MALATESTA, Narciso
Nacque a Venezia il 26 ott. 1835 da Adeodato, pittore modenese trasferitosi in laguna per un soggiorno di studio e perfezionamento, e da Emilia Malverti.
Il piccolo M., in veste di Gesù Bambino, compare in una Sacra Famiglia dipinta dal padre proprio a Venezia (Frigieri Leonelli, p. 113) e in un S. Giovannino, ricordato dall'Asioli come "una delle più vaghe e gentili creazioni del Malatesta" (p. 36).
Dopo i primi studi modenesi presso l'Accademia Atestina, si perfezionò presso quella di Firenze. Professore per ventisei anni di disegno d'ornato, fotografia e topografia presso la Scuola militare di Modena, partecipò assiduamente a importanti rassegne espositive (Esposizione universale di Vienna nel 1873 e nazionali di Ferrara e di Torino negli anni 1875 e 1880), che gli valsero, grazie anche all'influente figura del genitore, una posizione di assoluto rilievo in ambito nazionale. Nel 1860 sposò Adele Mari, figlia del deputato al Parlamento italiano Adriano, da cui avrà un figlio, Baccio, futuro direttore del Gazzettino artistico letterario di Firenze. All'Esposizione di belle arti di Bologna (1863) presentò la Casa del saltimbanco, opera commovente che, stando alle descrizioni dei recensori, poneva il M. fra i più coinvolti seguaci della poetica verista (Martinelli Braglia, 1991, II, p. 894). Tale svolta lo portò ad ampliare la propria rete di referenze figurative, in cui presto confluiranno modelli eterogenei, aggiornati rispetto all'Accademia: innegabili le più che manifeste simpatie per la scuola napoletana esplicitate in opere come il Disertore (riprodotto intorno al 1874 da Gustav Schauer) o La chiatta (La malaria) del 1869 (Modena, Raccolta provinciale), quadro che, oltre a ispirarsi, nell'impianto formale e compositivo, a I profughi di Aquileia (1861) di Domenico Morelli, riprende anche la famosa Mal'aria (1850) di Ernest Hebert. Nel quadro del M. i toni della denuncia sociale appaiono smorzati, prigionieri di raggelate convenzionalità accademiche, in lui mai del tutto sopite e riaffioranti nel Falconiere (1872), considerato il suo lavoro più importante.
Acquistato dal ministero della Pubblica Istruzione, regalato all'Accademia di Brera e lì esposto nello stesso 1872 (Agosti), è opera medievaleggiante, debitrice del vasto repertorio di personaggi in costume presenti nell'album di disegni del padre (Firenze, Biblioteca nazionale), affine al morelliano Conte Lara (Roma, Galleria nazionale d'arte moderna) e vicina alla produzione di Bernardo Celentano e di Tranquillo Cremona.
Un compromesso tra lessico accademico e suggestioni veriste sembra concretizzarsi nell'Episodio della Rivoluzione del 1821 (Modena, collezione privata: ripr. in Martinelli Braglia, 1990, p. 15), opera ascritta al M. e nata da un'idea compositiva di Adeodato (Asioli, p. 146). Il suo realismo racconta eventi storici del recente Risorgimento come Lo sbarco di Garibaldi a Marsala o Vittorio Emanuele II al Quirinale (Modena, Raccolta provinciale), ma sposa anche il filone cronachistico e, come avviene in tutti gli artisti di questo scorcio di Ottocento, l'oggettiva fedeltà ottica diventa mezzo per narrare o ricostruire scenograficamente fatti e aneddoti del passato.
Quadri come Il Varchi che legge le storie a Cosimo de' Medici (Firenze, Galleria d'arte moderna), Giulio Cesare che si fa ritrarre come Apollo sagittario (comparso all'Esposizione nazionale di Ferrara nel 1875) o Il numismatico (Celestino Cavedoni che esamina un'antica moneta del 1870 circa, ora in collezione privata, un tempo presso l'Accademia di belle arti di Modena: De Gubernatis, p. 272) denotano l'avvicinamento del M. "al generismo in costume alla Fortuny, ad argomenti storici sia sulla corrente di un tardo romanticismo che sull'onda celebrativa delle gesta risorgimentali" (Martinelli Braglia, 1991, II, p. 894), filoni ispiratori della pittura di Francesco Hayez e del preraffaelita Dante Gabriel Rossetti: ne sono esempio la teatrale e fiorentina Scena di congiura (Modena, collezione privata: ripr. in Martinelli Braglia, 1996, p. 122) o la piccola tela, firmata, con Bimbo in abiti del XVIII secolo (Bologna, collezione privata) che ripropone eleganze alla Giacomo Favretto.
