DELLA GHERARDESCA, Napoleone
Figlio del conte di Donoratico Gherardo di Ranieri, nacque verosimilmente nel primo decennio del sec. XIV (nel 1350 uno dei suoi figli, Guido, svolgeva già attività politica) da un ramo dell'antica e potente famiglia feudale toscana.
Il nonno del D., Ranieri, era stato signore di Pisa dal 1320 al 1325. Anche il padre del D., Gherardo, morto nel 1365, aveva svolto, tra il quinto ed il sesto decennio del Trecento, sulla scena politica cittadina, un ruolo di primo piano sebbene in netta opposizione - almeno a partire dal 5 luglio 1347, data della morte del cugino Ranieri Della Gherardesca, che deteneva la signoria - con la linea perseguita dalle autorità comunali, tanto che era stato in un primo tempo bandito, e poi dichiarato ribelle, e tutti i suoi beni gli erano stati confiscati.
Quale atteggiamento abbia assunto il D. nei confronti dell'azione politica svolta dal padre, non ci è chiaro per la lacunosità della documentazione a noi pervenuta. Sappiamo ad ogni modo che egli riuscì ad ottenere la restituzione di alcuni dei beni che erano stati confiscati a Gherardo a Pisa e nella Maremma; e che, sebbene fosse obiettivamente meno ricco dei suoi antenati, esercitò ciononostante una notevole influenza sulle vicende pisane negli anni a cavallo della metà del sec. XIV. La documentazione a lui relativa è, allo stato attuale delle nostre conoscenze, frammentaria e non sempre databile con precisione: il D. - così come fece poi il figlio Guido - partecipò solo saltuariamente ai Consigli cittadini, nei quali - quando intervenne - appare in genere come rappresentante di Chinzica, il quartiere in cui si trovavano le abitazioni dei Della Gherardesca.
Dei dieci "senatores et de credentia" che rappresentarono Chinzica per tre mesi a partire dal 1°luglio 1349 e di nuovo eletto a tale incarico due o tre anni dopo, il 18 sett. 1349 fu eletto tra i ventitré savi cui venne affidato il compito di esaminare la richiesta di aiuto presentata dai nobili di Modigliana e di Pietramala per aver aiuti contro una rivolta dei loro sudditi. Fu inoltre presente a diverse sedute del Consiglio dei gennaio e del febbraio del 1350, tenutesi per eleggere il nuovo podestà e per trovare una soluzione alla questione di Volterra. Il 20 maggio successivo venne nominato dalle autorità comunali pisane podestà di Lucca per il secondo semestre di quell'anno con uno stipendio complessivo di lire 2.250 di piccioli lucchesi, ai quali si sarebbe aggiunto un assegno di 50 fiorini per lui e per il di lui seguito.
Non ci é giunto il libro in cui erano stati registrati gli atti della sua podesteria lucchese. Fonti documentarie, tuttavia, ci accertano che il D. arrivò a Lucca proprio il 1° luglio 1350, giorno in cui iniziava ufficialmente il suo incarico; che percepì con regolarità ogni mese il suo stipendio; che svolse con intelligenza e fermezza le sue funzioni, come prova ad esempio il fatto che egli riuscì a catturare e a far giustiziare alcuni banditi che scorrevano il contado. Sempre attento ai suoi doveri, provvide per tempo ad affidare a ser Grisante (Grigius) da Reggio la supplenza dell'ufficio di vicario, giudice ed assessore del podestà durante l'assenza (22 ottobre-12 novembre) del titolare, il giurista parmense Bravolino dei Bravi, che si era dovuto recare a Roma.
Negli anni successivi, quando Pisa fu dominata dalla fazione dei bergolini capeggiata dai Gambacorta, l'attività politica del D., esponente della fazione dei raspanti, fu piuttosto limitata. Le cose mutarono nel gennaio del 1355. quando fece il suo solenne ingresso nella città iI re dei Romani Carlo IV del Lussembrugo, sceso nella penisola per cingervi la corona di re d'Italia e quella di imperatore. Il cronista Ranieri Sardo ricorda infatti il D. come uno dei capi dei raspanti che poco dopo l'arrivo di Carlo IV organizzarono, sempre nel mese di gennaio, una sommossa, con la quale si intendeva spingere il sovrano ad intervenire negli affari interni di Pisa riformando le istituzioni comunali, facendo rientrare gli sbanditi ed i ribelli, creando nuove "tasche" per la scelta degli anziani. Non ci è chiaro se il D. nel marzo successivo abbia accompagnato Carlo IV a Roma, come fecero altri eminenti cittadini pisani, tra i quali il conte di Montescudaio Iacopo Della Gherardesca, detto il Paffetta, o se sia invece rimasto a Pisa, limitandosi a dimostrare il proprio ossequio al sovrano lussemburghese andandogli incontro quando, due mesi più tardi, il 6 maggio, fece ritorno nella città toscana. Non risulta infatti presente nell'unica riunione del Consiglio degli anziani, che si tenne prima del rientro da Roma del nuovo imperatore; non compare, d'altro canto, nell'elenco di coloro che furono armati cavalieri in Roma da Carlo IV nel giorno della sua incoronazione imperiale (5 aprile). Tuttavia il D. fu creato cavaliere insieme con il figlio Guido e con un altro membro della famiglia, Ranieri Della, Gherardesca conte di Donoratico nel corso di una solenne cerimonia tenutasi a Pisa, davanti a porta S. Pietro, in occasione del ritorno di Carlo IV.
