Vedi NARNI dell'anno: 1963 - 1995
NARNI (v. vol. V, p. 352)
Santuario di Feronia. - Connesso con l’oppidum di Nequinum era un luogo di culto di Feronia individuato nel sito suburbano, c.a 800 m a S di N., occupato da una fontana, la Fonte Ferogna o Feronia, alimentata da una sorgente ancora attiva e condotta da un antico cunicolo, ricordata in atti di archivio del XII, XVI e XVII sec. e negli Statuti Comunali. Il cunicolo, orientato E-O, lungo 78 m, con due pozzi verticali per l'aerazione e l'ispezione, inizia da un incile da cui sgorga la sorgente, in parte scavato in galleria nella roccia, in parte scavato in trincea e costruito con pareti in opera poligonale e in opera quadrata e copertura piana. L'ultimo tratto coperto è a cappuccina; i restauri del settore centrale e l'apertura di un altro cunicolo secondario sono di età post-antica.
La sopravvivenza toponomastica in un luogo connotato da componenti topografiche (ambiente boschivo, sorgente, vicinanza all'antica Via Flaminia, posizione di confine tra il territorio umbro e sabino) analoghe a quelle peculiari degli altri santuarîdi Feronia, la predilezione di questa sorgente rispetto alle altre di N., la presenza di una vicina e antica cappella consacrata significativamente alla Madonna delle Grazie, ma soprattutto l'antichità del cunicolo, sono emblematici dell'esistenza di un luogo di culto di carattere salutare dedicato a Feronia e introdotto nel IV sec. a.C. dalla vicina Sabina a N., da dove con la romanizzazione si sarebbe diffuso in altre località dell'Umbria antica lungo l'asse della Via Flaminia e verso la Cispadana e il Veneto.
Topografia e urbanistica. - La fondazione della colonia latina di N. comportò anche un assetto urbanistico regolare impostato sull'incrocio ortogonale di assi stradali, con il cardo maximus costituito dal tracciato urbano della Via Flaminia, ricalcato dall'asse Via Garibaldi-Piazza dei Priori-Via Mazzini. In questo sistema ricostruibile più dalla attuale parcellatura catastale che dalla scarsa documentazione archeologica disponibile, è identificabile, in un tratto di pavimentazione lastricata con canaletto marginale rinvenuto in Via Garibaldi, il foro antico. Uno scavo, condotto al pianterreno dell'edificio d'angolo tra Piazza Cavour e Via C. Franceschi Ferrucci, ha messo in luce il prolungamento verso E della cinta muraria meridionale di N. costruita in opera quadrata, permettendo di stabilirne, sulla base dei dati stratigrafici, la cronologia al III sec. a.C., in relazione alla fondazione coloniale di Narni.
All'edilizia pubblica narnese della fine del I sec. a.C. appartiene l'acquedotto Formina utilizzato per il fabbisogno idrico ininterrottamente dall'età romana fino al 1924, connotato da una permanenza strutturale, di configurazione in gran parte medievale, e topografica raccordata e innestata sui resti della precedente struttura romana, assai alterata, ma invariata sotto il profilo topografico, con una stratificazione di molteplici interventi di restauro documentati da dati di archivio. Dal caput aquae, in località La Presa, fino a N., l'acquedotto, incanalando sette sorgenti, si snoda con un percorso serpeggiante sotterraneo, seminterrato o sopraelevato, a seconda della tipologia costruttiva, in direzione NO lungo le pendici della catena montuosa narnese amerina, con uno sviluppo in lunghezza di conduttura effettiva di km 12,628 in rapporto a una distanza in linea d'aria di km 7,5 e con una pendenza del sei per mille.
