Nanotecnologie
Il termine nanotecnologia indica un approccio multidisciplinare alla realizzazione di materiali, dispositivi e sistemi nei quali almeno una delle tre dimensioni caratteristiche dei loro componenti è misurata sulla scala dei nanometri (nm), ossia della miliardesima parte del metro: 1 nm = 10−9m. La scala nanometrica caratterizza le dimensioni degli atomi (dal diametro dell’atomo di idrogeno, pari a ca. 0,106 nm, a quello dell’atomo di cesio, pari a 0,534 nm), delle molecole (dalla molecola dell’idrogeno H2, con il diametro maggiore di ca. 0,1 nm, alle proteine, estese tipicamente da 1 a 20 nm), le distanze tra gli atomi nella materia condensata ordinaria (per es., la distanza di 0,28 nm tra gli ioni sodio e cloro nel cloruro di sodio), fino ai più piccoli componenti della microelettronica in uso alla fine del XX sec. (dell’ordine di 100 nm). Le frazioni di nanometro del mondo atomico sono espresse in Ångstrom (Å), dove 1 Å = 0,1 nm = 10−10 m. I materiali le cui proprietà strutturali e funzionali dipendono da componenti con almeno una delle tre dimensioni su scala nanometrica si chiamano materiali nanostrutturati e tali componenti nanometrici sono noti come nanostrutture.
Le nanotecnologie hanno come presupposto il controllo e la manipolazione della materia sulla scala nanometrica e come obiettivo lo sfruttamento delle proprietà e dei fenomeni fisici e chimici che si ma-nifestano su tale scala. Molte tecnologie del passato, scoperte empiricamente, attualmente sono state,almeno in parte, comprese e ricondotte a strutture e meccanismi sulla scala nanometrica. Esempi storici sono: la ceramica, la metallurgia, la colorazione delle vetrate e, più recentemente, il processo fotografico, la catalisi eterogenea, le resine e i polimeri, le speciali mescole per i pneumatici e molti altri.
La fisica delle nanostrutture, come nuova e consapevole disciplina scientifica, è comunemente fatta risalire all’intuizione di Richard Feynman, il quale, in una celebre e visionaria conferenza tenuta nel dicembre 1959 al California Institute of Technology, preconizzò la possibilità di controllare la materia e realizzare dispositivi su scala atomica, anticipando un ampio spettro di campi di ricerca scientifica e di applicazione tecnica che oggi appaiono già ben consolidati. Fra questi, i metodi di fabbricazione basati su fasci di elettroni o di atomi, l’epitassia da fasci molecolari, la litografia nanometrica, la microscopia elettronica, la manipolazione atomo per atomo, l’elettronica basata sul trasporto quantico e di spin (detta spintronica), fino ai sistemi micro- e nano-elettromeccanici, detti MEMS (Micro-electromechanical systems) e NEMS (Nano-electromechanical systems).
Il primo passo decisivo in questa direzione è stato compiuto nel 1969 da Leo Esaki con la prima realizzazione di un superreticolo, costituito da una sequenza di strati nanometrici di materiali semiconduttori diversi, impresa che ha aperto la strada alla nanoelettronica. Molti laboratori e singoli scienziati si sono presto avviati sulle strade aperte dalle intuizioni di Feynman e dal lavoro sperimentale di Esaki. A partire dal 1977, Eric Drexler, al Massachusetts Institute of Technology, ha posto le basi sperimentali e computazionali su cui si sono sviluppate, concettualmente e operativamente, molte nanotecnologie. Già nel 1991, John Armstrong, ex direttore scientifico dell’IBM, presso i cui laboratori Esaki ha svolto la sua fondamentale ricerca, poteva osservare che la nanoscienza e le nanotecnologie sarebbero state centrali nel successivo stadio dell’era dell’informazione, e sarebbero state tanto rivoluzionarie quanto la scienza e la tecnologia sulla scala del micron lo sono state dagli anni Settanta in poi.
