Vedi NAPOLI dell'anno: 1963 - 1973 - 1995
NAPOLI (v. vol. V, p. 332 e s 1970, p. 537)
Topografia. - La storia dell'esplorazione archeologica della città campana è segnata da due eventi luttuosi: il colera del 1882 e il terremoto del 1980. Il primo determinò lo sventramento e le demolizioni (con le conseguenti speculazioni edilizie) che vanno sotto il nome di Risanamento, durante il quale un numero incalcolabile di edifici antichi, oggetti e informazioni andarono perduti; gli interventi nel centro antico negli anni del dopo terremoto del 1980 (demolizione di uno dei padiglioni del Primo Policlinico, scavi a S. Aniello, Palazzo Corigliano, Via S. Sofia, S. Patrizia, ecc.) hanno permesso di acquisire, invece, una discreta quantità di nuove informazioni, negli stessi anni in cui si diffondevano gli approcci che vanno sotto il nome di «archeologia urbana». L'accumulo di nuovi dati ha stimolato un completo riesame di quelli precedenti, sì che è stato possibile ridiscutere l'insieme dell'archeologia napoletana in almeno tre occasioni: nel convegno del 1983 su Archeologia urbana e centro antico di Napoli, nel catalogo della mostra su Napoli antica del 1985 e nel XXV Convegno magno-greco svoltosi a Taranto nello stesso anno.
È stata compiuta una revisione critica del problema delle mura alla luce degli scavi sistematici di Villa Chiara a Caponapoli (cui si aggiungono quelli recentissimi a Via M. Longo e a Piazza S. Domenico Maggiore); questa ha portato a escludere quanto era stato affermato precedentemente, cioè che nel IV sec. a.C. si era avuto un allargamento della città verso occidente con la creazione di una nuova cortina muraria. In tutti i casi finora esaminati, le due diverse fasi cronologiche (la prima, databile alla fine del V sec. a.C., caratterizzata dall'impiego di ortostati, e l'altra della seconda metà del IV sec. a.C. con uso delle assise piane) si riferiscono al medesimo tracciato; la seconda fase è solo un ispessimento della cortina precedente, con l'aggiunta di diatoni e di un'ulteriore cortina all'esterno, come si osserva nel tratto meglio conservato, a Piazza Bellini. Dopo la scoperta della necropoli di Pizzofalcone e l'ubicazione precisa della Palaeopolis (Parthenope), la collina di S. Giovanni Maggiore dei Pignatelli, cinta da una cortina autonoma, diventa un proàsteion situato sul lato del vallone di Via Mezzocannone opposto a quello del tratto occidentale delle mura della città, distrutte pressoché completamente agli inizî del secolo dall'impianto dell'Università di Napoli.
Con gli scavi delle mura a S. Aniello a Caponapoli sono stati recuperati alcuni frammenti arcaici, tra cui una testina di terracotta databile all'ultimo quarto del VI sec. a.C., fatto che potrebbe provare la presenza di un piccolo luogo di culto campestre nell'area dell'acropoli della futura Città Nuova, la cui data di fondazione sembra cadere intorno al 470 a.C.
Da questa considerazione si può partire anche per riprendere il discorso che riguarda l'impianto urbano. La diversità tra l'assetto di Caponapoli e quello del resto della città aveva fatto pensare a una diversità diacronica, solo per spiegare con la presenza ateniese, tardiva rispetto alla data di fondazione gravitante intorno alla discussa cronologia di Diotimo (metà del V sec. a.C.?), la regolarità dell'impianto cittadino che veniva datato, in base a tale ragionamento, dopo la fondazione di Thurii e le innovazioni ippodamee.
In realtà Neapolis ha un impianto urbanistico che si inquadra perfettamente nella tradizione tardo-arcaica, come mostrano i confronti puntuali con l'impianto di Paestum (fine VI sec. a.C.) e con quello della Naxos ricostruita proprio negli stessi anni in cui veniva fondata Neapolis. Del resto, come provano studi recenti, non c'è nessun rapporto tra l'urbanistica di Thurii e quella di città come Naxos, Paestum, Neapolis; dunque non si vede alcuna ragione per ritenere l'impianto di Neapolis di molto successivo alla fondazione della città.
La diversità tra Caponapoli e il resto della città è di natura funzionale, perché Caponapoli è l'acropoli della città, in cui ha sede il culto della divinità principale, Demetra, la Ceres Actaea di Stazio (Silv., IV, 8,50) riconoscibile dalla stipe rinvenuta da oltre sessanta anni (ma ancora sostanzialmente inedita) sotto il convento di S. Gaudioso. La grande acropoli con i suoi edifici di culto, estendendosi forse fino al convento di S. Patrizia, dove erano le terme, a monte dei teatri, non era sottoposta alle medesime leggi della divisione urbana, tranne il períbolos che doveva seguire l'andamento delle strade che delimitavano il santuario.
Tre platèiai E-O (Via Anticaglia - che non aveva uno sbocco a O, perché l'attuale Via Sapienza è stata aperta nel XVII sec. - Via Tribunali, Via S. Biagio dei Librai) sono incrociate da strade N-S larghe c.a 3 m a intervalli regolari di 35 m; l'isolato misura, nelle fasce centrali, dove l'impianto mantiene la sua regolarità, 185 m (rapporto larghezza-lunghezza 1:5).
Contiguo all'acropoli era un altro grande spazio pubblico, quello dell'agorà, la cui posizione, riconosciuta da tempo, può essere oggi meglio precisata, grazie anche ai fortunati (e inediti) rinvenimenti sotto la Basilica di S. Lorenzo. Si tratta di un'area divisa in due dallo sviluppo della platèia centrale (Via Tribunali) e caratterizzata, a monte, dal Tempio dei Dioscuri (oggi chiesa di S. Paolo Maggiore) divinità fondamentali nel pantheon neapolitano (Stat., Silv., iv, 8, 52 ss.) e dalla gemina mole dei teatri, lo scoperto (nudum) e quello coperto (tectum, dunque un odèion) noti a Stazio (Silv., III, 5, 90) e da tempo conosciuti. A valle della platèia, topografi napoletani come Fabio Giordano (XV sec., il cui manoscritto è ancora inedito) segnalano il toponimo di Forum vetus o Forum rerum venalium che corrisponde al «Mercato Vecchio» della Cronaca di Partenope (XIV sec.); questo riflette la funzione che l'area aveva in antico, come risulta dalle scoperte sotto S. Lorenzo, dove il grande edificio della prima età imperiale poggia su un analogo monumento della fine del IV sec. a.C.
Allo stato attuale possiamo dire che sin dalla fondazione della città un grande spazio pubblico pari a sei isolati in larghezza e lungo due isolati fu risparmiato e andò con il tempo a caratterizzarsi in due distinte funzioni: politica, quella a monte della platèia, commerciale, quella a valle, almeno a partire dall'età ellenistica. In ogni caso i pochi dati in nostro possesso riguardano alcuni monumenti di età romana, come il teatro, la cui esplorazione è stata ripresa da poco e il Tempio dei Dioscuri, la cui datazione viene ora fissata a età tiberiana.
Di notevole interesse l'esplorazione di Palazzo Corigliano, per alcune importanti informazioni sull'edilizia domestica (di età tardo-repubblicana, in questa zona periferica della città, a ridosso delle mura sul lato O, allo sbocco della platèia inferiore); tra l'altro si segnala la scoperta di un pozzo in cui fu scaricata (presumibilmente dopo il terremoto del 62 d.C.) una serie di intonaci parietali dipinti di notevole fattura.
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