NAUFRAGIO (fr. naufrage; sp. naufragio; ted. Schiffbruch; ingl. wreck)
Secondo l'etimologia della parola dovrebbe intendersi per naufragio la rottura della carena d'una nave e la conseguente sommersione e perdita di questa, ma nell'uso s'intende qualsiasi perdita di nave, sia se essa cola a picco, sia se s'infrange sugli scogli o sulla riva, per qualsiasi accidente.
Le cause che possono determinare un naufragio sono di varia natura. Causa più o meno frequente in tutti ì tempi può esserne la negligenza o l'imperizia del comandante; qualche volta l'imperizia può trovare una discriminante per la persona e un'aggravante per le conseguenze nella imperfezione di carte nautiche, nelle quali in qualche località meno nota piccoli scogli o bassifondi non sono segnati o sono imprecisamente rilevati; o nella insufficiente illuminazione di alcune coste; ovvero anche, ora però molto più raramente, in qualche deficienza costruttiva.
Ma le cause più frequenti sono di natura fisica, alle quali non sempre la prudenza e la perizia del comandante può sfuggire. Tali cause hanno avuto ed hanno presa diversa nel tempo in relazione alla saldezza e alle dimensioni delle costruzioni navali, alla perfezione degli strumenti nautici e quindi dell'arte del navigare, alle provvidenze ed agli accordi internazionali per prevenire gli abbordi in mare, allo sviluppo delle radiocomunicazioni, e a molte altre cause.
Nel passato, per la marina veliera in legno, causa frequente di naufragio era la furia dell'uragano. Attualmente per la marina a vapore la tempesta di mare o di vento è diventata assai meno pericolosa. Più frequenti invece sono diventati, malgrado le molte cautele che si vanno adottando, le collisioni, specialmente nella nebbia. La nebbia è ora più di prima, sulle più frequentate rotte di piroscafi, uno dei più temibili nemici dei naviganti. Anche l'incendio, che può svilupparsi in una nave per ragioni molteplici, per combustioni spontanee, per corti circuiti, per avarie nei complicati e svariati macchinarî di bordo, per determinanti spesso imprecisate e imprecisabili, è ancora adesso causa di naufragi, qualche volta impressionanti per tragicità e per grandiosità. Naufragi parimente celebri sono stati determinati, anche in epoca recentissima, dall'abbordo di blocchi di ghiacci (icebergs) staccatisi dalle banchise polari, specialmente nei mesi primaverili ed estivi, e natanti alla deriva. Il pericolo è naturalmente maggiore sopra tutto in condizioni di poca visibilità.
Su naufragi importanti, avvenuti nei secoli scorsi, esiste una ricca letteratura costituita da relazioni di marinai, da raccolte di notizie sincrone, da descrizioni di scrittori di marina.
Tra i più celebri avvenuti nel sec. XVII è quello, per incendio, del vascello olandese De Nierve Hoorn; fra i più importanti avvenuti nel secolo XVIII si ricorda quello del Betsey, sulla costa della Guiana Francese (1776), narrato dal capitano F. Aulein, e l'altro del vascello americano Hercules sulle coste africane (1796), narrato dal capitano Scout.
Un recente famosissimo naufragio è quello del transatlantico inglese Titanic, della White Star Line. Questo piroscafo, compiuto il suo allestimento nel marzo e partito il 2 aprile del 1912 dal porto d'armamento per il suo primo viaggio di linea diretto a New York, con 655 passeggeri di classe, 800 emigranti e 903 uomini d'equipaggio, aveva compiuto felicemente buona parte della traversata quando, mantenendosi bello il tempo con notte stellata e atmosfera chiara, andò improvvisamente a urtare contro un immenso iceberg. L'urto avvenne alle ore 22 del tempo di New York, ossia alle 4 del mattino del tempo medio dell'Europa Centrale. Squarciata la carena in più parti, specialmente sulla banda dritta a proravia, fu vano ogni tentativo di trarre giovamento dalle paratie stagne e dalle divisioni longitudinali per impedire che l'acqua invadesse la stiva. Perirono 334 passeggeri di classe, 632 emigranti e 691 uomini d'equipaggio; i danni furono calcolati intorno ai 140 milioni di lire. In seguito a tale naufragio fu riunita a Londra la prima conferenza internazionale per la salvaguardia delle vite umane in mare, e furono conclusi gli accordi per l'adozione di adeguati provvedimenti.
Altri recenti naufragi, per incendio sviluppatosi a bordo, con numerosissime vittime, sono quelli del Georges Philippar, transatlantico francese di lusso, abbandonato alla deriva il 16 maggio 1932 e affondato tre giorni dopo, al largo di Capo Guardafui, anch'esso nel suo primo viaggio, e quello del Morro Castle, transatlantico americano, incendiatosi nella notte dal 7 all'8 settembre 1934 al largo di Asbury Park.