L’elettronica è il settore applicativo e industriale che più di ogni altro ha determinato lo sviluppo delle nanotecnologie e il progresso di quei settori della fisica dai quali dipende la comprensione fondamentale dei processi sulla scala nanometrica. La necessità di comprimere un numero sempre più grande di componenti elettronici in un volume sempre più piccolo non è dovuta solo all’esigenza primaria di trasportabilità e maneggevolezza dei dispositivi, ma anche, e soprattutto, all’esigenza di velocità di calcolo. Poiché i segnali elettromagnetici si propagano con una velocità finita, pari a circa 3×108 m/s nel vuoto, in un miliardesimo di secondo, pari a 1 nanosecondo (ns), essi percorrono soltanto 30 cm. È quindi necessario che l’unità centrale o CPU (Central processing unit) di un calcolatore capace di compiere 1 miliardo di operazioni a virgola mobile al secondo (1 G-flop, dove G sta per giga, ossia per 109, e flop sta per floating-point operation) abbia dimensioni minori della suddetta lunghezza, affinché solo una parte trascurabile del tempo di calcolo sia speso per la mera trasmissione dei segnali da un componente all’altro. Essendo, poi, il numero dei componenti elettronici compresi in tale spazio dell’ordine dei milioni, la rispettiva dimensione deve scendere verso la scala del micrometro (1μm=10−6 m). L’elettronica su questa scala è comunemente detta microelettronica e deve il suo sviluppo all’invenzione del transistore (1947) e dei circuiti integrati, nei quali i componenti elementari (transistori, diodi, resistenze, capacità ecc.) e le relative interconnessioni sono realizzati su una singola piastrina (chip) di materiale semiconduttore. La scala di integrazione, definita dal numero di elementi circuitali attivi per unità di area, è cresciuta – nell’arco degli ultimi decenni – da 103 elementi/cm2 (fine degli anni Sessanta) agli attuali quasi 109 elementi/cm2, secondo una legge rigorosamente esponenziale, nota come legge di Moore (fig. 2, ordinata a sinistra). Il livello di integrazione raggiunto all’inizio del XXI sec. è entrato nel dominio nanometrico, essendo la dimensione dei più piccoli elementi circuitali impiegati all’inizio del XXI sec. largamente inferiore ai 100 nm.
Le cinque decadi che vanno dalla scala millimetrica a quella di 100 nm contraddistinguono i livelli di integrazione detti di scala piccola o SSI (Small-scale integrated), media o MSI (Medium-scale integrated), grande o LSI (Large-scale integrated), grandissima o VLSI (Very large-scale integrated) e ultragrande o ULSI (Ultra large-scale integrated). L’integrazione dei componenti, segue egualmente una crescita esponenziale (fig. 2, ordinata a destra), dapprima lenta con i moduli multichip, poi molto rapida a partire dal 2004 con l’avvento delle nanotecnologie SIP (System-in-package) e SOP (System-on-package).
Il passaggio dell’elettronica dalla scala micrometrica a quella nanometrica non si risolve, tuttavia, in una mera riduzione delle scale di lunghezza e di tempo nelle quali avvengono i medesimi processi fisici. Scendendo verso la scala atomica la fisica dei processi di trasporto degli elettroni nei semiconduttori cambia in modo radicale, essenzialmente perché i componenti e le interconnessioni diventano più brevi di due lunghezze caratteristiche: (a) della lunghezza di cammino medio degli elettroni, cosicché una corrente elettronica su tale breve distanza può avvenire senza collisioni e il regime di trasporto, ordinariamente dissipativo di tipo ohmico, diviene balistico; (b) della lunghezza d’onda di de Broglie degli elettroni, cosicché si manifestano gli effetti specifici della meccanica quantistica, per esempio la discretizzazione dei livelli energetici. Un altro effetto quantistico particolarmente importante è l’effetto tunnel, per il quale ha probabilità finita il processo, classicamente impossibile, in cui un elettrone attraversi una barriera di potenziale più alta della sua energia cinetica e di spessore nanometrico. Barriere di questo spessore erano già state realizzate e studiate da Esaki nel 1958, un anno prima della profezia di Feynman, in giunzioni tra semiconduttori pesantemente drogati e avevano condotto alla scoperta del diodo a tunnel (noto anche come diodo Esaki), e quindi ai diodi a tunnel risonante, basati su sequenze di nanostrutture artificiali ottenute per epitassia molecolare.
La tecnologia delle nanostrutture bidimensionali, inaugurata da Esaki, ha portato, fra l’altro, alla scoperta nel 1980 dell’effetto Hall quantistico da parte di Klaus von Klitzing. Tale scoperta ha valore fondamentale in fisica e in metrologia, avendo dato luogo a un grande sviluppo della fisica del gas elettronico bidimensionale e dei sistemi fortemente correlati e a una determinazione molto precisa della costante di struttura fine. Per queste ricerche nel 1985 venne attribuito il premio Nobel per la fisica a Klitzing e nel 1998 a Robert B. Laughlin, Horst L. Störmer e Daniel C. Tsui.
Nelle nanostrutture zero-dimensionali come i cluster atomici, i nanocristalli e i cosiddetti punti quantici, i livelli energetici discreti si spostano apprezzabilmente con l’aggiunta o la sottrazione di una singola carica elettronica, per cui il tunnel si blocca dopo il passaggio di un singolo elettrone (bloccaggio coulombiano). Ciò rende possibile controllare il trasporto di singoli portatori di carica. Le condizioni sopra descritte di trasporto quantistico e privo di collisioni, realizzate grazie all’avvento delle nanotecnologie, non solo rivestono grande importanza per la fisica fondamentale ma sono destinate a produrre una rivoluzione concettuale nel settore dell’elettronica e la fine della legge di Moore nella sua formulazione corrente.
