Naufragio
Andare a picco nel lontano passato e nel presente
Il termine naufragio deriva dalle parole latine navis («nave») e frango («rompo»), e indica l’affondamento di una nave a causa di ogni tipo di incidente, come avarie, collisioni, incendi, tempeste. I naufragi erano più frequenti nell’antichità, quando le imbarcazioni erano meno solide, ma sono più disastrosi oggi, perché sulle navi viaggiano più passeggeri e perché molte di esse trasportano sostanze inquinanti, come il petrolio
Spesso i naufragi sono provocati da errori dei navigatori, che effettuano manovre avventate o non tengono nel dovuto conto le cattive condizioni del mare e del tempo (nebbia, tempeste, uragani), o la presenza di ostacoli alla navigazione (scogli, iceberg). Anche il carico eccessivo delle imbarcazioni facilita gli incidenti: è il caso dei naufragi di ‘carrette’ del mare, che trasportano un numero eccessivo di clandestini dai paesi poveri al mondo ricco. Un tempo anche l’imprecisione delle carte nautiche e l’insufficiente illuminazione delle coste rendevano più pericolosa la navigazione.
Nell’antichità navigare era sempre un’impresa rischiosa: si credeva che i naufragi fossero punizioni delle divinità per le colpe dei navigatori. Oggi il numero dei naufragi si è ridotto, perché le navi sono più solide e dotate di dispositivi di sicurezza sofisticati (radar, sonar, radiofari), i sistemi di comunicazione con i porti sono migliorati e le previsioni meteorologiche sono diventate più precise.
Paradossalmente, i naufragi hanno avuto talvolta anche conseguenze positive: per esempio hanno depositato sul fondo dei mari numerose testimonianze e opere d’arte del passato. Le operazioni di recupero hanno portato alla luce antiche imbarcazioni di cui si avevano solo le descrizioni, spesso sommarie, contenute nei libri. Oggi sono disponibili sofisticate tecniche di ricerca, recupero e restauro dei relitti, con strumenti come il sonar, per identificarli, e le pompe per ripulirli dai sedimenti marini. Un recente ritrovamento di importanza mondiale, avvenuto nella laguna di Venezia, nel 2001, è stato quello dell’unico esemplare finora recuperato di galea del secolo 14° (benché in questo caso non si è trattato di un naufragio, ma di una delle navi ancorate al fondo per sostenere il terreno di un’isola che minacciava di cedere). I fondali marini, particolarmente quelli del Mediterraneo, sono ricchi di reperti archeologici spesso scoperti per caso. Sul fondo degli oceani rimangono ancora tesori e carichi d’oro, d’argento e pietre preziose, trasportati nel 16°, 17° e 18° secolo dai galeoni spagnoli e portoghesi, o dalle navi dei pirati che li attaccavano rubandone il bottino.
Uno dei naufragi più famosi dell’età contemporanea è stato, nel 1912, quello del Titanic, un lussuoso transatlantico da crociera. Il Titanic affondò, nel suo viaggio di inaugurazione, nei pressi di Terranova per la collisione con un iceberg, provocando la morte di circa 1.500 passeggeri. Il relitto è stato individuato nel 1985 a 3.810 m di profondità. Negli anni Novanta sono stati compiuti alcuni tentativi di recupero, ma si è riusciti a portare a galla, grazie all’uso di sommergibili-robot capaci di lavorare a elevatissime profondità, soltanto qualche pezzo dello scafo. I sonar hanno consentito comunque di identificare le falle e spiegare la dinamica dell’incidente.
Durante le guerre mondiali sono stati moltissimi gli affondamenti di imbarcazioni: nel 1915 fece scalpore l’affondamento da parte di un sommergibile tedesco del Lusitania, un transatlantico su cui viaggiava un centinaio di cittadini americani, quando gli USA non erano ancora entrati in guerra. Nella Seconda guerra mondiale furono importanti gli abbattimenti da parte inglese delle corazzate tedesche Bismarck, nel 1941, e Tirpitz, nel 1944. I naufragi, d’altronde, hanno sempre avuto un’importanza rilevante nei conflitti: nel 1588, per esempio, l’affondamento delle pesanti navi della Invincibile Armata spagnola di Filippo II, provocato in larga misura dalle tempeste, fu decisivo nella sconfitta contro le più agili e leggere navi inglesi della regina Elisabetta.
Un naufragio recente è stato quello del sottomarino nucleare russo Kursk, affondato per avaria nel 2000, provocando la morte dell’equipaggio formato da 118 marinai. Si è concluso bene, invece, un analogo episodio avvenuto nell’agosto 2005. Il batiscafo russo AS-28 era rimasto impigliato nei cavi di un radar sottomarino a 190 m di profondità, ma dopo 76 ore un sottomarino-robot inglese è riuscito a tranciare il cavo, consentendo al batiscafo di riemergere e all’equipaggio di salvarsi.