di Zosia Mroczek
Decenni di conflitti e l’assenza di uno stato di diritto nelle regioni lungo la Linea Durand hanno spianato la strada a estremisti religiosi e signori della guerra, e hanno reso il confine estremamente poroso. Da entrambi i suoi lati, l’economia è soggetta a un controllo non statale di stampo mafioso, che ha privato la popolazione di opportunità di guadagni leciti e aggravato lo stato d’insicurezza in cui versa la regione. Sin dall’invasione sovietica nel 1979, l’Afghanistan è diventato il maggiore produttore ed esportatore del papavero da oppio. Le Nazioni Unite stimano che l’oppio afghano costituisca circa l’80% della produzione globale (2014). Oltre alla tratta che rifornisce la Russia attraverso le repubbliche centroasiatiche, le esportazioni maggiori di oppio partono dall’Afghanistan meridionale verso l’Iran, direttamente o tramite il Belucistan pachistano, per giungere poi in Turchia, nei Balcani e in Europa. Una parte considerevole della droga attraversa le instabili aree tribali a sud della Linea Durand e si dirige verso il Sud-Est asiatico e la Cina, ma anche verso i grandi porti di Karachi o Gwadar, per continuare poi verso l’Africa e altre destinazioni. L’oppio lascia l’Afghanistan in forma grezza o raffinata (principalmente eroina). Lungo il suo tragitto verso la destinazione finale emergono reti dei trafficanti, raffinerie e mercati locali, come in Iran, dove accanto all’uso tradizionale dell’oppio si diffonde l’uso dell’eroina. Il giro di affari generato a livello mondiale dall’oppio afghano supera sessanta miliardi di dollari all’anno (Nazioni Unite, 2010). Da entrambi i lati della Linea Durand, gli alti profitti attraggono le organizzazioni criminali, nonché altri soggetti che hanno bisogno di ricorrere ai finanziamenti illeciti, come gruppi terroristici ed estremisti religiosi. In Afghanistan, il controllo del mercato della droga fu assunto dai talebani sin dalla loro ascesa al potere nei primi anni Novanta.
Sebbene il consumo di sostanze stupefacenti sia in contraddizione con la dottrina islamica, i talebani hanno svolto un ruolo di protezione dei produttori e dei trafficanti, e tassandoli hanno raccolto fondi ingenti. Nonostante le restrizioni sulla produzione di oppio imposte dal mullah Omar nel 2000, le coltivazioni ripresero presto vigore, in particolare dopo l’intervento nel paese della coalizione internazionale nel 2001 e la conseguente sconfitta del regime talebano. Il narcotraffico, essendo molto redditizio, rappresenta per gli insorti una risorsa importante per finanziare la lotta contro il governo. Tant’è vero che i talebani sono sempre più spesso coinvolti nella gestione diretta della produzione e del traffico di oppiacei. Tuttavia, l’oppio non porta ricchezza a tutti. Ai piccoli coltivatori di papavero da oppio spetta un profitto minimo poiché devono cedere una parte del raccolto ai comandanti talebani. Nonostante ciò, l’eradicazione del narcotraffico rimane un compito difficile visto che le campagne tese ad arginare la dipendenza dell’agricoltura dall’oppio stentano a trovare un’alternativa sostenibile per l’economia locale.
Oltre ai narcotici, attraverso la Linea Durand transitano clandestinamente tante altre merci, dal legname fino ai prodotti cinesi. Molte di queste provengono dalle importazioni agevolate di cui beneficia l’Afghanistan nell’ambito degli sforzi internazionali per rilanciare la sua economia lacerata dalla guerra. Il paese è privo di sbocchi marittimi e le merci arrivano solitamente via Pakistan. Tuttavia, una gran parte di questi prodotti, una volta arrivata regolarmente in Afghanistan, torna in Pakistan illegalmente, per essere poi rivenduta sui mercati neri di Chaman (un villaggio frontaliero), di Peshawar e nel resto del paese, aggirando cosi gli elevati dazi doganali pachistani. Il fenomeno dilagante del contrabbando, aggravato da una diffusa avversione verso l’amministrazione centrale e le tasse, arreca ogni anno un danno enorme al bilancio del Pakistan. Inoltre, la presenza di prodotti stranieri contrabbandati, che sono più attraenti e più a buon mercato rispetto a quelli locali, soffoca qualsiasi iniziativa d’industria o d’artigianato in queste regioni, già sottosviluppate e povere. Di conseguenza, il commercio abusivo rimane l’unica fonte di guadagno, non solo per le mafie dei trafficanti, ma per intere comunità, dai commercianti ai camionisti, ai bambini corrieri, fino ai funzionari corrotti della dogana. Il contrabbando e il narcotraffico diventano in questo modo endemici, alimentando un circolo vizioso difficile da spezzare. La criminalità produce violenza, ma allo stesso tempo nutre le sue vittime.