NAVIGLIO da diporto
(XXIV, p. 450; App. I, p. 892; III, II, p. 224; IV, II, p. 557)
Il n. da diporto ha avuto un considerevole sviluppo in Italia e in Europa negli anni Ottanta e, sebbene con ritmi leggermente ritardati dalla recessione economica, continua a crescere anche nei primi anni Novanta.
Una recente indagine di mercato, curata a fine 1992 dall'ISPES, precisa che in Italia esiste un'imbarcazione da diporto ogni 80 abitanti. Per gli altri paesi presi in esame si hanno i seguenti risultati: Francia una ogni 79 abitanti, Olanda una ogni 70, Stati Uniti una ogni 19, Gran Bretagna una ogni 7 e Norvegia una ogni 6. Le potenzialità di sviluppo della flotta da diporto sono quindi notevoli in Italia, anche per la favorevole situazione geografica, ma sono rallentate da una cronica mancanza di approdi e infrastrutture d'assistenza e da una forte pressione fiscale, superiore a quella esercitata dagli altri paesi industrialmente evoluti, che sono anche quelli più inclini alla nautica.
Dal punto di vista legislativo il n. da diporto in Italia è suddiviso nelle seguenti categorie: natanti, fino a 6 m di lunghezza o 3 t di stazza lorda; imbarcazioni, oltre i 6 m e 3 t e fino alle 50 t di stazza lorda; navi da diporto, oltre le 50 t di stazza lorda. La flotta da diporto italiana ha raggiunto le 750.000 unità (ottobre 1992) a fronte di una disponibilità, lungo le coste nazionali, di soli 80.000 posti barca. Il grosso è composto da natanti, che raggiungono il numero di 690.000, pari all'83% del totale (ISPES 1992). Le percentuali delle successive categorie sono: 12,4% imbarcazioni da 6 a 12 m, 2,6% da 12 a 16 m, 0,8% da 16 a 20 m, 0,5% oltre i 20 m comprese le navi da diporto. Su 32.000 unità da diporto vendute in Italia nel 1991, 27.000 erano natanti.
Il n. da diporto si divide in tre grandi categorie in funzione del sistema propulsivo adottato: a remi, a vela, a motore. Per avere un'idea delle preferenze degli Italiani sui vari tipi di n. ci riferiamo ai dati di vendita relativi al 1991 forniti dall'UCINA (Unione nazionale Cantieri e Industrie Nautiche ed Affini), l'associazione degli operatori economici del settore.
Naviglio a remi e a vela. − Nella categoria degli scafi a remi l'ordine è il seguente: canoe e kajak, 4698 unità; pattini e pedalò, 1212; lance e gozzi, 205. Molto più articolata la categoria delle barche da diporto a vela. I dati di vendita 1991 sono i seguenti: derive veliche, 705; multiscafi aperti (catamarani e trimarani), 240; cabinati a vela con motore ausiliario entrobordo, 278; cabinati a vela con motore ausiliario fuoribordo, 51; motorsailers, 4. Sono escluse da questi dati le tavole a vela, dette anche windsurf, che non vengono assimilate al n. da diporto.
Naviglio a motore. − La categoria degli scafi a motore, sempre in funzione del sistema motopropulsivo, viene suddivisa in tre sottocategorie: fuoribordo, entrofuoribordo, entrobordo. Sempre i dati di vendita del 1991 ci forniscono le seguenti informazioni per i fuoribordo: gommoni a chiglia rigida, 10.910 unità; gommoni a chiglia smontabile, 9022; motoscafi, 6285; semicabinati, 553; cabinati, 205. I meno diffusi entrofuoribordo danno i seguenti risultati: semicabinati, 764; cabinati, 604; motoscafi 222. Infine, i dati per i mezzi entrobordo sono: cabinati, 1818; semicabinati, 69; motoscafi, 59. Da questi dati appare evidente che il mercato italiano privilegia il motore nei confronti dei remi e della vela, e che fra i mezzi a motore i più diffusi sono i gommoni.
Il gommone, detto più propriamente ''imbarcazione pneumatica'', è la risposta del mercato alla mancanza di approdi. Quello a carena pneumatica o smontabile in legno, plastica o lega leggera, è completamente ripiegabile e quindi facilmente trasportabile. Il gommone a carena rigida, nato per esigenze di lavoro offshore sulle piattaforme petrolifere, per salvataggio o per usi militari, si è diffuso nel diporto per le sue eccezionali caratteristiche di leggerezza, stabilità di forma e rendimento, pur avendo perso il vantaggio della smontabilità. Si basa su un'opera viva in vetroresina, con disegno a V e quindi planante, su cui è fissata un'opera morta o parte emersa pneumatica, basata su tubolari gonfiabili. I modelli maggiori, che ormai raggiungono i 10 m di lunghezza, sono spesso equipaggiati con motori entrobordo dotati di propulsori a idrogetti.