A seconda della morfologia del terreno e della necessità di mantenere costante la pendenza, l'acquedotto è scavato in trincea e costruito in muratura di blocchetti di pietra, con uno speco intonacato di m 1,25 x 0,45 coperto a cappuccina con lastroni di calcare o in piano o a volta, oppure è scavato in galleria entro le montagne, con cunicoli alti più di i 2 m e lunghi fino a 645 m. L'accesso per l'ispezione, l'aerazione e l'asportazione del materiale di risulta era consentito da 55 pozzi verticali, profondi dai 15 ai 2 m, e da 139 «bocchette» o finestrelle aperte nelle pareti dello speco. I corsi d'acqua incontrati lungo il percorso sono superati con opere di briglie e con quattro ponti, di cui due, il Ponte Vecchio e il Ponte Cardona, si sono conservati nella struttura romana: a un solo arco, costruiti in opera quadrata con conci di travertino, armilla a cunei pentagonali, sono analoghi architettonicamente ai ponti narnesi della Via Flaminia. Il terminale del condotto extra-urbano sfociava al castellum aquae localizzato all'incrocio tra Via C. Nerva e Via del Monte, da dove si diramavano a condotta forzata tubature che alimentavano gli edifici urbani, fra cui un lacus conservato nella fase medievale.
Alla serie delle opere connesse al ripristino della Via Flaminia operato da Augusto nel 27 a.C. è ascrivibile anche un imponente muro in opera quadrata situato c.a 450 m a S di N., in località Le Grazie, sotto il margine settentrionale della S.S. n. 3 bis che ricalca l'antica via consolare. Lungo 32 m, alto oltre 7 m, rinforzato a valle da tre contrafforti e attraversato da un canale che imbrigliava l'acqua di un fosso che scendeva da un'altura, la funzione del muro era triplice: di sostruzione stradale, di regimentazione idraulica e di attraversamento del corso d'acqua.
La ricchezza di argilla contestualmente alla navigabilità del Nera, ricordata dalle fonti (Strab., V, 2, 10 e 3, 7; Tac., Ann., III, 9), con i relativi impianti portuali intermedi come quello di Stifone, o alla confluenza con il Tevere, come quello di Piscinale, favorirono l'installazione di officine laterizie, quali p.es. le figlinae Narnienses (CIL, XV, 347-353). La vicinanza con Roma, nella cui orbita economica e culturale gravitava N., e la facilità di comunicazione con l'Urbe offerta dalle vie fluviali e terrestri, favorirono, alla fine del I sec. a.C., lo sviluppo nel territorio municipale di ville rustiche, ricordate anche dalle fonti (Plin., Ep., 1, 4; CIL, XI, 4127) e individuate sulla base della toponomastica prediale e della tipologia dei ritrovamenti sparsi.
Raccolte civiche. - Le sculture, quasi tutte di ambito funerario, e le epigrafi della raccolta civica sono indicative della cultura artistica e dell'organizzazione amministrativa del municipio di N.: alla fine dell'età repubblicana risalgono il leone funerario raffigurato nel consueto schema iconografico e l'edicola con i tre busti-ritratto dei Latuedii; a tipi iconografici del V e IV sec. a.C. rimandano il torso maschile e la statuetta di Artemide conservati nell'ex chiesa di S. Domenico. Su una lastra funeraria della prima metà del III sec. d.C. è raffigurata la caccia calidonia.
Bibl.: P. Gazzola, Ponti Romani, II, Firenze 1963, pp. 57-58, 88-89; W. V. Harris, Rome in Etruria and Umbria, Oxford 1971, passim; M. Bigotti, G. A. Mansuelli, A. Prandi, Nami, Roma 1973; D. E. E. Kleiner, Roman Group Portraiture, Londra 1977, p. 221; D. Monacelli, Un luogo di culto di Feronia a Nami, in DArch, III, 1985, 2, pp. 93-107; ead., L'acquedotto Formina di Nami, in BdA, LXXI, 1986, pp. 123-142; ead., Bolli laterizi urbani a Narni, in Opus, V, 1986 (1990), pp. 97-106; ead., Materiali da un contesto di età repubblicana di Nami, in AnnPerugia, XXIV, 1986-87, pp. 141-168; ead., Un muro di sostruzione della via Flaminia a Narni, ibid., XXV, 1987-88, pp. 205-216; ead., Nami (Temi). Loc. Molino del Passatore. Resti di un insediamento rustico, in BA, II, 1990, 3, pp. 45-50; AA.VV., L'elephas antiquus di Taizzano, Narni 1991; D. Monacelli, Un'iscrizione funeraria a Nera Montoro, in Archeologia. Gruppo Archeologico Guárdese, XVII, 1992, I, p. 18.