NARDO di Cione
(o Bernardo)
Pittore fiorentino attivo intorno alla metà del Trecento a Firenze e dubitativamente a Pisa, fratello del più celebre Andrea, di Jacopo, anch'egli pittore, e di Matteo, noto come scultore.La prima menzione relativa a N. è quella che compare nell'elenco dei pittori iscritti all'Arte dei medici e speziali stilato intorno al 1346 dal notaio Jacopo di Giunta (Hueck, 1972, p. 121). È di questi anni (1347 ca.) un documento dell'Opera di S. Giovanni Fuorcivitas di Pistoia dove sono citati i pittori ritenuti idonei per l'esecuzione di una tavola per la chiesa, tra i quali, oltre al fratello Andrea, compare Nardo in Balla; questo riferimento topografico al domicilio fiorentino del pittore, che abitava con lo stesso fratello presso la porta Balla nel quartiere di S. Giovanni, chiarisce presumibilmente il luogo dove avevano insieme la bottega (Chiappelli, 1900, p. 2).Nel Sepoltuario Strozziano del sec. 17° (Firenze, Bibl. Naz., Magliabechiano XXVI, 170) è ricordata l'esistenza di una Madonna dipinta su di un pannello presso l'ufficio della gabella di Firenze con l'iscrizione "A(nno)D(omini) 1356 Nardus Cionis de Florentia me fecit". Annoverato anche alla fine del sesto decennio tra gli iscritti all'Arte (Offner, 1960, p. 4), N. ricevette il 24 ottobre 1363 l'incarico di decorare l'oratorio del Bigallo (Procacci, 1973, p. 316), commissione eseguita totalmente da aiuti, e che dovette anche rappresentare uno degli ultimi impegni del pittore; N. il 21 maggio del 1365 faceva redigere il suo testamento a favore dei tre fratelli e nel 1366 risultava scomparso (Firenze, Arch. di Stato, Bigallo, 723, Registro di lasciti fatti alla compagnia della Misericordia, cc. 157r e v).L'autorevole testimonianza dei Commentari di Lorenzo Ghiberti riferisce, a proposito del fratello Andrea, una breve nota in cui è ricordata anche l'opera di N. "nella cappella dello ᾽nferno che fece fare la famiglia degli Strozzi" nella chiesa fiorentina di S. Maria Novella, nella quale "seguì Dante in detto Inferno" e che fu "condotta con grande diligenza". Anche Vasari (Le Vite, II, 1967, p. 217), trattando di Andrea di Cione, ricorda l'attività di N., che oltre alla cappella Strozzi aveva lavorato sempre nella stessa chiesa per la cappella maggiore, di proprietà all'epoca dei Ricci, successivamente rifatta da Domenico Ghirlandaio, di cui sono rimasti pochi brani, tra i quali alcuni busti di profeti assegnati a N. (Firenze, Mus. di S. Maria Novella; Kreytenberg, 1994-1995). A proposito di questa impresa Vasari ricordava che N. "tolse in compagnia" Andrea, facendo adombrare l'ipotesi di una maggiore età di N. o comunque di una dipendenza di Andrea nella specialità della decorazione ad affresco. Ancora secondo Vasari (Le Vite, II, 1967, p. 218) N., sempre in collaborazione con il fratello, aveva decorato la cappella Cresci nella chiesa di S. Maria de' Servi (pittura perduta) e aveva realizzato un'Incoronazione (Londra, Nat. Gall.) per la chiesa di S. Pier Maggiore, da assegnare invece al fratello Jacopo, oltre ad aver affrescato la facciata di S. Apollinare (oggi scomparsa). Altre decorazioni realizzate per il Camposanto pisano sono state senza fondamento assegnate da Vasari a Nardo.Pressoché ignorato dalla tradizione critica ottocentesca che, sulla linea vasariana, considerava l'operato del pittore esclusivamente a margine dell'attività del fratello Andrea, N. acquistò soltanto agli inizi di questo secolo una rivalutata posizione nella storia della pittura fiorentina. A tale proposito va anche ricordata la posizione di Baldinucci (1681, p. 271) che, anche sulla base della non chiara ricostruzione di Vasari, capovolgeva il rapporto tra i due fratelli alludendo più decisamente a un discepolato di Andrea, che N. "prese in aiuto" per la realizzazione della cappella maggiore di S. Maria Novella. La sollecitazione che proveniva da tale ipotesi, che sovvertiva una consolidata prospettiva storica nella quale gli esiti della pittura