mancanza di un emblema atto a caratterizzarlo. Probabilmente il dio compare (ma l'identificazione non è sicura) su alcuni sigilli neo-assiri, fra cui uno del Louvre (n. A. 686), nel quale un adorante è effigiato fra Marduk e N., entrambi in piedi su una piattaforma posta sul dorso di un drago; il dio ha l'alta tiara neo-assira, il kaunàkes, una spada al fianco, mentre l'estremità di un arco si scorge dietro le sue spalle: la mano destra è alzata in gesto propiziatorio, la sinistra tiene un oggetto indeterminato, forse una tavoletta scrittoria. Questa scena, che sembra svolgersi entro un tempio rappresentato da pilastri stilizzati, è importante perché attribuisce alcuni elementi di caratterizzazione a N.: infatti il drago che lo sorregge è il mushrusshu animale-attributo di Ningishzida in età neo-sumerica, e in periodo tardo di Marduk; inoltre davanti al drago compare un emblema cuspidato, infisso in un lungo bastone, che è lo stilo, il qān tuppi o canna della tavoletta, che i testi inducono a considerare l'attributo peculiare di Nabu.
Questo stile appare, in forme diverse e non tutte caratterizzate appieno (talora composto da un bastone terminante a punta di lancia, talora da due verghe parallele) su una numerosa serie di kudurru o pietre confinarie di età cassita e neo-babilonese, oltre che sul rilievo di Bawian (v.) e sulla stele di Asarhaddon da Sam'al, di età neo-assira. Lo stilo poggia di preferenza su un basamento rettangolare (probabilmente un altare) con scanalature geometriche che ricordano quelle della facciata di un tempio; in un caso il basamento alle consuete modanature sostituisce un disegno a scaglie che rappresenta forse la montagna su cui avviene l'epifania della divinità.
In una numerosa serie di sigilli neo-assiri e neo-babilonesi lo stilo appare associato assai di frequente alla vanga o marru, attributo di Marduk, entrambi sul dorso di un drago o più raramente isolati nel campo; il passaggio dell'emblema di Marduk a N. si spiega con gli stretti rapporti religiosi intercorrenti fra le due divinità ed è esemplificato da un marru in rame trovato a Choga Zanbil, presso Susa, della fine dell'età cassita, la quale reca l'iscrizione: "marru del dio Nabū.".
Bibl.: A. Jeremias, in Roscher, III, 2, 1897-99, coll. 45-68, s. v.; A. Deimel, Pantheon Babylonicum, Roma 1914, pp. 184-6, s. v.; K. Frank, BIlder und Symbole babylonisch-assyrischer Götter, Lipsia 1906, pp. 24-5; E. Unger, in M. Ebert, Reallexikon der Vorgeschichte, IV, 2, Berlino 1926, p. 421, s. v. Götterbild; G. Furlani, La religione babilonese e assira, I, Bologna 1928, pp. 235-43, e nota 62, pp. 269-70 (sui simboli di N.); E. Douglas van Buren, Symbols of the Gods in Mesopotamian Art, Roma 1945, pp. 134-7; E. Dhorme, Les religions de Babylonie et d'Assyrie, Parigi 19492, pp. 150-6. Sul tempoi di N. a Barsippa: E. Unger, in E. Ebeling-B. Meissner, Reallexikon der Assyriologie, I, Berlino 1928, pp. 415-6, 422 ss., s. v. Sul marru di N.: G. Dossin, La marre de Nabu, in Revue d'Assyriologie, XXXV, 1938, pp. 132-5. Sulle statue di N.: G. Contenau, Manuel d'archéologie orientale, I, Parigi 1927, p. 161, fig. 98; A. Parrot, Gli Assiri, Milano 1961, p. 20, fig. 24; Sui kudurru: L. W. King, Babylonian Boundary-Stones and Memorial-Tablets in the British Museum, Londra 1912, tavv. III, XXI, XXIII, XXX, L, LII e LXIV, CIII, CIV. Sui sigilli: L. Delaporte, Catalogue des cylindres des orientaux du Musée du Louvre, II, Parigi 1923, nn. A. 686 A. 738, A. 740-44, A. 748-50, A. 753, A. 755-56, tavv. LXXXVIII, XCII, ecc.; H. Frankfort, Cylinder Seals, Londra 1939, pp. 216, 220, tavv. XXXIII, d, c, b, k; XXXIV; i; XXXVI, k; A. Moortgat, Vorderasiatische Rollsiegel, Berlino 1940, nn. 596, 598-599 (tav. LXXI); 601 (tav. LXII), ecc.