NARBONA (Narbo Martius)
L'antica città che occupava il sito della moderna Narbonne nella Francia meridionale (dipartimento dell'Aude), è in una pianura piuttosto arida a 8 km dal mare.
Citata da Ecateo come città degli Elisici, in seguito, secondo Tolomeo, appartenne ai Volci Tettosagi, secondo Strabone ai Volci Arecomici. Nel 118 a. C. i Romani vi fondarono una colonia, la prima della Gallia, dandole l'epiteto di Martius. Nel 46 a. C. Tito Claudio Nerone, padre di Tiberio, vi dedusse una seconda colonia di veterani della X Legione (Decumani). Sotto Claudio ebbe l'epiteto di Claudia e da allora si chiamò Colonia Iulia Paterna Claudia Narbo Martius. Nell'età imperiale era iscritta alla tribù Papiria, prima di Augusto alla Pollia. Antonino Pio restaurò la città dopo un incendio, e sembra che in questo periodo la residenza del proconsole della Gallia Narbonense sia stata trasferita da N. a Nemausum (Nîmes). Conosciamo un dictator in Iuniliciis, oltre alle varie magistrature.
Il porto marittimo si trovava nell'isola di Cauquènne a 20 km dalla città; sembra che alla fine del I sec. a. C. sia stato sostituito da un grande porto romano più vicino (ambedue sono oggi colmati). N. fu così l'emporium di tutta la Celtica, secondo Strabone. Dopo una decadenza nel II sec. d. C. si risollevò nel tardo Impero, con un rinnovamento di cui Ausonio ci ha lasciato una viva immagine. I Visigoti ne fecero la loro capitale nel 511.
La topografia della città, benché arricchita dai risultati di recenti ricerche archeologiche, rimane ancora poco conosciuta. L'agglomerato si stendeva sulla riva sinistra dell'Atax, la moderna Robine, che la collegava agli stagni del litorale dove approdavano le navi. Era costruita all'incrocio della via Domitia, che ne formava il cardo N-E, e della strada che si dirigeva a O, verso Carcassonne e Tolosa. Le rovine del forum sono state ritrovate in passato su questo asse N-S, nel luogo occupato ai nostri giorni dal collegio Victor Hugo e dalla piazza Bistan. Constava di un peribolo che delimitava un vasto cortile nel cui centro sorgeva, su un basamento, un grande tempio di marmo bianco che le iscrizioni ricordano come dedicato ad Augusto e che, senza dubbio era associato a Roma e alla Triade Capitolina. Nelle vicinanze è stato trovato un certo numero di basi di statue innalzate agli imperatori e alle notabilità municipali della colonia, provenienti dal Foro. Fra gli altri monumenti già noti attraverso i testi epigrafici, sono state ritrovate le fondazioni dell'anfiteatro negli immediati sobborghi della città moderna, a circa 500 m a O del Foro. A circa 50 m a 8 di questo, gli scavi hanno messo in luce le parti sotterranee di un horreum in forma di quadrilatero, ogni ala del quale comporta una galleria centrale fiancheggiata a destra e a sinistra da cellae a vòlta. L'edificio è paragonabile ai magazzini generali di Ostia.
La città, colonia di diritto romano, fu senza dubbio fortificata fin dalla sua fondazione. Per quanto riguarda le mura, tuttavia, i soli bastioni di cui siano rimaste vestigia risalgono appena al basso Impero. Furono innalzati in fretta con l'aiuto di materiali di fortuna strappati ai monumenti e ai sepolcri per fare fronte al possibile ritorno di una invasione come quella degli Alamanni e dei Franchi nel 276, di cui N. certamente dovette soffrire. A quanto sembra non proteggevano che il centro della città.
Gli scavi hanno rivelato l'esistenza di due necropoli ai limiti N e S della città, al margine della via Domiziana. Le tombe della necropoli settentrionale sono scaglionate durante un periodo che va dal I al V sec. della nostra èra. Alcune di esse sono già cristiane. Ma il principale e più antico cimitero cristiano fu sistemato sul luogo già occupato dalla necropoli gallo-romana meridionale. Colà era stato sepolto Paolo, l'evangelizzatore e primo vescovo della città nell'ultimo venticinquennio del III secolo. Intorno alla sua tomba si era sviluppata una grande necropoli cristiana che nel 1946 ha rivelato numerose sepolture risalenti al IV e V sec., fra le quali vi è una serie di sarcofagi di marmo istoriati, che erano stati deposti in un mausoleo pagano o cella memoriae a pianta absidata, riadoperata per il culto cristiano dei morti.
Bibl.: C.I.L., XII, 4314-5359; 5958-6023; E. Espérandieu, Recueil général des bas-reliefs, I, 1907, 556-811; IX, 1925, 6881-6910; G. Lafaye, Inventaire des mosaïques, Parigi 1909, I, pp. 80-81; H. Leclercq, in Dict. Arch. Chrét., XII, 1934, c. 791 ss. La voce Narbo, in Pauly-Wissowa, Suppl. VII, 1940, non è aggiornata.
(† J. Jannoray)