fiorentina della seconda metà del Trecento erano indirizzati esclusivamente nella direzione di Andrea, condusse Suida (1905) e Sirén (1907) a riconsiderare la portata della personalità artistica di Nardo. L'ampliamento del catalogo di N. cominciava così a misurare la nuova posizione dell'artista e soprattutto a decretare una sostanziale originalità rispetto alla cultura formale del più noto fratello. Alle estreme conseguenze di questo processo giunse Toesca (1929), che per primo rilevò un confronto stilistico tra i due fratelli decisamente a favore di N., il quale nel corso della seconda metà del secolo aveva rielaborato uno dei maggori filoni della cultura giottesca che proveniva dall'esperienza di Maso di Banco. L'analisi del Paradiso rappresentato nella cappella Strozzi in S. Maria Novella conduceva a definire N. come "dotato di una propria armoniosa maniera" (Toesca, 1929, p. 49). Dopo la notevole rivalutazione di Andrea di Cione proposta da Boskovits (1971), che tuttavia non mancava in seguito di sottolineare il maggior lirismo di N. (Boskovits, 1975, p. 25), i contributi più recenti sulla pittura fiorentina del secondo Trecento si muovono in disamine più equilibrate a proposito dei fratelli. Così le valutazioni di Volpe (1983, pp. 265-267) - che nella complessa e dibattuta questione intorno al più fecondo filone dell'eredità giottesca, quello di Maso di Banco, Stefano e Giottino, sottolinea all'interno dell'accademia orcagnesca l'originalità della posizione di N. - vengono confermate ancora più recentemente da Ragionieri (1986, p. 307), che ricordandone "la maniera più pittorica" rispetto al fratello Andrea aggiunge un altro importante riferimento per l'artista rappresentato dalla presenza a Firenze di Giovanni da Milano.La breve carriera di N., concentrata in ca. un ventennio tra gli anni quaranta e il 1365 e la totale assenza di opere firmate, nonché gli scarsi documenti sulla sua attività, hanno consentito soltanto per via attributiva e con ragionevoli incertezze cronologiche di ricostruire il profilo artistico del pittore. Punto di riferimento centrale, che costituisce anche il momento della maturità di N., è la decorazione della cappella Strozzi in S. Maria Novella. Quest'impresa, unanimemente collocata in prossimità della celebre pala del fratello (1354-1357), venne commissionata da Tommaso Strozzi, raffigurato insieme alla moglie nel Paradiso, ma fu probabilmente ispirata dallo zio di questi, il domenicano Piero Strozzi, priore del convento, da identificarsi con uno dei personaggi vicini a Dante Alighieri tra i beati. La decorazione Strozzi, emblematicamente definita da Longhi (1959, p. 11) "il Dante murale", costituisce la più fedele trasposizione figurativa del poema, da poco (1335) riammesso come lettura lecita dal Capitolo provinciale dell'Ordine. La grandiosa architettura della Commedia si ripresenta integra sia nella fedele divisione delle tre cantiche, sia nella rappresentazione delle figure mitologiche, sia nella volontà di raffigurare alcuni personaggi storici secondo un analogo intento allegorico e morale. Come sottolineato da Boskovits (1975, p. 25), il carattere più intenso di questa opera è costituito dal páthos della figurazione, che giunge a svolgere, per la prima volta nella storia della pittura fiorentina del periodo, un'acuta analisi psicologica dei personaggi, rappresentati anche secondo intenti ritrattistici che arrivano allo studio iconografico, come nel caso degli imperatori romani raffigurati secondo i modelli diffusi dalle monete.Gli esordi del pittore sono stati ipotizzati sia in questa stessa chiesa (metà degli anni quaranta), nella decorazione delle Storie della Vergine nella cappella di S. Anna situata nel chiostro dei Morti (Becherucci, 1948, p. 155; Antal, 1947, trad. it. p. 18), considerate tuttavia anche come opera di seguaci (Offner, 1960, p. 76), sia nella chiesa fiorentina di Badia (Boskovits, 1975, p. 25), nelle decorazioni ad affresco (Firenze, depositi della Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici) delle cappelle Giochi-Bastari (Storie della Passione) e Covoni (Martirio di s. Bartolomeo).La monografia di Offner (1960), la cui stessa concezione attesta la notevole considerazione critica maturata intorno all'opera di N., colloca invece la tavola raffigurante S. Benedetto (Stoccolma, Nationalmus.; Offner, 1960, pp. 9-10) con la relativa predella (Firenze, Coll. Berenson; Offner, 1960, p. 12) all'inizio della produzione di N., insieme all'Incoronazione (Londra, Vict. and Alb. Mus.; Offner, 1960, p. 15), cui secondo l'ipotesi dello studioso vanno aggiunti i due laterali con quattro santi (Monaco, Alte Pinakothek), come opere della fine degli anni quaranta, nelle quali oltre alla fondamentale influenza di Maso di Banco si riscontra, nella profilatura delle figure, un chiaro riferimento alla produzione di Bernardo Daddi. A questo periodo iniziale vanno aggiunti la Crocifissione di Firenze (Uffizi; Offner, 1960, p. 42), quella di una coll. privata tedesca (Offner, 1960, p. 46) e lo splendido polittico di Praga (Národní Gal.; Offner, 1960, pp. 33-34), che potrebbe costituire l'esito di una commissione pisana a causa della raffigurazione preminente di S. Ranieri, la presenza del quale giustificherebbe anche la presunta attività di N. in quella città confusamente ricordata da Vasari (Le Vite, II, 1967, p. 220). A un periodo di poco antecedente alla cappella Strozzi, e quindi agli inizi degli anni cinquanta, risale il tabernacolo di Washington (Nat. Gall. of Art; Offner, 1960, p. 24), che risulterebbe precedente la notevole Madonna con il Bambino e quattro santi (New York, Historical Society; Meiss, 1951, p. 18; Boskovits, 1975, p. 197). In quest'ultima opera la rappresentazione dei quattro patroni di Firenze ha fatto ipotizzare che la tavola potesse essere quella documentata dal Sepoltuario Strozziano nell'ufficio della gabella di Firenze. Le stesse considerazioni di Offner (1960, p. 68), che colloca invece quest'opera nella produzione estrema del pittore poiché fortemente influenzata dalla cultura del fratello Andrea, potrebbero fornire altri argomenti che comproverebbero la contemporaneità di questo dipinto con la pala Strozzi di Andrea (1357 ca.) e quindi con l'impresa decorativa della cappella.Vicina ai modelli femminili espressi nella decorazione Strozzi è anche la Madonna Jones (Minneapolis, Society of Fine Arts, Ist. of Arts; Offner, 1960, p. 28), mentre a un periodo di poco posteriore appartengono i Ss. Pietro e Giovanni Evangelista (New Haven, Yale Univ., Art Gall.; Offner, 1960, p. 62), sportelli laterali di un trittico perduto. Riconosciuti soltanto come esecuzioni di seguaci di N. (Offner, 1960, pp. 88-94), ma generalmente accettati come opere della produzione estrema del maestro, sono i due trittici datati 1365 conservati a Firenze (Gall. dell'Accademia; Santa Croce, sagrestia), che furono realizzati nell'anno di morte del pittore. Ancora all'estrema attività di N. sono assegnate parti non secondarie del grande affresco che decora una parete del cenacolo della chiesa fiorentina di Santo Spirito raffiguranti la Crocifissione, eseguita insieme al fratello Andrea e con larga partecipazione della bottega (Becherucci, 1948, p. 146ss.).L'influenza notevole di N. sulla pittura fiorentina della seconda metà del Trecento è attestata dal corposo elenco di opere riferite ai suoi seguaci (Offner, 1960, pp. 94-108) così come dai dati stilistici della sua maniera riscontrabili in Giovanni Bonsi, Giovanni del Biondo e Andrea di Bonaiuto, nonché nello stesso fratello minore Jacopo. Non definitivamente chiarita è invece la sua posizione nell'ambito dell'accademia orcagnesca, nella quale convissero le maggiori esperienze ereditate dalla cultura giottesca, sebbene sembra concordemente profilata una considerazione critica che isola la figura di N. rispetto alla bottega familiare costituendone uno dei riferimenti maggiori per la cultura tardogotica fiorentina.
