DALLE LASTE (Delle Laste), Natale
Nato a Marostica (Vicenza) il 30 marzo 1707 da Pietro e Margherita Tisocco, entrò in seminario a soli undici anni e conseguì a ventidue la laurea in teologia. La sua innata predisposizione per le lettere classiche (cui si deve la latinizzazione del cognome in Lastesio), accompagnata da una vivace immaginazione e da una spiccata capacità di applicazione allo studio, lo mise subito in evidenza tra gli allievi padovani e indusse i superiori a trattenerlo come docente di umanità. Facilità e politezza di scrittura in prosa e in versi, in italiano e in latino, lo imposero ben presto all'attenzione degli ambienti di Padova e del Veneto; la sua fama di latinista, ben presto diffusa in tutta Italia, gli procurò un ampio giro "di relazioni culturali ma gli suscitò la gelosia del Facciolati, che ambiva all'assoluto primato patavino nell'ambito degli studi latini. Stanco delle difficoltà che il celebre umanista frammetteva alla sua attività di insegnamento, nel 1737 lasciò il seminario e, declinato un invito a recarsi a Ceneda, aprì una scuola privata dove insegnò per vari anni umane lettere, logica, metafisica, diritto naturale, civile e politico.
Nel 1741 scrisse le Regole della costruzione latina (Venezia 1741, 2 ediz. 1751), un agile manualetto fondato sulla "ragione" e la semplicità dei metodi di apprendimento, inizialmente concepito per l'educazione del suo allievo Marino Cavalli, ma in effetti destinato poi ad un pubblico più vasto. In due occasioni tentò di ottenere una cattedra universitaria, prima a Torino (1741) al posto di G. Tagliazucchi, poi a Padova (1760) come successore di G. Volpi, ma in ambedue i casi le sue aspirazioni andarono deluse; nella sua città, in particolare, gli fu preferito C. Sibiliato. In quegli stessi anni i Riformatori dello Studio di Padova lo designarono a storiografo del l'università ed egli si apprestò ad un ampio lavoro di scavo archivistico e bibliografico, ma la sua Istoria dello Studio di Padova, che il biografo J. Morelli con palese esagerazione dice modellata sul De dignitate et augmentis scientiarum di Bacone (Lettere familiari..., p. XXVIII), non vide mai la luce, nonostante nel 1786 lo schema generale avesse ottenuto l'approvazione della Repubblica. Unico frutto della sua ricerca, i cui materiali furono poi in gran parte trasmessi al successore F. M. Colle, furono due frammenti pubblicati postumi, il Sunto storico della Università di Padova dall'anno 1405 al 1509 (Padova 1840) e il Brano storico postumo dello Studio di Padova dall'anno MCCCV al MCCCCXXXIII (Padova 1844).
Il D. fu anche molto attivo nel dibattito sul rinnovamento dell'ateneo patavino: in un Nuovo piano di studi per l'Università di Padova, steso d'accordo con G. Gozzi, propugnò l'istituzione di una cattedra di teologia morale, l'introduzione dello studio delle lingue straniere, in particolare il francese, e della storia veneziana "essendo l'antica troppo rimota dalle idee di questa età e però meno intelleggibile e meno dilettevole": come nota il Venturi, "mano mano, anno dopo anno, veniva esposto un dettagliato programma d'insegnamento che comprendeva tutte le materie utili alla vita civile e politica e che non trascurava neppure "la coltivazione di fiori, di semplici, d'arbusti in qualche giardino, sull'esempio di Ciro e dei romani e qualche geniale arte meccanica per documento del Locke"" (Settecento riformatore, II, p. 153).
Nel 1764 il vescovo di Padova Sante Veronese lo pregò di accettare la carica di prefetto agli studi o di rettore del seminario ma il D. rifiutò, anche se per l'occasione stese un memoriale, rimasto poi inedito (Considerazioni sopra il seminario), in cui consigliava un potenziamento degli studi classici, l'eliminazione della "bassa pedanteria" dalle scuole di grammatica e l'introduzione di un'annuale prolusione degli studi. Nel 1765 lasciò la scuola privata di Venezia per assumere la carica pubblica di revisore dei libri "quanto a cose di religione" e nel 1769 fu nominato consultore e revisore dei brevi pontifici. Dello stesso anno 1769 (26 agosto) è una sua lunga scrittura alla Deputazione ad pias causas "intorno il diritto dei principi, sul contratto matrimoniale e gl'impedimenti al matrimonio" che lo indica come uomo di punta delle correnti giurisdizionalistiche veneziane della seconda metà del '700.
La sua attività di educatore pubblico e privato fu accompagnata da un'intensa e continua produzione letteraria in italiano e latino: innumerevoli furono le poesie e le prose d'occasione, per nozze, monacazioni, ingressi di pubblici rappresentanti, funerali, le traduzioni (in particolare di Orazio e Virgilio), le epigrafi, le prefazioni a libri altrui, i commenti, ma solo una piccole parte della sua infaticabile produzione finì alle stampe.