Il motoscafo, sia entrobordo che entrofuoribordo o fuoribordo, di solito di lunghezza compresa fra i 4 e gli 8 m, si divide in due tipi base, di origine statunitense: il runabout, che riproduce le disposizioni tipiche di un'autovettura, con una coperta prodiera e due divani, con posto di guida protetto da un parabrezza avvolgente, e l'open-boat, ossia un guscio completamente aperto e agibile da prua a poppa, con una consolle centrale che ospita il posto di guida e relativi comandi.
I semicabinati, o day-cruisers, sono una via di mezzo fra il motoscafo e il cabinato, con sistemazioni interne per la notte e relativi servizi, allocati sotto la coperta prodiera. I cabinati sono invece imbarcazioni di dimensioni maggiori, generalmente di lunghezza superiore agli 8 m, concepiti per vivere a bordo, quindi dotati di sistemazioni interne adeguate, cabine con letti e armadi, bagni con doccia, cucina, saloncino con tavolo e divani, angolo bar. Il termine generico ''cabinati'' comprende di fatto diversi modelli in funzione della specializzazione e delle dimensioni. La terminologia usata è generalmente di ceppo anglosassone. I mezzi minori, fino a circa 16 m di lunghezza, vengono definiti cruisers. Quelli di dimensioni maggiori, fino ai 30 m, sono chiamati motor-yachts. Sopra i 30 m si entra nella fascia dei cosiddetti mega-yachts, termine di conio recente. Trattandosi generalmente di scafi sopra le 50 t di stazza lorda, in Italia appartengono alla categoria della navi da diporto.
Un genere del tutto particolare, ma in costante diffusione, che si sviluppò a partire dagli anni Trenta negli Stati Uniti, è quello dei cosiddetti sport-fisherman, cabinati concepiti per la pesca in alto mare. Possono avere lunghezze varianti dagli 8 ai 30 m, hanno una carena a V stabilizzata, sono solitamente più larghi di un mezzo tradizionale di eguali dimensioni e dispongono di un vasto pozzetto poppiero dove operano i pescasportivi, spesso legati a sedie di combattimento. Le sovrastrutture sono molto alte e prevedono un ponte di guida sopraelevato, detto flying-bridge, oggi diffuso anche su comuni cabinati da crociera. A volte, al di sopra di tale struttura c'è una torre di tubi metallici con posto di guida ancora più sopraelevato, che viene denominata tuna-tower. Dalla prua di queste imbarcazioni sporge una passerella o delfiniera. Alla categoria degli sport-fisherman vengono assimilati anche alcuni semicabinati o motoscafi del tipo open-boat.
Gran parte del n. da diporto è planante o semiplanante, ossia adatto all'alta velocità in mare, ma esistono imbarcazioni da diporto a motore anche di tipo lento, ossia a dislocamento, con carena perennemente e totalmente immersa. Fra le barche aperte sono i classici gozzi o le lance, fra i cabinati di dimensioni piccole e medie le cosiddette pilotine e fra quelli maggiori i trawlers, che s'ispirano ai pescherecci professionali oceanici del Pacifico. I sistemi propulsivi sono essenzialmente di tre tipi: elica immersa tradizionale, eliche di superficie che operano parzialmente emerse, idrogetti costituiti da impianti propulsivi e direzionali a reazione idrica.
Naviglio a vela. − Le imbarcazioni a propulsione velica sono di tipi e dimensioni diversissime. Si parte dalla piccola tavola a vela per arrivare al gigantesco maxi da regata o al megasailer da crociera. Le imbarcazioni minori, che hanno lunghezze varianti dai 2 ai 7 m, sono definite derive, in quanto dispongono sotto lo scafo di una lama retrattile, appunto la deriva mobile, che le stabilizza. Sono tutti scafi da passeggio o regata, che generalmente richiedono all'equipaggio prestazioni sportive e a volte qualità quasi acrobatiche.
Le derive destinate all'attività sportiva sono monotipi, ossia mezzi di caratteristiche fra loro identiche, per consentire agli equipaggi di sfidarsi in condizioni di parità.
