NADDO di ser Nepo da Montecatini
NADDO di ser Nepo da Montecatini. – Nacque, in luogo incerto, in una data da collocare presumibilmente tra la fine degli anni Venti e la metà degli anni Trenta del Trecento, poiché sappiamo che nel 1356 aveva già iniziato la professione di notaio.
Era discendente da una dinastia di notai oriundi di Montecatini: era stato notaio, infatti, il nonno ser Gallo, già defunto nel 1332, e fu notaio il padre ser Nepo, attivo in quello stesso anno, ma già defunto nel 1352. Divennero poi giudici oltre che notai lo stesso Naddo e il fratello ser Iacopo (forse coetaneo, perché professionalmente attivo nello stesso periodo, ovvero almeno dal 1352 al 1389, allorché svolse la carica di notaio custode degli atti della camera del Comune di Firenze). L'opportunità di studiare diritto (forse presso la vicina sede universitaria di Bologna) lascia pensare che la famiglia godesse di buone o ottime sostanze sin dagli anni della formazione di Naddo, cioè almeno dalla seconda metà degli anni anni Trenta del secolo. È altresì possibile che proprio queste floride condizioni economiche abbiano indotto ser Nepo, o i suoi figli, a trasferire il nucleo familiare dal natio castello in Valdinievole a Firenze, nella prospettiva di maggiori fortune e di un’ulteriore promozione sociale. Allo stato attuale delle conoscenze, però, non è dato sapere con certezza né perché né quando i discendenti di ser Gallo siano emigrati in città. Ildefonso di San Luigi (1784) addusse motivazioni politiche conseguenti al dominio di Castruccio Castracani Antelminelli su Montecatini – dominio durato dalla battaglia omonima nel 1315 fino alla sua morte nel 1330 – e fu propenso a collocare il loro inurbamento in occasione di una di queste due date.
L’erudito seicentesco Giovanni Cinelli Calvoli sostenne che Naddo avesse ottenuto la cittadinanza fiorentina nel 1364, senonché Ildefonso di San Luigi dubitò di tale affermazione, non avendone trovato conferma nella documentazione pubblica fiorentina. Di certo vi è che a partire dal 1367 lo stesso Naddo si sottoscriveva nei suoi rogiti come cittadino fiorentino. Come che sia, gli oriundi montecatinesi mantennero rapporti con la terra di origine ancora per molti anni a seguire. Qualunque fosse all’epoca la sua residenza, nel 1332 ser Nepo rogava a Montecatini. Gli otto protocolli di Naddo superstiti rivelano altresì il suo lavoro di notaio itinerante, svolto all’inizio nel castello di provenienza e nei dintorni e, con il prosieguo della vita, nella città e nel territorio fiorentino. Almeno dagli anni Sessanta del Trecento, comunque, Naddo era stabilmente integrato nella società fiorentina, come indica in particolare il suo cursus honorum.
Nel suo campo dovevano essergli riconosciute competenza e affidabilità, se tra il 1363 e il 1365, e nuovamente nel 1376, fu chiamato a svolgere la delicata funzione di coadiutore del notaio delle Riformagioni, ovvero dell'ufficiale incaricato di redigere gli strumenti pubblici e le leggi del Comune di Firenze. Analoga fiducia riscuoteva anche all’interno dell’arte del cambio, di cui fu notaio a più riprese tra il 1365 e il 1392. Di nuovo nell’ambito del Comune, fu coadiutore dello scriba degli Ufficiali del Monte nel 1379 e notaio dell’entrata della Camera nel 1390. In questo torno di anni, esattamente nel 1381 e nel 1391, fu selezionato insieme col fratello ser Iacopo come abile a esercitare gli uffici delle arti maggiori e dei notai per il quartiere di S. Giovanni e il gonfalone del Vaio, dove abitavano entrambi. Nel 1385 fu al servizio del Comune di Massa in Valdinievole (oggi Massa e Cozzile) come ambasciatore per sostenerne le ragioni, in merito a una questione territoriale, dinanzi alla Signoria, il governo fiorentino. Nel 1396 divenne poi notaio della Signoria.
Ebbe almeno tre figli: Stefano, Paolo e Nepo, avuti, almeno i primi due, dalla moglie Niccolosa, nata intorno al 1359. Stefano, giudice e notaio, nato intorno al 1378, fu professionalmente attivo sin dal 1392, allorché il padre gli affidò la confezione di un rogito in sua vece. Ricoprì la carica di notaio e ufficiale del Comune castellano di Montecatini. In un anno imprecisato, ma posteriore alla morte sia del padre sia dello zio ser Iacopo, dai libri di quest’ultimo fece esemplare un atto risalente al 1387. La sua presenza nei ruoli del Comune di Firenze è testimoniata dagli incarichi di sostituto del notaio dell’Entrata della Camera nel 1398, e di notaio della Signoria nel 1413 e nel 1429. Paolo, nato intorno al 1385, non scelse il diritto come campo di elezione e preferì piuttosto immatricolarsi nel 1426 nell’arte del cambio, di cui divenne console nel 1436. Evidentemente seguì la tradizione familiare, divenendo notaio, anche il terzo figlio Nepo, ma di lui si sa soltanto che probabilmente era già morto nel 1427 (poiché non compare nel catasto di quell’anno), e certamente lo era nel 1433, allorché fu dichiarato ufficialmente deceduto.
