NANTERMI
(Nanterni). – Famiglia di musicisti e compositori milanesi. Del capostipite, Filiberto, si ignora la data di nascita. Dai tardi anni Sessanta del Cinquecento fu attivo in S. Maria presso S. Celso, maestro di cappella dagli anni Ottanta al dicembre 1603; dal 1604 alla morte percepì un vitalizio mensile «per benemerito della sua longa servitù» (Riccucci, 1999, p. 310 n. 71). Tra il 1588 e il 1590 concertò (insieme col figlio Orazio e con Orfeo Vecchi, Giulio Cesare Gabussi e altri musici) i cori per la processione solenne del Venerdì santo.
Paolo Morigia (La nobiltà di Milano, 1595, p. 180), nell’elencare le proprie opere, menziona un «Libro intitolato l’Officio del glorioso nome di Giesù, con le sue Letanie e quella della Madonna […] messe in musica dal virtuoso M. Filiberto Nanterni». Nel 1604 il catalogo della libreria degli eredi di Filippo Giunta in Firenze mette in elenco un primo libro di madrigali a cinque di «Filiberto Lanterni», perduto (Mischiati, 1984, p. 119). Un suo madrigale a cinque voci su versi di Battista Guarini (Cor mio, deh non languire) è incluso nel Primo libro del nipote Michelangelo (Venezia 1609). Morì a Milano nel marzo 1605.
Anche Orazio – di lui, come del padre, s’ignora la data di nascita – fu attivo in S. Maria presso S. Celso tra il 1570 circa e il 1607: vi avrà cantato da fanciullo fra i soprani, per poi passare tra i tenori; divenne successivamente organista e in seguito, dapprima ufficiosamente insieme a Guglielmo Berti, indi regolarmente, maestro di cappella della stessa chiesa (Kendrick, 2002, p. 49), mansione per la quale tra il 1604 e il 1606 percepì uno stipendio annuo di 500 lire. Il 23 dicembre 1607 fu licenziato dal Capitolo assieme al figlio Michelangelo per malumori e litigi con l’organista Giovanni Paolo Cima e con altri membri della cappella (Riccucci, 1999, p. 299 n. 45); da quel momento non rivestì più posti di prestigio in città. Nel 1591-92 concertò con Orfeo Vecchi e altri musici i cori per la processione del Venerdì santo. Negli anni 1595, 1600-02 e 1610-16 fu ripetutamente reclutato per cantare da tenore in Duomo nelle festività maggiori (s. Carlo, Natività della Vergine), e negli anni 1611-12 fu ingaggiato per concertare uno dei cori in esecuzioni policorali (Toffetti, 2002, pp. 504, 528, 531-34). Negli anni 1602, 1606 e 1611 fu mobilitato anche in S. Ambrogio per le feste di s. Andrea, s. Ambrogio e dei ss. Gervaso e Protaso (Toffetti, 1998, p. 628).
Una sua raccolta di canzoni a quattro figura nella lista dei libri fatti stampare ovvero smerciati dagli eredi di Francesco e Simon Tini (1594-96; Mischiati, 1984, p. 108). È pervenuto solo il primo libro dei mottetti a cinque, ristampato a Milano da Agostino Tradate nel 1606: dell’opera resta unicamente la partitura – una particolarità editoriale, questa, che contraddistingue anche alcune altre raccolte milanesi coeve di mottetti – che reca sul frontespizio una dedica al teologo Gasparo Maspero datata Milano, 3 gennaio 1601. Coerentemente con gli orientamenti devozionali di S. Maria presso S. Celso, il libro include diversi mottetti su testi mariani (Kendrick, 2002, p. 52), mentre la tecnica contrappuntistica e l’andamento ritmico ricordano lo stile delle canzoni strumentali (Tibaldi, 2002, p. 40).
Almeno sette mottetti di Orazio furono inclusi in edizioni collettanee: Tu, gloria Ierusalem a due voci ed Exultate Deo a 4 voci nei Concerti de’ diversi eccell. auttori (Milano 1608), una raccolta di undici musicisti milanesi curata da Francesco Lucino, cantore in Duomo; un mottetto nel Parnassus musicus Ferdinandeus (Venezia 1615) promosso dal bergamasco Giovanni Battista Bonometti, cantore nella cappella di corte di Graz; e altri quattro tra i concerti a 2-5 voci dei Symbolae diversorum musicorum (Venezia 1620, rist. 1621) raccolta dal maestro di cappella pavese Lorenzo Calvi. Fra questi Quae est ista? a quattro voci – forse uno dei suoi ultimi lavori – è ormai lontano dallo stile imitativo dei primi mottetti e si presenta come una ghirlanda di frasi solistiche e duetti che culminano in brevi e intensi momenti d’insieme (Kendrick, 2002, p. 271). Il basso continuo del mottetto O Domine Jesu Christe figura inoltre in un manoscritto redatto a Roma dal mantovano Giovanni Amigone e datato 1613 (Bologna, Museo della Musica, Q.34, c. 76v; cfr. Dixon, 1993); e due madrigali compaiono nel primo libro del figlio Michelangelo. Nella Nobiltà di Milano Paolo Morigia (1595, p. 186) lo descrive come un «delicato musico, e intelligente e lodato», mentre Filippo Picinelli lo paragona all’omonimo poeta latino, definendolo «nelle cose musicali raro ed ammirato» (Ateneo dei letterati milanesi, 1670, p. 435).
Ignota la data di morte.
Michelangelo, figlio di Orazio, fu tenore in S. Maria presso S. Celso dal 1593 circa al dicembre 1607 (Riccucci, 1999, p. 311). Nel 1609 fu organista in S. Lorenzo Maggiore. Di lui è pervenuto solo Il primo libro di madrigali a cinque voci «col basso continuo per il clavicembalo, chittarone od altro simile istromento» (Venezia 1609).
