MORETTI, Nanni (propr. Giovanni)
Regista e produttore cinematografico, nato a Brunico il 19 agosto 1953. Partendo dalla completa indipendenza e ‘autarchia’, M. è diventato una delle più forti personalità di attore-regista del nostro cinema. La sua tensione etico-politica, l’intransigenza nel tratteggiare i vizi e i tic del presente, la sua lucidità nel riflettere sulle responsabilità di un regista nel fare cinema e nel raccontare la società che muta, la sua abilità performativa non priva di autoironia e, non ultimo, un senso sgomento degli aspetti grotteschi del potere lo hanno reso protagonista non solo del nostro cinema, ma anche testimone impegnato nella vita civile del nostro Paese.
La continua contraddizione tra pubblico e privato, ossessione morettiana, e il disagio di fronte alla macchina spersonalizzante del potere, ai dispositivi protervi che obnubilano le coscienze, vengono da M. focalizzati nei film dei primi anni Duemila. La stanza del figlio (2001), Palma d’oro al Festival di Cannes e David di Donatello, mette sotto vetro un microcosmo familiare spezzato dall’improvvisa e ingiusta scomparsa accidentale di un figlio giovanissimo: si sgretolano le relazioni, riemerge un rimosso inquietante e, soprattutto, vengono riflessi la distanza generazionale e il cinismo del nostro tempo di fronte alla condizione enigmatica dei giovani. Con Il caimano (2006) M. ha realizzato una sua idea che si è fatta sempre più urgente e insieme una scommessa: poter raccontare il fenomeno berlusconiano, lo stato di ipnosi collettiva dell’Italia, la corruzione ormai metabolizzata nel sistema, il potere economico che calpesta ogni legalità e senso civile. Lo ha fatto nel suo stile, scegliendo di raccontare la possibilità-impossibilità stessa di fare un film su Silvio Berlusconi e facendogli indossare una trafila di maschere grottesche e inquietanti, fino a incarnare lui stesso, in un apocalittico e profetico finale, il ghigno del ‘caimano’. Il discorso sulla necessità quasi connaturata nel potere di indossare maschere e di nascondere dietro un apparato di finzione il proprio vuoto è al centro di Habemus Papam (2011) in cui M. mette in scena un immaginario pontefice (un tenero e disarmato Michel Piccoli) che si sente inadeguato e si sottrae all’investitura fuggendo dal Vaticano e rifugiandosi in un teatro per realizzare la sua vera vocazione: fare l’attore. Il film (profetico nell’immaginare l’abdicazione di un papa) è capace di raccontare questo paradosso: non poter ‘fingere’ la recita del potere, ma trovarsi a proprio agio nella finzione del teatro, unica verità possibile in un mondo che si arroga di possedere la verità.
L’attività non secondaria di M. come produttore della Sacher Film ed esercente del cinema Sacher è proseguita negli anni Duemila, producendo l’esordio di Valia Santella Te lo leggo negli occhi (2004), anche se nel 2007 si è separato dal socio storico Angelo Barbagallo. Come attore inoltre M. ha interpretato Caos calmo (2008) di Antonello Grimaldi dal romanzo di Sandro Veronesi.
Nel 2015 è uscito Mia madre, storia dell’elaborazione di un lutto (che trae ispirazione dalla scomparsa della madre di M.), in cui ancora una volta si coniuga pubblico e privato e riflessione sul cinema, nelle vicende di una regista (interpretata da Margherita Buy), alter ego di M., che sta girando un film politico sull’Italia e che nella malattia, e poi nella morte, della madre (una straordinaria Giulia Lazzarini), come nel difficile rapporto con la figlia adolescente, rispecchia la sua memo ria e il suo smarrimento esistenziale.