Un’altra lunghezza caratteristica, che discrimina tra micro- e nanofisica, è la lunghezza d’onda delle onde elettromagnetiche alle frequenze ottiche, corrispondenti a tipiche energie elettroniche dell’ordine dell’elettronvolt (1eV). Quest’ultimo fatto riguarda non solo le applicazioni optoelettroniche, dove avvengono conversioni dirette tra correnti elettriche e segnali elettromagnetici (fotoni), ma anche i fondamentali problemi tecnici dell’osservazione microscopica, della fabbricazione e manipolazione controllata delle nanostrutture. L’osservazione e la manipolazione della materia sulla scala atomica sono state rese possibili, negli ultimi due decenni del XX sec., grazie all’invenzione del microscopio elettronico a tunnel o STM (Scanning tunneling microscope) e alla grande risoluzione raggiunta con il microscopio elettronico a trasmissione o TEM (Transmission electron microscope) e, più recentemente, allo sviluppo delle microscopie laser a scansione confocale o LSCM (Laser scanning confocal microscopy) e ottica a scansione di campo vicino o NSOM (Near-field scanning optical microscopy) che consentono di visualizzare oggetti assai più piccoli della lunghezza d’onda della luce impiegata. Riguardo alla fabbricazione di dispositivi elettronici più piccoli della lunghezza d’onda della luce visibile, sono decisivi i progressi nel campo della litografia con raggi X, legata allo sviluppo di sorgenti di luce di sincrotrone, e della crescita epitassiale di film sottili mediante svariate tecniche di deposizione atomo per atomo.
La litografia e la crescita epitassiale esemplificano due opposte procedure di fabbricazione delle nanostrutture, dall’alto al basso e dal basso all’alto (fig. 3, rispettivamente top-down e bottom-up). Mentre con le procedure top-down le strutture ottenute preservano le qualità chimico-fisiche dei solidi di partenza, fatti salvi i fenomeni sopra citati che insorgono al di sotto di certe dimensioni, con le procedure bottom-up è possibile realizzare una gamma pressoché infinita di materiali nanostrutturati, gran parte dei quali inesistenti in natura, con proprietà inusuali e comunque diverse da quelle dei materiali cristallini ordinari di uguale composizione chimica. In generale, i piccoli aggregati atomici o molecolari (cluster), costituiti da un numero di atomi o di molecole che va da 2 a poche migliaia, si formano secondo strutture che possono essere molto diverse da quelle dei rispettivi solidi, e quindi le loro proprietà sono in generale diverse. Piccoli cluster di oro, per esempio, presentano attività catalitica laddove il materiale cristallino è notoriamente inerte; i cluster di silicio possono essere luminescenti mentre il silicio cristallino non lo è. Pertanto una delle idee-guida delle procedure bottom-up è l’utilizzo di cluster preformati quali mattoni per la costruzione di materiali nanostrutturati in modo tale che certe proprietà tipiche dei cluster siano preservate su scala macroscopica nel materiale finale. In tal modo è possibile, almeno in linea di principio, realizzare materiali con proprietà volute e alte prestazioni attraverso la scelta e il controllo dei loro costituenti nanometrici. Störmer ha osservato che la nanotecnologia ha fornito gli strumenti per giocare con i più elementari ingredienti della materia ordinaria: gli atomi e le molecole. La combinazione dei metodi e strumenti top-down con processi di autoassemblaggio sulla scala atomica fornisce un’impressionante serie di nuove opportunità di saldare pezzi di chimica e di biologia a strutture artificiali fatte dall’uomo. Le possibilità di creare nuovi oggetti appaiono pertanto illimitate.
Le procedure di fabbricazione dei materiali e dei sistemi nanostrutturati dipendono dalla natura degli oggetti elementari di dimensione nanometrica che li compongono e, pertanto, le nanostrutture possono essere classificate sulla base dei rispettivi componenti elementari descritti qui di seguito.
Atomi, molecole inorganiche, composti metallorganici. - Le prime nanostrutture artificiali, realizzate negli ultimi decenni del Novecento a partire dal diodo a tunnel, hanno geometria planare. Esse vengono cresciute sopra una superficie perfettamente regolare di un substrato solido in forma di singoli film ultrasottili, di pozzi quantici o di multistrati costituiti da materiali diversi caratterizzati da composizione e spessori costanti e perfettamente controllabili su scala atomica. Le tecniche di deposizione, raggruppate sotto il nome generale di epitassia, si basano sul trasporto nella regione di crescita di atomi oppure di molecole: (a) in fase vapore, siano essi liberi (adsorbimento diretto) o trasportati in fase vapore da composti chimici e rilasciati alla superficie mediante la deposizione chimica da fase vapore o CVD (Chemical vapor deposition); (b) in un getto generato dall’evaporazione controllata di un materiale (sputtering) o da un fascio, sub- o supersonico, di atomi o molecole emessi dall’ugello di una o più sorgenti temporalmente controllate: tecnica, questa, definita epitassia da fasci molecolari o MBE (Molecular beam epitaxy). La microelettronica e l’optoelettronica attuali e il grande numero di dispositivi a tecnologia planare, e più di recente a tecnologia 3D (tridimensionale), debbono il loro rapido progresso allo sviluppo delle tecniche di epitassia molecolare.