Naddo fu autore di un diario, edito per la prima volta in Croniche fiorentine di ser Naddo da Montecatini e del cavaliere Iacopo Salviati a cura di Ildefonso di San Luigi (1784). Nel proemio alla sua edizione padre Ildefonso riportò la testimonianza di Cinelli Calvoli secondo la quale alla sua epoca, ovvero nella seconda metà del Seicento, il manoscritto autografo del diario era posseduto dall’erudito e antiquario fiorentino Cosimo Della Rena. A distanza di un secolo l’autografo era scomparso, forse perduto nell’archivio segreto del granduca di Toscana, o forse in quello di un altro principe di casa Medici, tant’è che l’editore per la pubblicazione dovette avvalersi di una copia (d’ora in avanti: A), che aveva il pregio di essere stata tratta direttamente dall’originale e datata al 1688, copia che che nel 1784 era in possesso dell’abate Giovanni Battista Tondini. All’epoca circolavano svariate copie del diario di ser Naddo, tutte di età moderna. Oltre a quella sulla quale condusse la sua edizione, Ildefonso ne censì almeno altre quattro: una prima contenuta in un codice composito insieme con la Cronaca di Dino Compagni, forse ordinata dal cavaliere Luigi Medici a uso del principe Ferdinando Medici (1663-1713); una seconda ai suoi tempi posseduta dal senatore Francesco di Orazio Della Rena; una terza ai suoi tempi posseduta dal marchese Gabriele Riccardi; una quarta (d’ora in avanti: B) proprietà della famiglia Bargiacchi. La copia B è con ogni probabilità identificabile con il manoscritto II. II. 161 della Biblioteca nazionale di Firenze, mentre risultano irreperibili le altre citate. Sono stati però identificati altri due manoscritti del diario di Naddo, sempre di età moderna e non identificabili con le copie censite da Ildefonso: il manoscritto II.V.150, sempre della Biblioteca nazionale di Firenze, e il manoscritto Moreni, 200.II, vol. II, della Biblioteca Moreniana di Firenze. Rimane dubbio se A contenesse, e di conseguenza l’edizione a stampa contenga, il testo integrale del manoscritto autografo di Naddo. Ildefonso osservava che l’opera, «scritta da lui a foggia di Diario per entro ad un giornaletto di suoi ricordi domestici, da’ quali separata per altri, ebbe il titolo di Memorie Istoriche» (1784, p. I). E in effetti il copista vi aveva apposto il titolo «Memorie storiche cavate da un libro di ricordi», libro di ricordi che nella sottoscrizione finale ancora aveva definito come «Giornaletto di Conti». L’ultimo testimone oculare conosciuto del manoscritto, insomma, lo descrisse con caratteristiche più consone al genere letterario dei libri di famiglia, o delle ricordanze, che non alla diaristica, caratteristiche che non rispecchiano affatto il contenuto del testo edito da Ildefonso, nel quale mancano del tutto note assimilabili a ricordi personali o addirittura riconducibili a una contabilità. Se ne dovrebbe inferire un’avvenuta selezione della materia, ma di ciò non v’è certezza. Ciò nonostante, la lettura del pubblicato suscita qualche perplessità.
Il diario prende avvio nel 1374, ma per questo anno contiene esclusivamente l’indicazione dei giorni del Natale e della Pasqua, l’annotazione del tempo atmosferico nelle prime due settimane di gennaio, e l’andamento del raccolto del grano, della vendemmia e della spremitura dell’olio. L’interesse per la produzione agricola locale è costante anno per anno e dimostra il profondo legame di Naddo con la cultura contadina. Le stesse notizie meteorologiche (fornite comunque in modo sporadico), sono riconducibili alla credenza popolare secondo cui sarebbe possibile pronosticare le condizioni climatiche di tutte le stagioni dell’anno basandosi su di un periodo campione, come afferma, seppure in forma dubitativa, lo stesso Naddo. Soltanto dalla fine del 1375, inizia il racconto delle operazioni militari pianificate dal cardinale Egidio Albornoz per la riconquista dei territori della Chiesa e l’enumerazione delle ambascerie fiorentine impegnate nelle conseguenti manovre diplomatiche. La prima informazione relativa alla politica interna di Firenze data addirittura al 1378. Si tratta di un inizio quantomeno insolito per una narrazione che per il rimanente si dimostra totalmente incentrata su Firenze e sulle sue vicende interne lungo quasi un ventennio. Vi si aggiunga poi una lacuna nella cronologia, tra il 1393 e il 1396, che l’editore volle colmare facendo ricorso ad altre fonti storiche. Allo stesso modo orresse alcuni errori e piccole mancanze – quali nomi, date, avvenimenti specifici o dettagli generici – tipici della tradizione manoscritta.
