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Napoli

di Margherita Zizi - Enciclopedia dei ragazzi (2006)
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Napoli

Margherita Zizi

Antica città carica di storia e di cultura, per secoli capitale dell’Italia meridionale, Napoli è stata celebrata in ogni tempo per il suo straordinario intreccio tra bellezze naturali, patrimonio artistico e straordinaria vitalità del suo popolo: quella «plebe» che, come scrisse nel Settecento il filosofo francese Montesquieu, a Napoli «è più plebe che altrove». Tappa obbligata dei viaggiatori del 18° secolo, Napoli continua a esercitare un irresistibile richiamo. Caotica e sovraffollata, deturpata da scempi edilizi e ambientali, insidiata dalla malavita organizzata – la famigerata camorra – la città conserva nonostante tutto il fascino da cui è scaturito il famoso detto «vedi Napoli e poi muori»

L’epoca greco-romana

Il più antico nucleo abitato della città sorgeva sul Monte Echia, dove secondo la leggenda era stata sepolta la mitica sirena Partenope. I colonizzatori greci fondarono nel 7° secolo a.C. Paleopolis (in greco «città antica»). Successivamente l’insediamento venne ampliato con la creazione di un nuovo quartiere chiamato Neapolis («città nuova»). Assediata nel 327 a.C. dai Romani, Neapolis si arrese ai nuovi conquistatori, ma conservò fino al basso impero lingua e istituzioni greche. Distrutta nell’82 a.C. dai partigiani di Silla, nel corso dell’ultimo secolo della Repubblica e durante l’Impero Neapolis si trasformò gradatamente da città mercantile in città degli otia, cioè del riposo e della vita contemplativa, arricchendosi di splendide ville a Posillipo e sul Monte Echia. Ebbe scuole famose, come quella del filosofo epicureo Sirone dove studiò Virgilio.

Dal dominio bizantino agli Svevi

Tra il 5° e il 6° secolo d.C Napoli fu aspramente contesa da Goti e Bizantini. Conquistata da questi ultimi nel 553, acquistò un’ampia autonomia, con il diritto di eleggere il proprio magistrato supremo, il duca. Nel 744, con il duca-vescovo Stefano II, il ducato divenne indipendente da Bisanzio e Napoli ne fu la capitale per quasi quattro secoli. Il ducato riuscì a conservare la sua autonomia respingendo gli assalti degli Arabi e destreggiandosi con alterne alleanze tra i Longobardi, i Franchi e il pontefice. Ma nel 1027 il duca Sergio IV concesse il feudo di Aversa ai Normanni, che nel giro di un secolo sottomisero tutta l’Italia meridionale unificandola nel Regno di Sicilia,al quale Napoli fu annessa nel 1139. Sotto i Normanni Napoli conservò una relativa autonomia e conobbe una notevole fioritura economica e culturale. Quando, nel 1189, Enrico VI di Svevia intraprese la conquista del Regno di Sicilia, Napoli oppose una strenua resistenza, arrendendosi solo nel 1194 alla casata sveva. Furono gli Svevi, con Federico II, a dare alla città nel 1224 il famoso Studio, una delle più antiche università d’Italia, nell’intento di contrapporre alla guelfa Bologna un centro di cultura ghibellina. Lo Studio divenne presto assai celebre e diede grande prestigio alla città.

Angioini e Aragonesi

Dopo la sconfitta di Manfredi, figlio di Federico II di Svevia, a Benevento (1266), il Regno di Sicilia – e ovviamente Napoli – si sottomise agli Angioini. Con la rivolta siciliana dei Vespri contro il dominio angioino nel 1282 e il passaggio della Sicilia agli Aragonesi, la capitale del regno fu trasferita da Palermo a Napoli. In questo nuovo ruolo la città conobbe una fioritura delle attività economiche e culturali e una notevolissima espansione urbana e demografica. L’amministrazione era affidata ai cosiddetti Seggi o Sedili, dominati dai rappresentanti della nobiltà contro un solo rappresentante dei lazzari, cioè del popolo. Il regno di Roberto il Saggio assicurò un lungo periodo di prosperità, ma alla sua morte, nel 1443, si scatenò una guerra per la successione tra i pretendenti angioini. Travagliata da assedi ed epidemie, nel 1443 Napoli passò sotto l’erede designato Alfonso V il Magnanimo, re d’Aragona. Sotto gli Aragonesi la popolazione raddoppiò, raggiungendo alla fine del 15° secolo i 100.000 abitanti. La stabilità del regno però era minata dallo strapotere dei baroni, cui ben presto si aggiunsero le minacce espansionistiche del re di Francia Carlo VIII. Contesa tra Francesi e Spagnoli, la città finirà nel 1503 sotto il dominio di questi ultimi. Il Regno di Napoli diventò una delle province dell’immenso Impero spagnolo, e fu amministrata sino al 18° secolo da vicerè nominati da Madrid.