Bibl.:
Fonti. - Lorenzo Ghiberti, I Commentari, a cura di J. von Schlosser, Berlin 1912, I, pp. 36-37; Vasari, Le Vite, II, 1967, pp. 217-218; F. Baldinucci, Notizie de' professori del disegno da Cimabue in qua, I, Firenze 1681, pp. 271-272.
Letteratura critica. - A. Chiappelli, Di una tavola dipinta da Taddeo Gaddi e di altre antiche pitture nella chiesa di S. Giovanni Fuorcivitas a Pistoia, Bullettino storico pistoiese 2, 1900, pp. 1-6; W. Suida, Florentinische Malerei um die Mitte des XV. Jahrhunderts, Strassburg 1905, pp. 18-20; O. Sirén, Kult olh konst [Culto e arte], Stockholm 1907, p. 111; P. Toesca, La pittura fiorentina del Trecento, Verona 1929; F. Antal, Florentine Painting and its Social Background, London 1947 (trad. it. La pittura fiorentina e il suo ambiente sociale nel Trecento e nel primo Quattrocento, Torino 1960); L. Becherucci Ritrovamenti e restauri orcagneschi, BArte, s. IV, 33, 1948, pp. 24-33, 143-156; M. Meiss, Painting in Florence and Siena after the Black Death, Princeton 1951 (trad. it. Pittura a Firenze e Siena dopo la Morte Nera, Torino 1982, pp. 18-19); R. Longhi, Qualità e industria in Taddeo Gaddi, Paragone 9, 1959, 111, pp. 3-12; R. Offner, A Critical and Historical Corpus of Florentine Painting, IV, 2, New York, 1960; Omaggio a Giotto, cat., Firenze 1967, pp. 50-51; M. Boskovits, Orcagna in 1357 and in other Times, BurlM 113, 1971, pp. 239-251; I. Hueck, Le matricole dei pittori fiorentini prima e dopo il 1320, BArte, s. V, 57, 1972, pp. 114-121; U. Procacci, L'affresco dell'Oratorio del Bigallo ed il suo maestro, MKIF 17, 1973, pp. 307-324; M. Boskovits, Pittura fiorentina alla vigilia del Rinascimento, 1370-1400, Firenze 1975, pp. 25-26; R. Fremantle, Florentine Gothic Painters. From Giotto to Masaccio, London 1975; C. Volpe, Il lungo percorso del 'dipingere dolcissimo e tanto unito', in Storia dell'arte italiana, V, Dal Medioevo al Quattrocento, Torino 1983, pp. 232-304; G. Ragionieri, Pittura del Trecento a Firenze, in La Pittura in Italia. Il Duecento e il Trecento, Milano 1986, I, pp. 283-314; G. Kreytenberg, Orcagna, Fresken im Hauptchor von Santa Maria Novella und deren Fragmente, Studi di storia dell'arte 5-6, 1994-1995, pp. 9-40.S. Petrocchi