Molecole organiche, polimeri, dendrimeri, biomolecole. - L’estensione dell’epitassia molecolare alle molecole organiche ha grandemente allargato la disponibilità di ingredienti per le applicazioni nanotecnologiche. Negli anni Novanta vi è stato un grande progresso nella preparazione di oggetti organici adatti a essere assemblati in strutture di complessità crescente. Un contributo essenziale, a tale proposito, viene dalla chimica supramolecolare. La scoperta di polimeri con nuove forme topologiche, quali i dendrimeri, ha portato a una nuova classe di componenti nanometrici con rilevanti proprietà funzionali adatti a rivestimenti speciali, alla formazione di strati buffer biocompatibili ecc. Nanoparticelle composte da complessi tra lipidi (o polimeri) policationici e DNA sono state sperimentate con successo nel trasporto e nel rilascio di farmaci e di geni in vivo. Tra le complesse strutture che possono essere realizzate con l’infinito meccano messo a disposizione dalla chimica organica, vi sono strutture mesoscopiche periodiche in tre dimensioni dovute all’organizzazione spontanea (autoassemblaggio) di molecole organiche in soluzione. Tali strutture possono essere usate come stampi per la costruzione di architetture inorganiche tridimensionali, periodiche e altamente porose, con periodi sulla scala delle lunghezze d’onda della luce visibile (centinaia di nm), idonee a realizzare i cosiddetti reticoli ottici. Questi consentono di realizzare elementi di circuiti fotonici, nei quali le correnti elettroniche sono sostituite da segnali luminosi che possono essere guidati, intrappolati, amplificati o soppressi. Inoltre, la sintesi recente di molecole metallorganiche che incorporano atomi magnetici ha inaugurato il fertile campo del nanomagnetismo molecolare, con ampie prospettive per lo sviluppo di memorie magnetiche ultradense.
Cluster, nanocristalli, nanoaggregati e punti quantici. - Vi sono varie tecniche, dalla chimica delle sostanze colloidali ai getti supersonici, che consentono di preparare molti materiali inorganici correnti nella forma di piccoli agglomerati atomici, con dimensioni che variano da poche unità a diversi milioni di atomi e forme che possono variare dalla struttura amorfa, per poche unità di atomi (cluster), alla forma cristallina, per numeri di atomi sufficientemente grandi (nanocristalli). Le tecniche sopra citate consentono di realizzare oggetti nanometrici di dimensione praticamente costante e forma controllata. Le figg. 5 da sinistra, prima e seconda mostrano due tipici esempi: pixel di carbonio ottenuti per deposizione con maschera da fasci supersonici di cluster e nanocristalli perfettamente cubici di argento ottenuti per via chimica, rispettivamente. Questo consente, attualmente, di depositare punti quantici (detti anche atomi artificiali) su substrati e di costruire materiali nanostrutturati con struttura controllata e funzionalità definita, direttamente finalizzati a impieghi che ne sfruttano le particolari proprietà meccaniche e tribologiche, chimiche e/o elettromagnetiche. I punti quantici possono anche essere realizzati con tecniche litografiche a risoluzione nanometrica. La fig. 5 da sinistra, terza mostra una molecola artificiale, formata da due punti quantici e connessa a 10 elettrodi. Il sistema, consente di controllare il trasporto di singoli elettroni. Nanoaggregati amorfi e altamente porosi possono anche essere ottenuti per erosione chimica di materiale cristallino, con eventuale profonda modifica delle proprietà fisiche.
Fullereni, nanotubi e nanostrutture di carbonio. - Con l’identificazione da parte di Robert Curl, Harold Kroto e Richard Smalley dei cluster di carbonio a forma di gabbia chiusa con legami covalenti di tipo grafitico (sp2), inizialmente denominati buckminsterfullereni e quindi semplicemente fullereni, si è aperto un vasto campo di ricerca sulle nanostrutture di carbonio. Il fullerene più frequente negli ordinari processi di sintesi, e anche in natura, ha la formula C60 e forma una molecola costituita da 12 anelli pentagonali e 20 anelli esagonali (fig. 6 da sinistra, seconda). Successivamente, la ricerca sui fullereni ha portato alla scoperta e alla sintesi dei nanotubi di carbonio (fig. 6 da sinistra, terza), dalla struttura cilindrica di diametro nanometrico e di lunghezza anche di ordini di grandezza maggiore; dei fullereni e dei nanotubi concentrici (onions e nanotubi a parete multipla, rispettivamente); delle fulleriti di metalli alcalini, i cui solidi sono superconduttori a media temperatura critica; di molti composti e polimeri dei fullereni con interessanti proprietà ottiche, elettriche e magnetiche. Queste nuove forme di carbonio di tipo grafitico, note col termine generale di grafeni, si aggiungono alla grafite ordinaria (fig. 6 da sinistra, prima) e danno luogo a forme aggregate: si hanno così la fullerite pura (C60 solido), dove oggetti zero-dimensionali, quali i cluster C60, sono tenuti insieme in tutte le direzioni dello spazio da forze di van der Waals; i fasci di nanotubi, dove oggetti monodimensionali (i nanotubi) sono tenuti insieme da forze di van der Waals in due direzioni dello spazio, e la grafite stessa, dove oggetti bidimensionali (i piani grafitici) sono tenuti insieme da forze di van der Waals nella terza direzione dello spazio. Recentemente l’isolamento e la funzionalizzazione di singoli piani di grafite hanno ulteriormente esteso il vasto campo di applicazione dei grafeni. Sono stati anche ipotizzati grafeni tridimensionali in forma di superfici periodiche minimali (fig. 6 da sinistra, quarta) denominate schwarziti, in onore del matematico Karl Hermann Amandus Schwarz che le ha descritte alla fine del XIX secolo. Con il metodo della deposizione di cluster da fasci supersonici è stata di fatto sintetizzata una nuova forma di carbonio nanostrutturato riconducibile a una forma di schwarzite amorfa.
