NARCISO (Νάρκισος; Narcissus)
Figlio del dio del Cefiso e della ninfa Liriope, N., giovinetto di straordinaria bellezza, fu oggetto della passione amorosa di numerose fanciulle e ninfe, tra le quali Eco (v.). N., incurante sempre dell'amore, fu colpito dalla vendetta di Nemesi: specchiandosi un giorno nell'acqua di una fonte, s'innamorò delle proprie fattezze a tal punto da lasciarsi morire per raggiungere l'immagine amata. Al bel fiore improvvisamente sbocciato nel punto dove il fanciullo aveva trovato la morte, fu dato il nome di narciso. Questa la versione più nota del mito, quale appare nei versi di Ovidio (Met., iii, 339 ss.).
Gli stessi motivi fondamentali - indifferenza verso l'amore altrui, improvvisa passione verso la propria immagine, morte - si ritrovano anche, se pur con particolari variati, nella saga beotica, nella regione cioè patria del giovanetto (la fonte Δονακών presso Tespi veniva infatti indicata come la Ναρκίσσου πηγή Paus., ix, 31, 6). Alquanto differente è invece il racconto di Pausania (loc. cit. e ss.), una specie di giustificazione razionale del poetico mito: nella propria immagine riflessa, N. avrebbe volutamente identificato il volto dell'amatissima sorella, a lui del tutto simile, morta prematuramente.
Il mito di N. fu molto probabilmente una creazione poetica dell'ellenismo: a conferma di questa affermazione è l'assenza di opere figurative in periodi più antichi; del tutto ipotetiche infatti sono da tempo considerate le identificazioni con N. di generiche statue di efebi policletei.
Le raffigurazioni di N., che iniziano in periodo ellenistico e continuano sino alla tarda antichità - talvolta sicuramente indicate dal nome scritto accanto - mostrano due tipi iconografici ben differenti: nella maggior parte delle opere pervenute, N. è seduto su una roccia e mira il proprio viso riflesso in una fonte; altre opere invece ci mostrano il giovane stante, in attitudine di languido riposo, col capo reclinato. In entrambi i casi, la figura di N. non si presenta quasi mai sola, ma accompagnata da piccoli eroti, e la scena è per lo più ambientata su uno sfondo paesaggistico, alla presenza talvolta di Eco (v.), più spesso di ninfe o erme di Dioniso.
Del primo tipo sono numerosi affreschi pompeiani e tre mosaici di Antiochia; di probabile identificazione possono ritenersi alcune generiche statue di efebi, poste a decorare atri o fontane. Seduto in languido abbandono, in un paesaggio silvestre è anche il N. che appariva nel dipinto minuziosamente descritto da Filostrato Maggiore (Imag., I, 23). Alcune parole impiegate da Filostrato nella sua descrizione (... ἀστράπτει δέ ... ἐς τὸ ὕδωρ) sono state richiamate dal Levi, per spiegare il nimbo luminoso che appare dietro la testa di N. in due mosaici antiocheni. L'originale dal quale dipendono, con varianti, le copie del N. seduto in posizione obliqua è datato dal Levi in epoca tardo-ellenistica; pittoricamente il linguaggio figurativo che si può immaginare per l'archetipo non contrasterebbe però ad una datazione all'inizio dell'ellenismo. Rimane dubbio se la figura del giovane seduto fu creata per la raffigurazione di N., o se non si possa pensare piuttosto ad un adattamento di un tipo usato ad esprimere la figura di Endimione e di altri fanciulli del mito. Di quest'ipotesi è il Levi che nota come infatti la figura in posizione di erotico abbandono mal si adatti all'attitudine di N. quale appare letterariamente, immaginato cioè in intensa e stupita contemplazione del proprio viso improvvisamente veduto.
Per il tipo di N. stante, che appare di preferenza in rilievi e su gemme, ma anche in pitture e mosaici, si può presupporre un originale statuario posteriore al IV sec. a. C., opera di un artista che avesse conosciuto gli insegnamenti sia di Prassitele che di Lisippo.
La statua di N. descritta da Callistrato (Ekphr., 5) non doveva sicuramente esistere in realtà, ma fu ideata dall'autore a scopo retorico.
Monumenti considerati. - Si trovano raccolti nel volume di D. Levi cit. in bibl., a cui si aggiunga: K. Schefold, Die Wände Pompejis, Berlino 1957, p 371 (per i dipinti pompeiani) e F. Chapouthier, Les peintures murales d'un hypogée funéraire pres de Messyef, in Syria, xxxi, 1954, p. 173 ss.
Tipo A (= N. seduto): Pompei: Casa dell'Ara Massima, Casa di Lucrezio Frontone, Casa dell'Efebo di Bronzo, Casa della Regio v, 2, 14, Casa della Pescatrice, Casa dei Dioscuri, Villa di Diomede; Messyef, ipogeo; Antiochia: Casa del Narciso, Casa del Menandro, Casa del Buffet Supper.
Tipo B (N. stante): statuetta in terracotta di tipo Tanagra; rilievo di Palazzo Colonna; sarcofagi; puteal di Ostia; dipinto da una Villa presso Torre Annunziata; Pompei: Casa di Ganimede, Casa sulla Strada di Holconius; Antiochia: Casa del Pavimento Rosso. Mosaici: da Orbe (Svizzera), da Vaison ad Avignone; dal calidarium di Henshir Thira (Tunisia), da Villelaure in Vaucluse. Gemme (a Berlino e Firenze).
Bibl.: S. Eitrem, in Pauly-Wissowa, XVI, 1935, c. 1721 ss., s. v. Narkissos; D. Levi, Antioch Mosaic Pavements, Princeton 1947, I, p. 60 ss.; A. Wesselski, Narkissos oder das Spiegelbild, in Archiv Orientálni, 1935, p. 37 ss.; 328 ss.