La sua ricca produzione, che toccò anche la pittura di paesaggio (Veduta di Spezzano del 1868, in collezione privata firmata, ma ascritta da Frigieri Leonelli, p. 54, al padre: ripr. con giusta attribuzione in Martinelli Braglia, 1996, p. 123), si compone anche di ritratti permeati dalla lezione del padre e dall'uso della fotografia: ecco allora il lucido Ritratto di Luigi Poletti (1870: Modena, Biblioteca civica L. Poletti) accostabile, per impianto classicista e ricercatezza di particolari al Ritratto del conte Camillo Guidelli Guidi (1871: Modena, Società di mutuo soccorso) o a quello del N. h. Giulio Ferrari Lelli e all'aulica Dama con stola d'ermellino, entrambi in collezioni private modenesi (Martinelli Braglia, 1990, p. 16, e 1996, p. 125). Anche nella pittura religiosa (De Gubernatis, p. 273) è ancora l'impronta paterna a influenzarne lo stile: con lui collaborò infatti nell'esecuzione dello stendardo processionale del Ss. Sacramento (1868-70 circa: Lesignana, chiesa dell'Assunta) e del Martirio dei ss. Nazario e Celso (1882: Vignola, chiesa dei Ss. Nazario e Celso), tela in cui il M. manifesta la riflessione sugli esiti della pittura del conterraneo Giovanni Muzzioli e anche sulle scelte stilistiche dei pompiers francesi (Martinelli Braglia, 1991, II, p. 894). Echi del Seicento emiliano animano il S. Sebastiano (Modena, chiesa del Voto) e il S. Giorgio ed il drago (1870: Ganaceto di Modena, chiesa di S. Giorgio), opera in cui il santo guerriero ricalca i ducali ritratti equestri delle raccolte estensi.
Da sottolineare pure l'attività di vignettista: nella rivista storico-artistica La Rivoluzione a Modena, pubblicata nel 1878 per commemorare i primi martiri dell'indipendenza, compare anche il nome del M. a firmare immagini di denuncia dal forte impatto comunicativo, come Italia libera e Fra Giovanni confessore dei condannati e Episodio della Rivoluzione greca del 1821 (ripr. in Frigieri Leonelli, p. 32).
Verso il 1882 il M. ultimò una delle due versioni della sofferta Dedizione di Enrico IV a Gregorio VII a Canossa (Modena, Galleria Estense), commissionata ad Adeodato nel 1845 dal conte Tommaso Gallarati Scotti; e suo è lo sfondo nel Ritratto della nobildonna Marta Malatesta Borsari (1888: Cento, Pinacoteca civica), l'ultimo dipinto dal padre. Particolare attenzione merita il paragrafo della natura morta, genere in cui il M. è da considerare uno dei maggiori esponenti in ambito modenese. Lo provano le tele della Pinacoteca di Cento Esposizione di frutta e verdura (1866) e Natura morta con selvaggina (1867), in cui il fitto gioco di rimandi al gusto sei-settecentesco emiliano, alla tradizione lombardo-veneta e alla preziosa ottica fiamminga ricalca precedenti lavori del padre. Eleganti nella cromia cristallina e raffinate nella resa materica degli oggetti sono Frutta e natura morta e Cesta con uva e susine (1876: Modena, Raccolta provinciale); particolarmente curiosa la Vanitas (1861: Ibid., collezione privata), allegoria della caducità della vita. Il M. eseguì molti quadri di soggetto cinegetico: uno dei primi, dal titolo Quadro da caccia, fu regalato dall'artista al re Umberto I (De Gubernatis, p. 273) ed è stato riconosciuto in una Cacciagione in collezione privata modenese (Martinelli Braglia, 1990, III, p. 967).
Il M. morì il 26 sett. 1896 nella residenza estiva di villa Rometta presso Sassuolo, acquistata qualche anno prima dal padre.
Fonti e Bibl.: L. Manfredini, Artisti di Modena, Modena 1862, p. 17; E. Ridolfi, Guida di Lucca, Lucca 1899, p. 41; F. Asioli, Adeodato Malatesta, notizie biografiche ed artistiche, a cura di G. Canevazzi, Modena 1905, pp. 37, 101, 146, 227, 247 s., 257, 262, 292, 294, 334, 336, 465, 482; A. De Gubernatis, Diz. degli artisti italiani viventi, Firenze 1906, pp. 272 s.; G. Martinelli Braglia, Dall'accademia al revival. Andrea Becchi( (catal., Carpi), Modena 1983, pp. 40 s.; L. Frigieri Leonelli, Pittori modenesi dell'Ottocento, Modena 1986, pp. 15, 32, 113-115; A. Ghirardi, N. M., in La Pinacoteca civica di Cento, a cura di J. Bentini, Bologna 1987, pp. 124 s.; G. Martinelli Braglia - D. Rubboli, Arti figurative, musica e teatro nell'Otto-Novecento, in Storia illustrata di Modena, a cura di P. Golinelli - G. Muzzioli, III, Milano 1990, pp. 806, 967, 970; G. Martinelli Braglia, L'Ottocento, in La raccolta d'arte della Provincia di Modena, a cura di G. Guandalini, Modena 1990, pp. 15 s., 45-48; Id., La pittura dell'Ottocento in Emilia Romagna, in La pittura in Italia. L'Ottocento, Milano 1991, I, p. 273; II, p. 894; G. Agosti, N. M., in Pinacoteca di Brera. Dipinti dell'Ottocento e del Novecento. Collezioni dell'Accademia e della Pinacoteca, II, Milano 1994, p. 440; G. Martinelli Braglia, Pittori a Sassuolo: Giulio Secchiari, Olivier Dauphin, Tommaso Costa, N. M., in Q.B. Quaderni della Biblioteca comunale di Sassuolo, 1996, n. 2, pp. 122-128; Lettere all'artista: testimonianze d'arte nell'Ottocento dall'epistolario di Adeodato Malatesta, a cura di L. Rivi, Modena 1998, pp. 44, 126, 145, 155 s., 158, 160; Modelli d'arte e di devozione. Adeodato Malatesta( (catal.), a cura di D. Ferriani, Milano 1998, pp. 104, 144, 186; L'Ottocento. Maestri di pittura a Modena e Carpi (catal.), a cura di E. Barbolini - A. Garuti, Carpi 2005, pp. 54 s.; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIII, p. 587.