I nanotubi di carbonio sono chimicamente molto inerti e possiedono proprietà meccaniche straordinarie: per esempio, è stata più volte prospettata la possibilità di realizzare funi molto più resistenti delle funi d’acciaio mediante assemblaggio di nanotubi. Le ottime proprietà di trasporto dei nanotubi e l’elevata inerzia chimica hanno stimolato una vivacissima attività di ricerca in vista di applicazioni pratiche tra le quali gli elettrodi ad altissima superficie specifica per supercapacitori; gli emettitori di elettroni a effetto di campo per schermi ultrapiatti e sorgenti di raggi X; vettori di molecole di interesse biologico, elettrodi per caratterizzazioni elettrochimiche su scala nanometrica. Dal punto di vista del trasporto elettrico, i nanotubi di carbonio si comportano come semimetalli, simili alla grafite, oppure come semiconduttori, in dipendenza dell’orientazione degli anelli esagonali rispetto all’asse del nanotubo. Queste proprietà, congiunte con le possibilità di manipolazione nanometrica, aprono settori di applicazione molto promettenti: la nanoelettronica e l’elettronica molecolare. Il trasporto quantizzato di elettroni attraverso singoli nanotubi, nonché la realizzazione di giunzioni p-n e transistori mediante l’impiego di nanotubi sono stati dimostrati nei primi anni di questo secolo.
Nanotubi e nanofili di composti lamellari e metallici. - Molti altri composti capaci di formare solidi lamellari simili alla grafite possono egualmente bene formare nanotubi. Elettricamente i nanotubi poliatomici riflettono, in qualche modo, le proprietà dei composti lamellari di partenza e si possono avere tanto metalli che semiconduttori oppure isolanti. Pertanto lo spettro delle potenzialiapplicazioni tecnologiche basate sui nanotubi si è enormemente ampliato. Alla vasta schiera dei nanotubi siaggiungono i nanofili, di struttura cilindrica piena. Il trasporto di carica quantizzato può essere realizzato egualmente bene in nanofili metallici, ottenendo diametri pari a poche distanze interatomiche, cioè dell’ordine di 1 nm, con una struttura controllata a livello atomico. La crescita su un opportuno substrato di palizzate nanometriche di materiale elettroluminescente consente di realizzare una distribuzione regolare di LED (Light emitting diode) o di laser a semiconduttore separati da distanze micrometriche e quindi idonee a costituire una rete di pixel per schermi ultrapiatti.
I materiali nanostrutturati basati sull’assemblaggio di costituenti nanometrici sono caratterizzati da grandi aree di interfaccia, precisamente da grandi rapporti superficie/volume dell’ordine delle centinaia o migliaia di m2/g. Questa proprietà geometrica li rende ideali all’uso in materiali compositi, reazioni chimiche, catalisi eterogenea, adsorbimento/desorbimento, rilascio di farmaci, supercapacitori, stoccaggio di energia e numerose altre applicazioni. Cruciali, in queste applicazioni, così come per le nanostrutture destinate all’elettronica, sono le tecniche di assemblaggio e di ordinamento eventuale dei costituenti, che garantiscano le migliori proprietà strutturali e funzionali del prodotto. Si è osservato che l’organizzazione sistematica della materia su scala nanometrica è un aspetto chiave dei sistemi biologici, i quali sono in grado di realizzare strutture complesse attraverso processi di autoassemblaggio. L’autoassemblaggio di oggetti nanometrici in strutture utili dal punto di vista funzionale è stato osservato anche nei sistemi inorganici e organici non biologici, nei quali si realizza sotto opportune condizioni termodinamiche. In tempi recenti è stato dimostrato l’assemblaggio ordinato di nanocristalli di ZnS, per opera di virus batteriofagi geneticamente ingegnerizzati. È attivamente studiato anche l’utilizzo diretto di biomolecole (DNA, virus e batteri) per l’assemblaggio di nanostrutture. In alcune applicazioni in genetica e per scopi diagnostici, sono state realizzate deposizioni ordinate di DNA. Le proprietà programmabili di autoassemblaggio del DNA, eventualmente sostenuto da campi elettromagnetici, stanno anche aprendo molte possibilità per la fabbricazione di strutture mesoscopiche funzionali e per l’elettronica molecolare.
