NAOFORO
Termine tecnico («portatore di tempio») utilizzato dagli egittologi per indicare un tipo di scultura, peculiare dell'arte egiziana, rappresentante un personaggio che tiene davanti a sé un tabernacolo contenente una figura o degli emblemi divini. Compare nel Nuovo Regno (1552-1069 a.C.) e ha precedenti tipologici nella statua di offerente sia regale che privata; gli ultimi esemplari sono databili tra il II e il I sec. a.C. Il n. non raffigura quasi mai un sovrano e, con una sola eccezione, non rappresenta personaggi femminili.
Dal punto di vista tipologico, la statua n. può essere a cubo, inginocchiata o in piedi. La statua a cubo che presenta anteriormente un naòs con figura divina fa la sua apparizione in epoca ramesside, durante la quale è abbastanza frequente, ed è poco attestata dopo il Nuovo Regno; all'epoca successiva appartengono solo un esemplare in granito risalente al regno di Osorkon II (874-851 a.C.) e uno databile tra la XXV (747-656 a.,C. circa) e la XXVI (672-525 a.C.) dinastia. Il n. inginocchiato è attestato lungo un arco cronologico più ampio, dalla XVIII dinastia (epoca di Ḥatshepsut, 1478-1359 a.C.) fino alla XXX (380-343 a.C.), ed è particolarmente frequente durante la XXVI dinastia. Il terzo tipo, quello in piedi, non compare prima della XX dinastia (1188-1069 a.C.) e resta in uso fino al periodo tolemaico. Il naòs è solitamente sostenuto da un pilastrino che poggia sul basamento accanto al piede avanzato del personaggio e va allargandosi fin sotto la base del naòs stesso; nella XXX dinastia compare inoltre una variante il cui tabernacolo è sprovvisto di supporto ed è sostenuto esclusivamente dalle mani del personaggio.
Il naòs può presentarsi sotto forma di semplice parallelepipedo con i lati lievemente inclinati o riprodurre la struttura di alcune delle cappelle più comuni: sono frequenti la cappella del Nord (pr nw), quella del Sud (pr wr) o ancora la sḥntr, essa può essere anepigrafa o recare testi incisi. La divinità o gli emblemi divini possono essere realizzati in bassorilievo sulla superficie non scavata del naòs, oppure in altorilievo al suo interno o ancora a tutto tondo al di sopra del tetto.
Il testo, che può ricoprire gran parte della superficie della statua, contiene generalmente i titoli, il nome del personaggio ed eventuali cenni biografici, mentre sul pilastro dorsale è spesso incisa una formula dedicata al «dio cittadino», cui si affida la protezione e il benessere del proprietario della statua.
Al n. va associata un'altra categoria di sculture, anch'essa documentata sin dall'inizio del Nuovo Regno da un'ampia tipologia, in cui il personaggio sostiene davanti a sé immagini o emblemi divini a tutto tondo, senza naòs. A essa appartengono due varianti: la prima è costituita da un gruppo di sculture, datate tra la XVIII e la XIX dinastia, rappresentanti un dignitario che sostiene la figura di un sovrano, anziché di una divinità: si tratta di una statua inginocchiata con l'immagine di Amenophis III, un'altra frammentaria, con la figura di Ramesse II e una in piedi dell'epoca di Merenptaḥ, preceduta da una coppia regale (probabilmente Amenophis I e sua madre). L'altra variante comprende tre statue, databili tra la XIX e la XXVI dinastia, in cui è il faraone ad «abbracciare» il dio: una statua di Merenptaḥ con l'immagine di Ptaḥ, una di Ramesse VI con il dio Ammone e una di Apries con Ptaḥ.
Queste statue, le n. vere e proprie e le «teofore», esprimono sia negli atteggiamenti dei personaggi raffigurati sia nei testi uno stretto legame tra il fedele e la divinità; la seconda categoria testimonia l'esistenza di un rapporto analogo tra il privato e il faraone o il faraone e il dio, ma con una significativa differenziazione cronologica: dopo la XIX dinastia il sovrano non viene più scelto come oggetto di culto personale o come intermediario privilegiato tra l'uomo e il dio, mentre dal medesimo periodo il faraone stesso esprime l'esigenza di farsi raffigurare come un fedele che si rivolge alla divinità. Tale cambiamento implica un contatto più diretto con la divinità e quindi l'acquisizione, da parte del privato, di quell'essenza divina che in passato era appannaggio esclusivo del faraone.
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