Tra le sue opere in lingua latina, che maneggiava con perfetta padronanza lessicale e stilistica, spiccano la Laurentii Pataroli Vita premessa alle opere dell'archeologo L. Patarol (Venezia 1743), i Carmina (Padova 1774), la Vita Francisci Algarotti (Venezia 1770), peraltro rimasta semisconosciuta per l'ostilità dello stesso Algarotti, le Epistolae XII (Bassano 1847) e la De Musaeo Philippi Farsetii Patricii Veneti Epistola ad Clarissimani Cortonensium Academiani (Venezia 1764, poi rist. nella Nuova raccolta d'opuscoli scientifici di A. Calogerà, XIII, Venezia 1765, pp. 52-72, e nel Thesaurus dissertationum quibus historia, geographia et antiquitates tam sacrae quam profanae illustrantur, Norimberga 1766), in cui descrive in eleganti versi latini lo splendido museo di antiquaria di F. Farsetti.
La sua fama di poeta latino è però legata soprattutto al poemetto eroico Apollo Vaticanus, pubblicato anonimo a Venezia nel 1767, tradotto dal canonico S. Pagello (Bassano 1773) e poi ristampato più volte, nell'edizione patavina dei Carmina del 1774, nelle Operette di J. Morelli (Venezia 1822, III, pp. 93-102) e ancora a Padova nel 1851. Notevole fu anche la sua produzione in lingua italiana, tra cui ricordo le Opere di S. Speroni (Venezia 1740), edite in collaborazione con M. Forcellini sugli originali posseduti dall'ab. A. Conti, le Scritture due al Senato di Venezia, l'una intorno alle Bolle dei Benefizii Ecclesiastici, l'altra sopra li requisiti necessarii nei Cancellieri Ecclesiastici, per legalmente esercitare il loro ufficio (stampate nella Collezione di scritture di Regia Giurisdizione, tomi XIII e XXV, Firenze 1771 e 1774 rispettivamente) e soprattutto le Lettere familiari.
Edite a Bassano nel 1805 dall'amico e biografo J. Morelli (un'Appendice alle lettere familiari fu stampata per nozze a Bassano nel 1841 e altre Lettere inedite uscirono nel 1855) e stese dal D. senza pretese letterarie ma con genuina e non affettata destinazione familiare, le 263 Lettere familiari sono per noi preziosa fonte di notizie e giudizi su libri e scrittori contemporanei; come ha osservato il Morelli, proprio perché scritte in fretta e senza fini di pubblicazione, ma pur tuttavia "con aggiustatezza di pensieri, precisione di dettatura e naturalezza di stile, e sopra tutto con grazia e piacevolezza singolare", esse ci tratteggiano con sobria efficacia l'immagine del suo ingegno "vivace e faceto, con cui tutto sapeva condire di sali, dei bei motti e di arguzie leggiadre" (p. LXXIV).
Il D. morì il 21 giugno 1792 a Marsano di Marostica (Vicenza).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Consultori in jure, b. 265; Venezia, Bibl. naz. Marciana, Mss. It., cl. VII, 2496 (= 11531); Bassano dei Grappa, Bibl. comunale, mss. VIII, 20; IX. B. 13; X. 1 (contengono varie lettere); N. Dalle Laste, Lettere familiari, a cura di J. Morelli, Bassano 1805 (alle pp. IX-LXXVIII una bibliografia compilata dal Morelli); G. A. Moschini, Della letter. venez. del sec. XVIII fino a' nostri giorni, Venezia 1806, II, p. 96; IV, p. 12; I. B. Ferrari, Vitae virorum illustrium Seminarii Patavini, Padova 1815, pp. 297-311; B. Gamba, Gall. dei letter. ed artisti più illustri delle Provincie venez. del sec. XVIII, Venezia 1822, I, p. 271; II, p. 312; E. De Tipaldo, Biografia degli ital. illustri, V, Venezia 1837, pp. 112-115; G. Dandolo, La caduta della Repubblica di Venezia ed i suoi ultimi cinquant'anni. Appendice, Venezia 1857, p. 94; B. Cecchetti, La Repubblica di Venezia e la corte di Roma nei rapporti della religione, II, Venezia 1874, pp. 15-22; S. Rumor, Gli scrittori vicentini dei secoli decimottavo e decimonono, II, Venezia 1907, pp. 181-186 (con elenco completo di tutti gli scritti); G. Bellini, Sacerdoti educati nel seminario di Padova distinti per virtù, scienza posiz. sociale, Padova 1951, pp. 141-145; G. Natoli, Il Settecento, I-II, Milano 1960, ad Indicem; G. Gullino, La politica scolastica venez. nell'età delle riforme, Venezia 1973, p. 49; F. Venturi, Settecento riformatore, II, La chiesa e la repubblica dentro i loro limiti, 1758-1774, Torino 1976, pp. 114 n., 119, 138, 152; M. Infelise, Censura e politica giurisdizionalistica a Venezia nel Settecento, in Annali della Fondazione L. Einaudi, XVI (1982), pp. 227, 229; C. v. Wurzbach, Biograph. Lex. d. Kaiserthums Oesterreich, III,pp. 225-227.