Vedi NAPATA dell'anno: 1963 - 1995
NAPATA
Nome classico di una città oggi scomparsa, posta in prossimità dell'odierno centro di Karima, nel Sudan settentrionale, alle pendici del Gebel Barkal, sulla sponda destra del Nilo. Questo, il «santo monte» degli antichi, deriva il nome attuale dal borgo di Barkal che probabilmente copre parte dell'insediamento antico. Appendici della città si trovano probabilmente dall'altra parte del monte, verso il deserto, sotto un villaggio beduino (Ḥillat al-‛Arab), dove è stata recentemente individuata una necropoli. È dubbio se si debbano attribuire alla stessa capitale Ν. gli edifici monumentali sulla sponda opposta del Nilo, nella zona odierna di Sanam presso Marawi, sede dell'attuale governatorato.
L'ingresso del sito nella documentazione storica avviene in seguito alla sua conquista da parte dei faraoni della XVIII dinastia (XVI sec. a.C.), che vi stabiliscono importanti installazioni cultuali, in seguito più volte rimaneggiate e ampliate. Ivi sono collocati importanti testi storici, come la stele di Thutmosis III ora a Boston, secondo un uso adottato contemporaneamente anche in Egitto, e che avrà una continuazione nell'età tarda. L'identificazione della divinità locale, presumibilmente di carattere ovino e collegata alla montagna, con il dio dinastico Ammone di Tebe è evidente nell'iconografia criocefala con cui quest'ultimo è rappresentato in Egitto dal Nuovo Regno. L'assimilazione delle due città, N. e Tebe, in riferimento a tratti del paesaggio (la montagna incombente) e alla direzione del Nilo (che a N. scorre da Ν a S), può essere all'origine di un aspetto architettonico corrispondente, che si fa evidente durante il regno di Ramesse II, di chiara impostazione imperiale. Il culto del sovrano e delle principali divinità tebane si manifesterà qui in forme monumentali, secondo la tipologia dei santuarîegizi coevi. Il collegamento tra Tebe e N. sopravvive forse alla caduta dell'egemonia egiziana con la crisi del Nuovo Regno.
L'ascesa di principi locali agli inizî dell'VIII sec. a.C., probabilmente originari di Kurru, 20 km c.a più a S, dove si trovano le tombe'dei sovrani più antichi, dà nuovo slancio alla città, che nell'VIII sec. a.C. diventa la capitale dei re della XXV dinastia («etiopica»). I suoi sovrani, detti «faraoni neri» per la provenienza nubica, dominarono l'Egitto meridionale fino al 664 a.C. Cominciando dal grande re Taharqa, ricordato anche nella Bibbia, la necropoli reale fu stabilita sulla riva opposta del Nilo, a Nuri (v.). Uno dei tratti più tipici di questo periodo è la derivazione di modelli egizi ripresi dai monumenti più illustri di questa civiltà, non senza adattamenti eruditi dovuti alle circostanze e agli intermediari di tale trasmissione. I re si fanno nuovamente seppellire sotto piramidi (usanza cessata da quasi un millennio) dalla sagoma caratteristica, con un rapporto tra base e altezza assai più elevato di quelle dell'Egitto, e prive di essenziali elementi cultuali, come il tempio di accesso e la via sacra. L'attività costruttiva templare, dovuta principalmente a Piankhi e a Taharqa, si esercita a Tebe come a Napata. In questo luogo si registra un grandioso prolungamento del Santuario di Ammone, dotato di un atrio ipostilo e abbellito con sculture asportate da celebri templi della Nubia, come le sfingi criocefale poste all'accesso e prese dal tempio di Amenḥotep III a Soleb. Nuovi edifici di culto, tuttora di incerto significato, vengono eretti vicino al tempio principale dedicato ad Ammone, e altri templi rupestri sono scavati nella montagna, quali un tempietto dalla caratteristica decorazione (Typhonìum), e con pilastri a forma di Bes, probabilmente connesso alla celebrazione della nascita del re.