Notevole fu anche il naufragio del transatlantico italiano Principessa Mafalda, colato a picco il 25 ottobre 1927 in Atlantico, tra Bahia e Rio de Janeiro, con 314 vittime, tra cui 37 uomini d'equipaggio e 9 ufficiali compreso il comandante capitano Simone Gulì, il quale volle eroicamente affondare con la sua nave.
Tra i salvataggi eroici di naufraghi in pieno oceano si possono ricordare, dei più recenti, quello operato dal transatlantico americano President Roosevelt, rimasto tre giorni nella tempesta in Atlantico per trarre in salvo l'equipaggio del piroscafo da carico inglese Antinoe; l'altro dell'equipaggio del piroscafo Montello, operato nel 1923 da un pugno di valorosi dell'equipaggio del Giuseppe Verdi; e più di tutti quello dell'equipaggio della nave Guarnieri, operato in una notte d'uragano da una lancia del transatlantico Roma, salvataggio che fece conferire al comandante della lancia salvatrice, capitano Luigi Porzio, la medaglia d'oro al valor di marina.
Diritto. - Le più antiche concezioni religiose facevano considerare il naufragio come una forma con cui si manifestava l'ira divina: il naufrago era reputato immeritevole di soccorso, fuori della protezione del diritto. Questa sembra la primitiva giustificazione di quella iniqua usanza che, sotto il nome di "diritto di naufragio", abbandonava le persone e i beni dei naufraghi alla mercé dei rivieraschi. La Grecia antica pare abbia ignorato la deplorevole costumanza. Ma solo Roma dettò le prime sanzioni giuridiche contro coloro che si appropriavano delle res iactae o delle res in naufragio amissae; dalla iustissima severitas dell'editto pretorio contro gli autori di depredazioni in seguito a naufragio (Dig., XXXXVII, 9, de inc. rui. nauf., 1 pr.; 3, 8; 4, 1; 7) ai varî senatoconsulti ed editti imperiali con cui si riconobbe il diritto dei naufraghi ai relitti del naufragio e si comminarono le pene della deportazione e della fustigazione contro coloro che avessero profittato della miserrima naufragorum fortuna fino alla costituzione di Costantino, confermata da Onorio e Teodosio, nella quale si proclama l'alto principio etico che il fisco non può trarre vantaggio de re tam luctuosa (Cod., XI, 5, de naufr., 1), è tutta una progressiva e sempre più rigorosa riprovazione dell'empio costume che l'inasprimento delle sanzioni ci dimostra largamente invalso e praticato nel mondo antico. Le sanzioni contro i rapinatori sono ripetute nei Basilici (LIII, c. 22) e diventano base del diritto comune mediterraneo nella compilazione pseudorodia del sec. VIII (Νόμος ‛Ρόδιων ναυτικος), nella quale per favorire le operazioni di salvataggio viene promesso, anzi, un premio a chi ricupera oggetti naufragati: consuetudine questa probabilmente d'origine greca, ma che si è pur voluta ricollegare al Dig., XIV, 2, del. rhod., 4, 1, in cui si fa menzione di merces da attribuirsi agli urinatores o palombari che, costituiti in corporazioni, provvedevano nell'interesse dei proprietarî al ricupero delle cose naufragate.
Per influenza del diritto barbarico-feudale nell'alto Medioevo l'usanza si diffonde e assume l'aspetto d' una regalia; all'avidità dei privati si sostituisce il diritto regio. Né valsero ad estirpare l'iniqua pratica le teorie dei glossatori, le prescrizioni dei concilî, le bolle e le scomuniche pontificie, l'esempio delle repubbliche marinare italiane (Genova, Pisa, Venezia). Più efficaci d'ogni legge riuscirono invece gli accordi e i trattati che, per assicurare la navigazione, fecero di buon'ora le città marinare (la prima di tali convenzioni di cui si abbia ricordo è quella che va sotto il nome di pactum Sicardi dell'anno 836). Particolare influenza esercitarono sulla legislazione europea in questa materia le sagge norme della repubblica veneta che istituì una magistratura speciale (quella dei soprastanti) per il ricupero e la vendita delle merci nell'interesse degli eredi dei naufraghi. Tuttavia, continuò il diritto del fisco sulle res in naufragio amissae fino al sec. XVIlI, e, contestato dagli scrittori con i più varî argomenti, fu annoverato fra le ordinarie rendite pubbliche.
Nella prima metà del sec. XIX la legislazione italiana si avvia verso quella disciplina della materia dei naufragi e dei recuperi che s'ispira a principî di equità e di pratica conciliazione degli interessi contrastanti. Gli articoli 719 cod. civ., 120 seg. cod. mar. merc. del 1865 (cfr. ora gli articoli 430 segg. progetto Pula cod. mar. merc. del 1931), abolendo ogni residuo del cosiddetto "diritto di naufragio", considerano come beni smarriti le cose provenienti da naufragio e ne sottopongono l'attribuzione o la vendita a speciale procedura.
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