Le nanostrutture organiche autoassemblate, a loro volta, possono servire da stampi per la sintesi di materiali ultraporosi e di aerogel inorganici e nanocompositi per membrane e filtri molecolari, catalizzatori, matrici per la riparazione di tessuti, e molte altre applicazioni. I processi di autoreplicazione di strutture polimeriche, già note su scala micrometrica in diversi processi industriali, sono stati recentemente dimostrati anche su scala nanometrica. Gli organismi viventi costituiscono essi stessi la più complessa organizzazione della materia attualmente conosciuta, essendo strutturati sia sulla scala nanometrica (biomolecole), sia su quella micrometrica (cellule), millimetrica (tessuti) e metrica (organi). Obiettivo a lungo termine delle nanobiotecnologie bottom-up è la fabbricazione di dispositivi complessi caratterizzati da un’analoga organizzazione multiscala.
La manipolazione diretta degli atomi e delle molecole depositate sulla superficie di un substrato può essere compiuta con micro- e nanosonde a scansione, basate sul principio del microscopio elettronico a scansione e del microscopio a forza atomica inventati da Gerd Karl Binnig e Heinrich Rohrer. Con tale tecnica è possibile trasportare atomi e molecole lungo la superficie del substrato e realizzare allineamenti atomici, filamenti, recinti chiusi e altri pattern più complessi adatti a esperimenti di trasporto quantico e altre applicazioni in nanochimica e stoccaggio dell’informazione. La possibilità di realizzare strutture in numero ed estensione utili all’industria, almeno a livello di prototipo, richiede la robotizzazione della procedura.
Dal punto di vista della fisica teorica il procedimento bottom-up trae vantaggio dal grande progresso compiuto nelle ultime decadi del Novecento dalla meccanica quantistica dei sistemi a molti corpi, da un lato, e dallo sviluppo di supercomputer dall’altro, che insieme consentono di simulare l’evoluzione dinamica degli elettroni e degli atomi in sistemi relativamente estesi, tipicamente della dimensione dei cluster che compongono i materiali nanostrutturati. Pertanto le proprietà elementari dei componenti nanometrici sono in buona misura predicibili o quanto meno descrivibili da principî primi, mediante il calcolo quantistico. In questo modo è avvenuta la saldatura tra l’attività teorico-simulativa e la sperimentazione su sistemi reali, un tempo separati da scale di lunghezza e di tempo assai diverse. Peraltro, anche le simulazioni multiscala hanno compiuto progressi ragguardevoli in tempi recenti.
L’avvento dei supercomputer, sostenuto esso stesso dal grandioso sviluppo della microelettronica, consente di risolvere numericamente problemi quantistici relativi a sistemi con migliaia di atomi e problemi di dinamica molecolare classica con centinaia di milioni di atomi. In tal modo è possibile simulare teoricamente il comportamento di sistemi di dimensioni sempre più prossime a quelle delle nanostrutture di interesse tecnologico. La discesa verso il basso delle dimensioni degli oggetti di interesse tecnologico, da un lato, e la salita verso l’alto della potenza di calcolo, dall’altro, hanno di fatto chiuso il gap tra la scala della predicibilità teorica e quella dei sistemi reali. Inoltre, le moderne tecniche di simulazione numerica, in particolare la dinamica molecolare, sono state integrate da metodi di scalabilità temporale e spaziale (multiscalarità) che consentono di estrapolare risultati numerici su scala nanometrica e su tempi brevi (10−12÷10−10s) a sistemi reali, caratterizzati da scale di lunghezza più grandi e tempi più lunghi. Il metodo della metadinamica, introdotto da Michele Parrinello e collaboratori all’inizio del 2000, consente simulazioni quantistiche su scale di tempi macroscopiche.
Tanto le simulazioni quantistiche, che si basano sulla dinamica molecolare tight-binding oppure su metodi da principî primi (metodo Car-Parrinello, 1985) fondati sulla teoria del funzionale densità, che le simulazioni classiche, fondate su potenziali d’interazione fenomenologici, hanno raggiunto un alto livello di attendibilità e un elevato potere predittivo. Pertanto la possibilità di simulare le proprietà fisiche e chimiche di nanostrutture reali consente di accelerare fortemente il processo di progettazione e di prova di nuovi materiali nanostrutturati. Inoltre, la grande velocità di calcolo convenzionale o le reti neuronali artificiali e possibilmente la computazione quantistica, permetteranno di simulare e controllare le dinamiche conformazionali di macromolecole di interesse biotecnologico, di indirizzare la chimica combinatoria di sintesi di nuovi materiali, di controllare architetture complesse sulla scala mesoscopica e così via.
La simulazione dinamica dei processi di crescita può fornire protocolli e procedure ottimali per la realizzazione di nanostrutture con proprietà preventivamente stabilite, con consistente riduzione dei costi e dei tempi di progettazione e di produzione. Le simulazioni numeriche, naturalmente, possono affiancare il processo di ricerca e sviluppo di una nanotecnologia in tutti i suoi stadi e scale di integrazione, dalla sintesi e dalla caratterizzazione strutturale e funzionale dei componenti nanometrici, al funzionamento del prodotto finito. È importante notare la forte correlazione biunivoca tra lo sviluppo del supercalcolo e lo sviluppo delle nanotecnologie: le nanotecnologie, incluse quelle riguardanti l’elettronica e il supercalcolo, progrediscono più rapidamente grazie all’apporto delle simulazioni numeriche, mentre queste ultime diventano sempre più estese ed efficaci grazie allo sviluppo delle nanotecnologie.
