NANO (gr. νάννος o νᾶνος; lat. pumilus, pumilio e nanus; fr. nain; sp. enano; ted. Zwerg; ingl. dwarf)
Nella mitologia germanica i nani sono esseri di natura demoniaca, affini agli Elfi con cui hanno comune l'origine e molti caratteri e coi quali vengono sovente confusi. Mentre i giganti rappresentano la forza bruta e la violenza cieca degli elementi, nei nani si personificano l'intelligenza, la scaltrezza, l'abilità ingegnosa, la benefica virtù del suolo terrestre. La loro denominazione, comune a tutte le lingue germaniche (antico alto tedesco twerg, medio tedesco getwerc, anglosassone dweorh, antico nordico dwergr, ecc.), benché di oscura etimologia, è certo d'origine germanica.
Immaginati quasi sempre come deformi, grandi come un bambino di tre o quattro anni, o anche meno, ma vecchi con la barba grigia, di testa grossa e gobbi, intelligenti e scaltri, si riteneva che abitassero nel grembo delle montagne, in dimore sontuosamente addobbate e che esercitassero principalmente l'arte di scavare i metalli e le pietre preziose. Perciò si rappresentavano talora vestiti da minatori con la lanterna e il mazzapicchio, si credeva che temessero la luce del giorno e che fossero pietrificati dai raggi del sole e s'immaginavano spesso come possessori e custodi di tesori: il più celebre fra questi motivi (per lo sviluppo che ebbe nell'epica nazionale germanica) è quello del tesoro del re dei nani, Nibelungo.
Erano pure ritenuti abilissimi fabbri di armi e gioielli: così, nel mito nordico, la preziosa collana di Frigg, la lancia e l'anello di Odino, il martello di Thor, il vascello e il cinghiale di Freyr, la chioma d'oro di Sif, del pari che le migliori armi della leggenda eroica tedesca, sono opera dei nani, i quali, per la loro sapienza, sono spesso scelti quali maestri di giovani eroi, come Regin della Thidreksaga.
Hanno sovente poteri soprannaturali; per mezzo di un cappuccio magico, la Tarnkappe, possono rendersi invisibili: chi toglie la Tarnkappe a un nano ottiene egli stesso il dono dell'invisibilità, come nel mito nibelungico Sigfrido, che l'ha rapita al re dei nani Alberico. I loro rapporti con gli uomini sono quegli stessi degli Elfi, e benefica è in generale la loro azione sulle vicende della vita umana.
I nani, come i giganti, sono figurazioni antichissime. Nella prima canzone eddica (Völuspa, 9-10) se ne descrive la creazione dopo quella dei giganti e degli dei, ma prima degli uomini. Essi hanno parte importantissima in molte leggende della poesia popolare germanica e costituiscono i personaggi principali di canzoni e poemi epici, dalla nordica Alvismól al tirolese Laurin (v.), e di infiniti sviluppi fiabeschi fino al tardo Medioevo. Nella leggenda popolare cristiana furono messi in relazione con gli angeli neutrali. B.V.
Alla grande importanza che i nani hanno avuto nella mitologia, nella leggenda e nella letteratura germanica, fa riscontro la quasi assoluta mancanza di simili personaggi nella letteratura classica. Si è pensato da qualcuno che nani (alti quanto un dito) fossero i Dattili Idei, anch'essi raffigurati come scavatori e lavoratori dei metalli, o i Trachini marini, che sono stati messi a confronto con il francese h tin, in cui sopravvive il nome di Nettuno. Ma non sembra che il mondo classico favoleggiasse molto intorno ai nani, se si eccettua tutto ciò che la letteratura e le arti figurative ci dicono intorno ai pigmei (v.).
Ma accanto a questi esseri mitici e leggendarî le credenze e gli usi dei popoli hanno sempre fatto un posto particolare anche agli uomini nani (per il fenomeno biologico del nanismo, v. questa voce), in ogni tempo ricercati come esseri propizî, allevati con cura; nelle corti antiche formano il trastullo dei sovrani e dei grandi personaggi. Spesso i bambini erano rinchiusi in casse speciali (γλωττόκομα) perché crescessero sproporzionati e potessero così essere venduti a caro prezzo. In Roma erano ricercati soprattutto dalle matrone che seguendo un uso venuto dalla Grecia e dalla Ionia, li tenevano presso di sé come buffoni. Tiberio ne ammise uno alla sua mensa, accordandogli libertà di parola; Domiziano ne raccolse un buon numero per una schiera di gladiatori. Nel Medioevo e in seguito, questi minuscoli uomini compaiono di nuovo nelle corti, a sollazzo dei principi e delle dame. I primi Spagnoli che arrivarono al Messico, ne trovarono nel palazzo di Montezuma.
Il nano gobbo, per i suoi caratteri somatici, divenne il simbolo dell'uomo ridicolo, e sul cadere del '500 informa di sé un piccolo ciclo di racconti. La sua immagine, poi, figura tra gli amuleti quale portafortuna; e fortunato reputasi chi, incontrando un gobbo nano, abbia l'opportunità di toccargli la gobba senza che se ne accorga.
Bibl.: D. MacRitchie, Testimony of tradition, Londra 1890; id., Fians, fairies and picts, Londra 1893; id., Zwerge in Geschichte und Überlieferung, in Globus, 1902, fasc. 7; G. Leopardi, Saggio sopra gli errori popolari degli antichi, Firenze 1859; J. Geoffroy-Saint-Hilaire, Hist. génér. et particulière des anomalies de l'organisat. chez l'homme et les animaux, Bruxelles 1832.