Le iscrizioni regali consacrate nel tempio principale di N. (B 500) sono redatte in geroglifici, egiziano classico, e adottano la fraseologia letteraria di composizioni famose. Imitazioni di sculture celebri sono anche le statue ritrovate in una favissa presso lo stesso santuario. I rilievi del primo cortile del Tempio di Ammone, risalenti all'età di Piankhi, sono trattati con un realismo e un vigore che restituiscono forza alla matrice egiziana, in modo simile al contenuto dei testi.
Dopo la fine del dominio «etiopico» sull'Egitto, la riscossa dei sovrani egizî della XXVI dinastia portò a una prima incursione distruttiva (di Psammetico II, 593 a.C.) nella regione di N., causando la scomparsa del Tempio di Sanam, edificato da Taharqa, e sicuramente gravi danni al Santuario di Ammone, come lasciano supporre le condizioni di un edificio palaziale adiacente. È incerto dopo quanto tempo la dinastia locale, che governava una notevole estensione dell'attuale Sudan, trasferì la sede amministrativa a Meroe, oltre il deserto e molto più a monte sul Nilo, una città che esisteva probabilmente da secoli. In ogni modo essa mantenne la necropoli a Nuri fino a Ergamene (270 a.C.). Il cambiamento di capitale segue il passaggio dall'età napatea alla nuova età meroitica, durante la quale N. godette pur sempre di notevole prestigio, essendo una delle città dinastiche dove si svolgeva l'incoronazione dei sovrani. A questo periodo risale la necropoli monumentale costituita da piramidi meroitiche, posta sul lato meridionale del Gebel Barkal. Si ignora però la precisa identità e la natura dei sepolti a causa di devastazioni perpetrate fin dall'antichità.
Le ricerche archeologiche più recenti, alle quali ha preso parte l'Università di Roma, prospettano anche a N., almeno durante il periodo meroitico, una zona riservata alla regalità, una specie di «acropoli» separata dall'abitato.
L'attività architettonica più notevole pare dovuta a Natakamani, un contemporaneo di Tiberio, ed è successiva alla devastazione provocata dall'avanzata di un esercito romano guidato da C. Petronio nel 23/22 a.C.
Il nuovo assetto culturale si definisce per una fusione di elementi derivati dalla civiltà faraonica con altri pertinenti al mondo ellenistico, ma trattati secondo una interpretazione «africana».
La lingua scritta è quella del nuovo stato, il «meroitico», notata con una grafia alfabetica derivata dalle forme di scrittura egizie, sia iconica (simile a geroglifici), sia aniconica (con un percorso analogo a quello che diede il tracciato del demotico).
Gli interventi di Natakamani si osservano, oltre che nel grande Tempio di Ammone, in un palazzo cerimoniale a pianta quadrata costruito su un'alta piattaforma che ricoprì costruzioni anteriori, probabilmente collegato al tempio predetto. Gli elementi artistici ritrovati in numero elevato, come colonne e capitelli a campana, architravi decorati con il disco solare alato, statue di coppie di leoni poste a custodia dell'alta scalinata d'accesso, formelle policrome con soggetti caratteristici che decoravano i muri principali, i muri esterni mossi da elementi sporgenti e coperti di vivaci colori, insieme con l'uso documentato di rivestimenti d'oro, si uniscono a testimonianze funzionali dell'edificio, quali depositi di cretule con impronte e ceramica destinata a cottura di pani rituali.
Ma ancora a notevole distanza verso il Nilo, al limitare dell'odierna fascia di terra coltivata, accanto alle strutture di un più antico palazzo in mattoni crudi, sono stati portati in luce due templi costruiti in arenaria, con semplice pianta meroitica, uno dei quali esplicitamente legato ancora a Natakamani. L'esame della ceramica ha confermato la durata secolare della loro funzione fino all'epilogo dello stato meroitico, che a N. non è contrassegnato da alcun evento ricordato. La fine dell'insediamento fu accompagnata da distruzioni e saccheggi sistematici che, con l'aggiunta dell'azione disastrosa degli agenti atmosferici, hanno portato allo stato attuale di quasi invisibilità. Restano nondimeno numerosi edifici importanti da mettere in luce.
Nessuna evidenza di età cristiana si è conservata nella zona archeologica di N., mentre grandiosi ruderi di un convento sono situati a Ghazali, sulla riva opposta del Nilo, a qualche distanza nel deserto.
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