I concetti e i campi di applicazione delle nanotecnologie emersi negli ultimi decenni esercitano una profonda influenza sia sulla ricerca fondamentale sia sulle tecnologie industriali, orientandole verso direzioni largamente imprevedibili. Tra i numerosi prodotti industriali basati sulle nanotecnologie attualmente disponibili vi sono: (a) i nuovi pneumatici particolarmente resistenti all’usura; (b) i farmaci costituiti da nanoparticelle per un rilascio efficiente e mirato; (c) i colori e i pigmenti per la stampa (che ne hanno grandemente migliorato la qualità e la stabilità); (d) i laser a semiconduttore e le testine per lettura/scrittura ad alta risoluzione e ad alta velocità su dischi ottici e magnetici. Attualmente esistono concrete previsioni di sviluppo e di applicazione industriale di numerose nuove nanotecnologie. La National nanotechnology initiative, promossa dal presidente degli Stati Uniti sulla base dei più autorevoli documenti scientifici disponibili e approvata dal Congresso americano nel novembre 2000, aveva previsto per il primo decennio di questo secolo un largo apporto delle nanotecnologie nei settori descritti qui di seguito.
Industrie automobilistiche e aeronautiche, esplorazione spaziale. - Materiali compositi rinforzati con nanoparticel-le per parti leggere; pneumatici rinforzati da nanoparticelle resistenti all’usura e riciclabili; vernici antipolvere; plastiche non infiammabili a basso costo; elettronica di controllo; rivestimenti e tessuti autoriparanti; veicolispaziali ultraleggeri; generazione e gestione economica dell’energia; sistemi robotici molto piccoli ed efficienti. Speciale menzione, inoltre, meritano: i nuovi rivestimenti protettivi con elevata resistenza alla corrosione e all’erosione, in sostituzione dei rivestimenti a base di cromo, assai dannosi per l’ambiente; gli strati sottili per il filtraggio ottico e le barriere termiche; i polimeri e i materiali compositi nanostrutturati.
Elettronica per le comunicazioni, sensoristica e sistemi elettromeccanici. - Sistemi di registrazione basati su nanostrutture quantiche; schermi ultrapiatti; tecnologie senza filo (tecnologie wireless); nuovi dispositivi e processi in tutti i settori tecnologici dell’informazione e comunicazione basati su capacità di stoccaggio dati e velocità di calcolo da 1000 a 1 milione di volte maggiore di quelle attuali. Sono stati compiuti passi fondamentali verso la realizzazione di sistemi elettronici e magnetici su scala nanometrica con varie funzioni. È stata dimostrata la possibilità di realizzare nanocircuiti autoassemblati e vi sono prospettive per la realizzazione di switch con singole molecole organiche e di memorie non volatili con una densità di bit maggiore di 1 milione di volte rispetto alle attuali DRAM (Dynamic random access memory). Un transistore a effetto di campo è stato realizzato mediante un nanotubo a parete singola nel ruolo del canale di connessione. È stata realizzata e commercializzata una testina magnetica di lettura basata sull’effetto della magnetoresistenza gigante, che si realizza in multistrati nanometrici di materiali magnetici e non magnetici alternati (Albert Fert e Peter Grünberg, premi Nobel per la fisica nel 2007). Sulla scala nanometrica si hanno facilmente fenomeni di tunnel degli elettroni che portano alla realizzazione di dispositivi a tunnel risonante, di sistemi di giunzioni Josephson con potenzialità nella computazione quantistica. Anche la spintronica, basata sul trasporto di elettroni a spin definito, ha prospettive di realizzazione sulla scala nanometrica. La discesa alla scala nanometrica consente di integrare in un singolo chip una serie di sensori e tutta l’elettronica corrispondente per un’analisi chimica completa dell’aria o dei liquidi e la rivelazione di agenti tossici o esplosivi. Così l’integrazione di funzioni elettroniche e meccaniche prelude alla realizzazione di nanorobot e dei già citati NEMS.
