Kawase, Naomi
Kawase, Naomi. – Regista giapponese (n. Nara 1969). Dopo aver ottenuto diversi riconoscimenti internazionali con i suoi primi lavori, caratterizzati dalla capacità di utilizzare lo sguardo documentaristico per aprire percorsi di narrazione finzionale, K. sviluppa il proprio percorso personale realizzando sia fiction sia documentari e immettendo sempre, all’interno dei suoi lavori, una forte componente autobiografica, caratterizzata dall’enigma dei suoi rapporti familiari. I suoi film infatti sono spesso incentrati sulla tematica della condizione femminile, dei suoi rapporti con la maternità, la nascita e la morte, il matrimonio e l’abbandono. Il lavoro di K. dunque, attinge a piene mani dall’esperienza personale dell’autrice – l’abbandono della famiglia da parte del padre in Kage (Shadow, 2004) o la notizia della sua morte in Kya Ka Ra Ba A (2001); il rapporto con la propria nonna, la donna che l’ha cresciuta, in Tarachime (2006); gli incontri o le amicizie spinte spesso all’estremo, come in Tsuioku no dansu (Letter from a yellow Cherry Blossom, 2002), dove K. filma gli ultimi giorni del suo amico fotografo Nishii Kazuo, o come in In between days (2009), un cineepistolario tra K. e il regista spagnolo Isaki Lacuesta – e configura, nel corso del tempo, un corpus di opere personali e intime che diventano però anche riflessioni sull’atto di filmare. La dimensione personale e autobiografica diventa quindi la matrice dei film di finzione (a partire dalla scelta di ambientare quasi tutti i suoi film a Nara, sua città natale), in cui le stesse domande vengono estese all’interno di una cornice narrativa, a partire da Hotaru (Firefly, 2000), che mette in scena l’esperienza di un uomo di fronte alla morte della persona amata, o Sharasojyu (2003), in cui una famiglia deve fare i conti con la terribile esperienza della scomparsa di un figlio. Perdita, dolore ed esperienza interiore sono alla base anche degli ultimi due lavori di finzione, Mogari no Mori (The mourning forest, 2007), vincitore del Gran premio della giuria al Festival di Cannes 2007, e Hanezu no tsuki (Hanezu, 2011), in cui, ancora una volta, K. realizza un film di finzione attraverso uno stile e una tecnica documentari, dimostrando di essere una delle registe più originali e personali del cinema giapponese contemporaneo.