L'8 maggio il D. partecipò alla seduta del Consiglio dei savi, nel corso della quale furono discussi i progetti di riforma del sistema finanziario e dell'apparato militare di difesa delle città di Pisa e dì Lucca presentati dall'imperatore; ma non intervenne alle successive riunioni del 10 e dell'11 maggio. Sebbene il suo nome non venga menzionato, a proposito di questi avvenimenti, dalle fonti a noi note, è tuttavia probabile che il D. abbia partecipato, insieme con gli altri raspanti capitanati dal conte Paffetta, ai tumulti del 20 maggio, nel corso dei quali i bergolini furono sopraffatti e costretti a cedere il predominio sulla città. Fu presente alla seduta del Consiglio dei savi del 21 maggio, che fu dominata dai vittoriosi raspanti; non intervenne, invece, a quella del 22 maggio, forse perché si trovava a Lucca con il contingente militare del quartiere di Chinzica, che era stato inviato in quella citta per reprimervi una rivolta. Partecipò alle sedute del 26 e del 28 maggio, nel corso delle quali fu deciso di inviare a confino alcuni membri della famiglia Gambacorta, e vennero presi provvedimenti per la difesa del regime appena instaurato.
Almeno due volte si recò a Pietrasanta, dopo che l'imperatore vi ebbe trasferito la propria residenza: compare infatti come testimone in alcuni diplomi relativi a donazioni compiute da Carlo IV il 2 ed il 10 giugno. Si trovava tuttavia, nei giorni immediatamente successivi all'una e all'altra data, a Pisa, dove intervenne alle sedute del Consiglio dell'8, del 9 e del 12 giugno, nel corso delle quali fu discusso il problema dell'alienazione dei beni confiscati ai ribelli. Il 14 partecipò alla riunione in cui fu esaminata la richiesta di aiuto presentata da Tobia, la vedova di Francesco Castracani. Era presente anche alla riunione del Consiglio, che si tenne il 16 di quello stesso mese. Il 3 luglio, al D. ed a tre cugini di questo - Ranieri, Guido, Niccolò di Gherardo Della Gherardesca - fu concesso per un periodo di due anni il privilegio di circolare armati e con la scorta di sette "famuli" (i cui nominativi sono registrati nel documento di concessione), pure armati. Con altro documento del 25 novembre successivo, il D. ed i suoi cugini furono autorizzati a sostituire alcuni dei "famuli" della loro scorta armata. Sempre il 24 novembre, il D. fu tra i savi incaricati di nominare, per l'anno 1356, i castellani delle rocche comprese nel territorio di Lucca.
È, questa, l'ultima notizia in nostro possesso a lui relativa. Il D. dovette morire poco dopo, ignoriamo esattamente quando e dove.
Aveva avuto tre figli. Di essi, Giovanni - uno degli ostaggi consegnati nel 1342 al signore di Milano Luchino Visconti, a garanzia dell'alleanza chiesta da Pisa, allora in guerra contro Firenze - morì giovane durante l'epidemia di peste del 1348; Venceslao, che non prese parte attiva alla vita pubblica cittadina, visse sino al 1408. Guido, il terzo, fu invece uomo politico di primo piano. Coinvolto, il 29 marzo 1355, in un tumulto, fu forse confinato per qualche tempo a Siena. Il 6 maggio di quello stesso anno, tuttavia, si trovava di nuovo a Pisa, dove - come si è detto - fu tra i nuovi cavalieri creati da Carlo IV al suo rientro da Roma, e dove partecipò alle sedute del Consiglio dei savi del 10 e del 13 giugno. Dopo la partenza dell'imperatore, si fece notare fra i capi della fazione dei raspanti. Podestà di Lucca per il secondo semestre del 1357, ricoprì in seguito incarichi di rilievo nell'amministrazione municipale. Nel 1362 fu tra i capitani delle forze pisane che rintuzzavano i tentativi compiuti dai Gambacorta per rientrare con la forza nella città. Morì nel 1363, forse di peste.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Pisa, Comune, Divisione A, nn. 34, cc. 67v-68r; 56, cc. 1r, 2v, 35v, 49v-50r, 57v, 61r; 57, cc. 2rv, 29v; 60, cc. 4rv, 10rv, 11v, 16rv, 33v-35r, 38v-39r, 40r-43r; 61, c. 2r; 123, c. 55rv; Arch. di Stato di Lucca, Potestà di Lucca, 247, carte non numerate; 248, c. 1r; 249, c. 1r; Ibid., Ragionieri della Camera e del Comune, 5, c. 18r e carte non numerate; 6, cc. 26v, 29v; Ibid., Camarlingo generale, 95 (Mandatorie), carte non numerate; Cronica di Pisa, in L. A. Muratori, Rer. Ital. Script., XV,Mediolani 1729, col. 1010; Regesti del R. Arch. di Stato in Lucca, II, 1, a cura di L. Fumi, Lucca 1903, nn. 456, 458; Invent. dei R. Arch. di Stato di Lucca, a cura di S. Bongi, II, Lucca 1876, pp. 314 s.; Th. Mommsen, Italienische Analekten zur Reichsgeschichte des 14. Jahrhunderts (1310-1378), Stuttgart 1952, nn.291, 293; R. Sardo, Cronaca di Pisa, a cura di O. Banti, Roma 1963, in Fonti per la storia d'Italia, IC, pp. 105, 118, 123, 253; C. Mancinelli, Carlo IV di Lussemburgo e la Repubblica di Pisa, in Studi storici, XV (1906), p. 339; A. Litta, Le famiglie celebri ital., sub voce Conti Della Gherardesca di Pisa, tav. VII.