Prodotti chimici e materiali per l’energetica. - Nuovi tipi di batterie; fotosintesi artificiale per produzione di energia pulita; celle solari a buca quantica; stoccaggio sicuro dell’idrogeno per celle a combustibile; risparmio energetico dall’uso di materiali ultraleggeri; catalizzatori che aumentano l’efficienza energetica degli impianti chimici e l’efficienza di combustione dei veicoli a motore, riducendo globalmente le emissioni inquinanti. Importanti sono anche gli aerogel, consistenti in materiali spugnosi altamente porosi con una trama tridimensionale nanostrutturata, che promettono molto nel campo della catalisi e dell’accumulo di energia in virtù dell’enorme area superficiale. La conversione dell’energia solare in energia chimica, secondo un processo di fotosintesi artificiale, è stato dimostrato in una cella fotochimica di Graetzel costituita da un film di TiO2 nanostrutturato sul quale si adsorbono molecole di un colorante. Così i catodi di batterie a litio, i componenti delle celle a combustibile e il corrispettivo stoccaggio di idrogeno si valgono di materiali nanostrutturati con grandissima area superficiale, fra i quali i nanotubi e il carbonio nanostrutturato sopra menzionato. Infine, la sintesi a basso costo di zeoliti nanoporose ha portato a una vera rivoluzione nella catalisi dei processi petrolchimici, che consente – dall’inizio del 2000 – il ‘processo’ di oltre 7 miliardi di barili di petrolio e di altri prodotti chimici con fatturati di molte decine di miliardi di dollari all’anno.
Prodotti farmaceutici, tutela della salute e scienze della vita, biotecnologie e applicazioni biomediche. - Nuovi medicinali nanostrutturati; sistemi di rilascio di farmaci e materiale genetico mirati a specifici siti del corpo; protesi biocompatibili e sostitutivi di fluidi fisiologici; strumenti di autodiagnosi; sensori per test biologici su chip; materiali per la rigenerazione del tessuto osseo e altri tessuti. A questo settore vanno ascritti i numerosi nanosistemi e i dispositivi proposti per determinare la sequenza di singole molecole di DNA, destinati ad aprire grandi prospettive nella genomica su larga scala e nell’applicazione di nanostrutture inorganiche quali marcatori in biologia e in medicina. Le biomolecole hanno dimensioni e attributi che le rendono adatte a numerose applicazioni nanotecnologiche. Un aspetto particolarmente importante è l’ingegneria dei tessuti biologici, che ha l’obiettivo di usare le cellule e le loro molecole per la costruzione di sostituti a tessuti danneggiati o non funzionanti. Altre applicazioni sono l’impiego di nanocristalli semiconduttori come i marcatori biologici fluorescenti e dei chip di DNA sopra menzionati nella determinazione delle sequenze del genoma.
Industria manifatturiera. - Ingegneria di precisione basata su nuove generazioni di microscopi e di tecniche di misura su scala nanometrica; nuovi processi e strumenti per manipolare la materia a livello atomico; nanopolveri sinterizzate per materiali con specifiche proprietà, quali sensori per rivelare rotture incipienti e attuatori per autoriparazioni; lucidature chimico-meccaniche con na-noparticelle; autoassemblaggio di strutture da molecole; biostrutture e materiali biomimetici. Vi sono moltimateriali le cui proprietà dipendono dalla presenza di componenti finemente disperse. La realizzazione di dispersioni su scala nanometrica ha aumentato notevolmente il valore aggiunto di tali materiali. Ne sono esempi l’impiego di nanoparticelle di silice colloidale nella manifattura delle fibre ottiche attraverso processi sol-gel; i nanocompositi nei quali polimeri tradizionali sono rinforzati dalla dispersione di particelle nanometriche; le plastiche con nanoparticelle inorganiche a infiammabilità ritardata; i rivestimenti di superfici con nanoparticelle per diversi scopi quali l’aumento della resistenza all’usura e alla corrosione chimica; l’autolubrificazione; la formazione di barriere termiche; la modifica delle proprietà ottiche; la realizzazione di catalizzatori ad alta area specifica; le polveri nanometriche per la decontaminazione dell’aria da batteri tossici; le nanoparticelle per inchiostri e coloranti; i fluidi magnetici (ferrofluidi) realizzati mediante la dispersione di nanoparticelle ferromagnetiche in un liquido; fluidi magnetici smart per tenute a vuoto e lubrificanti. La dispersione di particelle nanometriche in fasi solide consente anche la fabbricazione di materiali strutturali ad alte prestazioni come acciai, leghe e materiali ceramici di grande durezza e superiori proprietà meccaniche; punte di trapano; lame di frese e strumenti da taglio ad altissima durezza e bassa fragilità; nuovi materiali ferromagnetici; bitumi particolarmente resistenti all’usura; cementi duttili; protesi mediche integrabili con i tessuti biologici.
Ambiente e sicurezza. - Le applicazioni riguardano le membrane selettive per il filtraggio di contaminanti e la dissalazione; le trappole nanostrutturate per la rimozione di inquinanti dagli efflussi industriali; la definizione dell’impatto ambientale delle nanostrutture; il mantenimento della sostenibilità industriale mediante significative riduzioni di materiali e di energia utilizzati; la riduzione delle fonti di inquinamento e l’aumento delle possibilità di riciclaggio. Nel campo della sicurezza sono importanti i rivelatori e i detossificatori di agenti chimici e biologici; i sistemi di sorveglianza miniaturizzati e lo sviluppo dell’elettronica corrispondente; i materiali mimetici, sostitutivi del plasma sanguigno; i materiali e i rivestimenti nanostrutturati ultrarobusti; i tessuti leggeri e autoriparanti.
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