I viceré spagnoli e i Borbone

Sotto gli Spagnoli Napoli conservò una sua autonomia formale e conobbe un’ulteriore espansione demografica che alla metà del Seicento la rese in Europa seconda solo a Parigi per numero di abitanti. L’esosa politica fiscale del governo spagnolo causò però numerose rivolte popolari, tra cui è rimasta celebre quella capeggiata nel 1647 da Tommaso Aniello, detto Masaniello: giovane garzone di un pescivendolo, analfabeta ma dotato di una grande capacità di trascinare le folle, fu nominato capitano del popolo e costrinse il viceré a concedere una costituzione popolare. Secondo la tradizione, l’improvviso potere sconvolse la mente del giovane, che cominciò a dare segni di squilibrio fino a manifestare una pazzia furiosa, inducendo così i suoi compagni a ucciderlo nove giorni dopo l’inizio della rivolta. La sommossa lasciò uno strascico di rancori e di conflitti politici e sociali.

Nel 1707, durante la guerra di successione spagnola, Napoli passò all’Austria. Nel 1734, con la vittoria di Carlo di Borbone sugli Austriaci, tornò a essere capitale di un regno autonomo. I Borbone diedero un notevole impulso alla città, sia sotto il profilo delle riforme politico-amministrative sia con una intensa promozione della vita culturale.

Dalla Repubblica partenopea a oggi

Sull’onda della Rivoluzione francese a Napoli nel 1799 fu proclamata un’effimera Repubblica partenopea, cui fece seguito l’occupazione francese che portò al trono Giuseppe Bonaparte e poi Gioacchino Murat (Napoleone Bonaparte). Dopo la restaurazione borbonica del 1815 la città partecipò ai moti risorgimentali nel 1820-21 e nel 1848. Nel 1860 con l’entrata di Garibaldi in città il Regno delle Due Sicilie fu annesso all’Italia unita. Duramente colpita nella Seconda guerra mondiale da massicci bombardamenti aerei, Napoli si ribellò nel 1943 ai Tedeschi con le famose quattro giornate di Napoli (28 settembre-1° ottobre). La speculazione edilizia del dopoguerra ha reso Napoli una congerie di sterminate periferie più o meno degradate che gravitano sul piccolo distretto centrale del capoluogo. Il sovraffollamento, uno dei mali cronici della città, ha portato l’edilizia urbana a svilupparsi in altezza, fino a giungere a impressionanti condizioni di densità abitativa e di igiene precaria. Anche ambienti seminterrati oltre che al pianterreno venivano e vengono tuttora usati come alloggi – i famosi ‘bassi’ napoletani – e le pessime condizioni igieniche hanno causato ricorrenti epidemie.

Dopo il terremoto del 1980 è stato avviato un programma di ricostruzione nell’ambito del quale sono stati realizzati impianti sportivi, aree verdi e infrastrutture collettive. Dopo la chiusura degli impianti siderurgici di Bagnoli, nel 1993, è stato approvato un piano di riconversione dell’area industriale per servizi e verde pubblico. A partire dalla metà degli anni Novanta il porto di Napoli ha registrato uno straordinario incremento del traffico commerciale ma anche di passeggeri, grazie a una forte espansione delle crociere. Al censimento del 2001 la città registrava 1.008.400 abitanti.

Arte e monumenti

Della Neapolis di epoca greco-romana e dell’alto Medioevo restano poche tracce visibili. Al 13° secolo risalgono alcuni dei più grandi e importanti complessi religiosi, costruzioni gotiche in parte trasformate in epoche successive come le chiese di S. Chiara, il Duomo, San Domenico Maggiore. Furono gli Angioini a costruire il famoso Castel Nuovo, che successivamente gli Aragonesi abbellirono con l’Arco di trionfo, eretto intorno alla metà del Quattrocento per celebrare l’ingresso trionfale a Napoli di Alfonso V il Magnanimo. Durante il primo Rinascimento artisti toscani e lombardi arricchirono la città di vari monumenti, come la tomba del cardinale Brancaccio, unica opera napoletana di Donatello, la Porta Capuana e i palazzi Carafa e Cuomo. Ma è con il fastoso barocco del Seicento che l’arte napoletana trova la sua espressione più felice, soprattutto nella pittura, per la quale ebbe grande importanza il breve soggiorno napoletano di Caravaggio. Nel campo architettonico vennero edificati numerosissimi edifici e complessi religiosi: alla metà del secolo si contavano 304 chiese, 104 conventi maschili e 40 femminili. Non mancarono imponenti edifici civili, come il nuovo Palazzo Reale di Domenico Fontana e il Foro Carolino (l’attuale piazza Dante) di Luigi Vanvitelli. Nell’Ottocento fu avviata un’imponente opera di abbellimento e di ristrutturazione della città; a questo secolo risalgono la ricostruzione a opera di Antonio Niccolini del famoso Teatro S. Carlo, la cui struttura originaria risale al 1737 e la basilica di S. Francesco di Paola.

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Indice
  • 1 L’epoca greco-romana
  • 2 Dal dominio bizantino agli Svevi
  • 3 Angioini e Aragonesi
  • 4 I viceré spagnoli e i Borbone
  • 5 Dalla Repubblica partenopea a oggi
  • 6 Arte e monumenti
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