La raccolta dispiega una varietà stilistica che si estende dai madrigali di Filiberto e di Orazio fino al madrigale conclusivo, il quadripartito Son io, donne, son io che rimirate composto da Michelangelo nello stile della canzonetta. Dal breve cenno incluso nel Supplimento di Girolamo Borsieri alla Nobiltà di Milano di Morigia risulta che nel 1619 Michelangelo doveva essere ancora in vita, si distingueva come compositore e virtuoso di chitarrone e aveva pubblicato monodie per voce sola e basso continuo in stile moderno: «Michel Angelo Nanterni così nel comporre come nel suonare di chitarrone mostra di non tralignar dal genio di Horatio suo padre [...]. Ha stampati madrigali e arie per chi canta solo col chitarrone, curioso di seguir la via trovata nell’accademia del Monteverde» (1619, pp. 55 s.). Influssi monteverdiani si rilevano anche nei madrigali (Einstein, 1949, p. 859), contraddistinti da un approccio madrigalistico moderno e da un accorto trattamento delle dissonanze (Kendrick, 2002, p. 281). Morì non prima del 1619.
Poco è noto dell’altro figlio di Orazio, Giovanni Battista, che fu sacerdote. Nel 1604 figura fra i cantori pagati per partecipare a una processione di Carmelitani (Kendrick, 2002, p. 435, nota 188). Nel 1607 Giovanni Paolo Cima denunciò al capitolo di S. Maria presso S. Celso d’essere stato da lui minacciato in S. Lorenzo.
Fonti e Bibl.: Milano, Arch. storico dei barnabiti, B, Cartella 1, fasc. III [1587-92]; Ibid., Arch. storico diocesano di Milano, Arch. di S. Maria presso S. Celso, Musica, 10; Sedute Registri, 1583-92, c. 101; Debito e Credito, 1588-99, cc. 80, 172, 181; P. Morigia, La nobiltà di Milano, Milano, P. Pontio, 1595, pp. 180, 186 (ried. 1612, pp. 295, 304); G. Borsieri, Il supplimento della Nobiltà di Milano, Milano 1619, pp. 55 s.; F. Picinelli, Ateneo de’ letterati milanesi, Milano 1670, p. 435; G. Gaspari, Catalogo della Biblioteca del Liceo Musicale di Bologna, II, Bologna 1892, p. 469; III, ibid. 1893, p. 4; R. Eitner, Quellen-Lexikon der Musiker, VII, pp. 142 s; A. Einstein, The Italian madrigal, Princeton 1949, p. 859; M. Donà, La stampa musicale a Milano fino all’anno 1700, Firenze 1961, pp. 33, 102, 111; E. Vogel - A. Einstein - F. Lesure - C. Sartori, Bibliografia della musica vocale pubblicata dal 1500 al 1700, Genève-Pomezia 1977, p. 1226; O. Mischiati, Indici, cataloghi e avvisi degli editori e librai musicali italiani dal 1591 al 1798, Firenze 1984, pp. 108, 119; G. De Florentiis - G. N. Vessia, Sei secoli di musica nel Duomo di Milano, Milano 1986, p. 278; Re. Frigerio - Ro. Frigerio, Giovan Paolo Cima, organista nella Madonna di S. Celso in Milano: documenti inediti nell’Archivio Diocesano di Milano, in Il flauto dolce, XVI (1987), pp. 32-37; G. Dixon, Giovanni Amigone, un cantore lombardo del Seicento e il suo metodo didattico, in Seicento inesplorato, a cura di A. Colzani - A. Luppi - M. Padoan, Como 1993, pp. 325, 333; M. Toffetti, «Et per che il mondo non entri in sospetto di adulatione [...]»: titoli e dedicatorie delle canzoni strumentali sullo sfondo dell’ambiente musicale milanese fra Cinque e Seicento, in Ruggero Giovannelli «Musico eccellentissimo e forse il primo del suo tempo», a cura di C. Bongiovanni - G. Rostirolla, Palestrina 1998, pp. 628, 631; G. Riccucci, L’attività della cappella musicale di S. Maria presso S. Celso e la condizione dei musici a Milano tra il XVI e il XVII secolo, in Intorno a Monteverdi, a cura di M. Caraci Vela - R. Tibaldi, Lucca 1999, pp. 292, 298 s., 301 s., 306, 310 s.; R.L. Kendrick, The sounds of Milan, 1585-1650, Oxford 2002, ad ind.; R. Tibaldi, I mottetti a quattro voci (Milano, 1599) di Giovanni Paolo Cima e lo stile «osservato» nella Milano di fine ’500: alcune osservazioni, in Polifonie, II (2002), 1, pp. 40 s., 66 s.; M. Toffetti, La cappella musicale del Duomo di Milano: considerazioni sullo status dei musici e sull’evoluzione dei loro salari dal 1600 al 1630, in Barocco padano 2, a cura di A. Colzani - A. Luppi - M. Padoan, Como 2002, pp. 503, 515, 528, 532-534, 544; D. Torelli, Benedetto Binago e il mottetto a Milano tra Cinque e Seicento, Lucca 2004, pp. 49, 69, 79, 118; Diz. encicl. universale della Musica e dei Musicisti. Le biografie, V, p. 324; The new Grove dictionary of music and musicians (ed. 2001), XVII, pp. 611 s.; G. Salis, Drammatizzazioni devozioni del Venerdì santo a Milano in età post-tridentina: la processione con Misteri dei Barnabiti, diss., Università di Bologna, 2012, passim.