Quale che sia la forma in cui ci è giunto, il diario rappresenta un’interessante testimonianza della società fiorentina nell’ultimo quarto del Trecento e in particolare appartiene al novero delle preziose descrizioni del tumulto dei ciompi e dei suoi protagonisti, avendo inoltre il pregio dell’abbondanza di particolari, mentre, a dire il vero, non gli si possono riconoscere qualità letterarie, né valore storico speciale. La prosa resta molto distante da quella delle migliori cronache toscane e difettano completamente qualsivoglia riflessione o approfondimento sui fatti narrati. In effetti Naddo non si produce mai in commenti articolati o valutazioni complessive, limitando i suoi interventi a poche lamentazioni di ordine morale e a qualche caustico inciso contro i nemici di Firenze, indicati genericamente nei ghibellini e particolarmente nell'odiatissimo Gian Galeazzo Visconti. Posizioni e idee comuni a tutto il ceto dirigente fiorentino del tempo e che legittimano il giudizio formulato dal Ildefonso su Naddo come di: «un uomo al tutto nemico dell’ozio, ed amante, ma senza passione, della patria; ingenuo poi principalmente, e modesto per ciò che spetta la sua persona, e de’ suoi» (1784, p. VIII). Se poi Naddo fosse identificabile con il coevo e omonimo ser Naddo, frequentatore con altri fiorentini di recente immigrazione di piazza S. Apollinare e deuteragonista di una delle novelle di Franco Sacchetti, gli si potrebbe attribuire anche una certa intelligente malizia tutta toscana.
L’ultima annotazione di Naddo nel diario riguarda avvenimenti del maggio 1398. Non abbiamo sue notizie dopo questa data. Morì, presumibilmente a Firenze, tra il 21 giugno e il 2 ottobre 1398, come si deduce da due attestazioni che riguardano il figlio ser Stefano e delle quali la prima potrebbe indicare che forse Naddo era ancora vivo, mentre la seconda che era certamente già morto.
Fonti e Bibl.: Firenze, Archivio di Stato, Catasto, 81, c. 151r; Diplomatico, Acquisto Franceschini,15 ott. 1392; Diplomatico, Acquisto Marchi, 9 gen. 1380, 25 ag. 1382, 6 ag. 1390, 1°, 5 e 29 mar. 1391; Diplomatico, Acquisto Pini, 30 giu. 1378; Diplomatico, Acquisto Polverini, 21‑29 nov. 1387; Diplomatico, Archivio generale dei Contratti, 18 mar. 1364; Diplomatico, Arte del Cambio, 1° maggio 1365, 23 ag. 1391; Diplomatico, Arte di Calimala, 2 ott. 1398; Diplomatico, Camera Fiscale, 28 nov. 1352; Diplomatico, Firenze, S. Maria degli Angioli, 14 giu. 1389; Diplomatico, Firenze, S. Maria della Badia, 29 dic. 1389; Diplomatico, Monte Comune, 14 nov. 1363, 11 sett. 1364, 15 ott. 1364; Diplomatico, Patrimonio Ecclesiastico, 6 mag. 1379; Diplomatico, Riformagioni, 20 lug. 1332, 11 febbr. 1364, 9 e 17 sett. 1364, 22 giu. 1376, 30 ag. 1376, 15 apr. 1384, 4 e 21 giugno 1398; Manoscritti, 542, c. n. n.; 545, c. 1015; Mercanzia, 84, c. 76v; Notarile Antecosimiano, 14750-14757 (protocolli di Naddo); Podestà, 3147, c. 35r; Tratte, 601, c. 137r; Firenze, Biblioteca nazionale, II.II.161; II.V.150; Ibid., Biblioteca Moreniana, Moreni, 200.II, vol. II; Croniche fiorentine di ser N. da M. e del cavaliere Iacopo Salviati, in Delizie degli Eruditi Toscani, a cura di Ildefonso di San Luigi, XVIII, Firenze 1784, pp. 1-174; F. Sacchetti, Il Trecentonovelle, a cura di A. Lanza, Firenze, 1984, pp. 113-115; E. Repetti, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, III, Firenze 1839, pp. 108-114, 351-363; D. Marzi, La cancelleria della repubblica fiorentina, Rocca San Casciano, 1910, I, pp. 88 s.; II, pp. 494, 496 e 498; Repertorium fontium Medii Aevi, VIII, 1998, p. 106.