narcisismo
L’amore, normale o patologico, verso sé stessi. È stato lo psichiatra tedesco Paul Nacke a usarlo per la prima volta (1898) per riferirsi alla descrizione, a opera dello psichiatra Havelock Ellis, riguardante un caso di autoerotismo patologico, in cui il soggetto trattava il proprio corpo come oggetto sessuale, fonte di desiderio e di piacere. Nel mito greco, il giovane e avvenente Narciso non concede amore a nessuno, ma specchiandosi in una pozza si innamora perdutamente della propria immagine e per accarezzarla cade in acqua perdendo la vita. Sigmund Freud mutua il termine da Nacke e lo utilizza dapprima per descrivere la scelta amorosa negli omosessuali. Questi soggetti, in virtù del proprio n., sceglierebbero dei giovani loro somiglianti per poterli amare come si sentirono amati dalla loro madre. Successivamente, nel fondamentale lavoro Introduzione al narcisismo (1914), Freud sviluppa ulteriormente il concetto e lo inquadra nella teoria psicoanalitica.
Nel pensiero di Freud, l’amore di sé precede l’amore per gli altri. In Introduzione al narcisismo, Freud indica come n. primario uno stadio precoce dello sviluppo, nel quale il neonato non è ancora in grado di stabilire un vero rapporto con gli altri e di provare amore e attenzione per chi si occupa di lui. Il piccolo investe tutta la sua libido in sé stesso, assumendosi come oggetto d’amore mentre vive completamente immerso nelle proprie sensazioni. Il prototipo di questa condizione sarebbe costituito dalla vita intrauterina, mentre il ritiro della libido dall’ambiente esterno durante lo stato di sonno ripristina lo stato di n. originario. Quando il bambino diventa capace di distinguere sé stesso dal mondo circostante e di stabilire un rapporto con le persone che si prendono cura di lui, rivolge loro una parte della sua capacità di attenzione e di amore: una parte dell’investimento libidico originario dell’Io è quindi ceduta agli oggetti (➔ oggetto/soggetto) con cui ora è in relazione e viene denominata libido oggettuale. Una quota di n. rimarrà per sempre come sano e benefico amore per la propria persona, base indispensabile per costruire l’autostima. Il n. normale conduce a ideali e scelte mature, al desiderio di realizzare le proprie aspirazioni e di migliorarsi, al rispetto per sé stessi e per gli altri, a una giusta cura di sé e del proprio aspetto. I genitori alimentano con l’espressione del loro amore e del loro gradimento il sano n. dei figli. Con l’inizio della vita sociale anche la benevolenza degli altri, i successi e i riconoscimenti funzionano come gratificazioni narcisistiche, ossia come importante rinforzo dell’autostima. Al contrario, la mancanza di amore e di considerazione, gli insuccessi e gli abbandoni producono ferite narcisistiche: offese all’autostima, sentimenti dolorosi di insicurezza, talvolta difficilmente superabili.
Il n. secondario è invece, per Freud, la condizione nella quale l’investimento libidico viene ritirato dai rapporti e dal mondo esterno per essere ricondotto su sé stessi, come accade in diverse situazioni. Una condizione fisiologica di n. secondario è rappresentata dallo stato di sonno, nel quale la libido si ritrae dal mondo circostante per tornare sulla propria persona al servizio dell’esclusivo desiderio di dormire. Il n. secondario è un processo fisiologico anche nel lutto o nelle separazioni. Nelle malattie organiche e negli stati dolorosi, finché dura la sofferenza, il malato ritrae i propri investimenti libidici dai suoi oggetti d’amore e li riversa sul proprio Io. Nell’ipocondria, interesse e libido vengono ritirati dal mondo esterno e concentrati sull’organo che cattura l’attenzione del soggetto. In alcune forme di grave malattia mentale la capacità di rapporto con gli altri e con la realtà viene meno. In psicoanalisi oggi vengono definite sindromi narcisistiche i disturbi della personalità nei quali un tratto essenziale è rappresentato da un’estrema difficoltà o incapacità di stabilire rapporti autentici. Il narcisista sente e vive sé stesso come il centro dell’universo, utilizzando gli altri per soddisfare le esigenze dello smisurato interesse che nutre per sé stesso. Profondamente insicuro, nonostante la sopravvalutazione di sé, egli dipende in modo esagerato dal giudizio degli altri ed è alla ricerca di continua approvazione. Incapace di vero amore e di empatia, intraprende relazioni narcisistiche con persone che inconsciamente sceglie sulla base di somiglianze con sé stesso e che utilizza, proprio come nel mito di Narciso, per amare la propria immagine riflessa in un rapporto apparente. Il n. nella società contemporanea non è più diffuso che in altri tempi, ma è più evidente e alimentato dai miti attuali della bellezza a tutti i costi, dell’eterna giovinezza e dell’apparire.