nation-building
<nèišën bìldiṅ> locuz. sost. ingl., usata in it. al masch. – Nel corso del primo decennio del 21° secolo nel dibattito politico internazionale si è fatto frequentemente uso del concetto di n.-b. per definire il processo di (ri)costruzione di un ordinamento statuale e democratico in paesi appena usciti da una guerra o da profondi stravolgimenti interni. Passaggi decisivi in tal senso sono la messa in sicurezza della cittadinanza, l’avvio di riforme politiche e di un piano di ricostruzione economica e soprattutto il tentativo di rinsaldare l’identità e la coesione nazionale attraverso l’affermazione della pace, della legalità e dell’ordine istituzionale. Particolarmente attive, ma non sempre con interventi coronati da successo, si sono mostrate le Nazioni Unite attraverso la loro azione di supporto in diversi paesi, Somalia, Haiti, Timor Est, Sierra Leone, Kosovo, Iraq, Afghanistan, dove operano altresì organizzazioni umanitarie, organismi politici e sociali locali e truppe militari (per esempio il contingente Nato in Afghanistan). I processi di democratizzazione hanno tuttavia presentato sul campo diversi punti deboli: fra tutti si può segnalare l’esagerato centralismo degli interventi, a beneficio delle capitali e delle grandi città e a discapito di un’attenzione più decentralizzata a coprire l’intero territorio nazionale. Tra il 2012 e il 2013 l’Afghanistan appariva un Paese ancora segnato dalle conseguenze dell’intervento militare americano del 2001, intervento finalizzato al raggiungimento immediato di obiettivi di sicurezza nazionale per gli Stati Uniti e non riuscito a concretizzarsi in seguito nel rafforzamento del principio di legittimità e di coesione della società e dello Stato.