Fra le più famose derive a diffusione internazionale ricordiamo: Optimist (lunghezza 2,30 m, superficie velica 3,50 m2), destinata ai bambini; Laser (lunghezza 4,20 m, superficie velica 7,10 m2), singolo diventato recentemente olimpico; Europa (lunghezza 3,30 m, superficie velica 7,40 m2), singolo adatto ai giovani e alle veliste; Finn (lunghezza 4,50 m, superficie velica 10,20 m2), singolo fra i più complessi e con lunghe tradizioni olimpiche; Fireball (lunghezza 4,90 m, superficie velica 11,50 m2), monotipo da regata per equipaggio di due persone; Flying Dutchman (lunghezza 6 m, superficie velica 18,10 m2), deriva per due persone a elevate prestazioni agonistiche; Flying Junior (lunghezza 4 m, superficie velica 9,50 m2), deriva per due concepita come barca per scuole di vela; 470 (lunghezza 4,70 m, superficie velica 12,70 m2), deriva biposto olimpica, anche per il settore femminile; Jole OK (lunghezza 4 m, superficie velica 8,50 m2), singolo da regata a vastissima diffusione mondiale; Snipe o Beccaccino (lunghezza 4,70 m, superficie velica 10,80 m2), deriva biposto del 1931 ancora in notevole attività; Dinghy 12 piedi (lunghezza 3,70 m, superficie velica 9,30 m2), storico singolo olimpico degli anni Venti che è stato rilanciato; Vaurien (lunghezza 4 m, superficie velica 8,80 m2), deriva biposto molto usata nelle scuole di vela.
Barche a chiglia fissa sono quelle che, a differenza dalle derive, non dispongono di una superficie immersa verticale retrattile; la loro deriva, fissa alla base, sostiene un bulbo che garantisce l'equilibrio dell'imbarcazione. Nella vela sportiva le chiglie fisse possono essere dei monotipi oppure delle classi a formula, ossia progettate secondo una formula matematica che deve dare un risultato numerico fisso.
Così, per es., le barche della classe 12 metri, composta da scafi di lunghezza vicina ai 20 m, si basano su una formula che come risultato deve dare 12. Fra i monotipi a chiglia fissa ricordiamo lo Star o Stella (lunghezza 6,90 m, superficie velica 26,10 m2) con equipaggio di due persone e una lunghissima tradizione olimpica. Fra le nuove barche a chiglia fissa basate su una formula matematica va ricordata l'IACC (International America Cup Class), nata nel 1990, che produce scafi lunghi dai 23 ai 25 m, fra cui il famoso scafo italiano Moro di Venezia che è giunto alla regata finale dell'America Cup del 1992.
Molte classi di chiglie fisse si riferiscono a imbarcazioni cosiddette d'altura, ossia destinate alla crociera o alle competizioni in altomare o a entrambe. Fra le minori, la più diffusa, trattandosi oltretutto di un monotipo, è la classe J-24 (lunghezza 7,30 m,superficie velica 24,20 m2, cabina con due cuccette). All'opposto, per dimensioni, ci sono classi destinate alle regate transoceaniche come il giro del mondo a vela. La più recente è quella dei WOR 60 piedi di circa 20 m di lunghezza. Per cabinati a vela da regata di caratteristiche diverse, ma che devono regatare insieme, sono state concepite formule che, giocando su diversi fattori, compensano le differenze ponendo gli scafi su posizioni di parità teorica. Le formule attualmente più utilizzate sono la IMS, la CHS e lo IOR.
Soprattutto nel settore delle imbarcazioni a vela si sono diffusi i poliscafi, prevalentemente i catamarani (due scafi paralleli) nelle dimensioni minori e i trimarani (tre scafi paralleli) nelle maggiori. Esistono quindi catamarani che sono derive e al tempo stesso monotipi.
Fra i più diffusi ricordiamo: Dart (lunghezza 5,50 m, superficie velica 16,10 m2), adatto a due persone; Hobie Cat 14 (lunghezza 4,30 m, superficie velica 11 m2), il biposto più diffuso al mondo; Hobie Cat 16 (lunghezza 4,90 m, superficie velica 20,30 m2), versione leggermente maggiorata del 14; Tornado (lunghezza 16,10 m, superficie velica 20,40 m2), unico catamarano biposto olimpico.
Materiali di costruzione. − I materiali con cui vengono costruite le imbarcazioni da diporto stanno subendo profonde evoluzioni. È stato quasi completamente abbandonato il legno, anche nella più moderna versione del compensato marino. Per mezzi di dimensioni importanti a elevate prestazioni viene utilizzata la lega leggera, mentre l'acciaio è riservato ai megayachts. Trionfa invece sul mercato la vetroresina, che è la formula più tradizionale delle cosiddette materie plastiche. Dalla fine degli anni Ottanta si stanno tuttavia decisamente imponendo i cosiddetti compositi avanzati, materie plastiche come la vetroresina, ma con caratteristiche estremamente più significative perché accoppiano a una maggior resistenza una notevole leggerezza. Sono materiali derivati dal settore aerospaziale, ma destinati a diffondersi sempre più nei prossimi anni nella costruzione del n. da diporto. Al momento vengono prevalentemente utilizzati per la realizzazione dei più sofisticati yachts a vela da regata e per i bolidi offshore, prevalentemente catamarani da 200 km/h, utilizzati nelle più esasperate formule dell'agonismo motonautico. Gli scafi in compositi avanzati sono strutture a sandwich, che prevedono pelli esterne in kevlar unidirezionale, con schiume centrali di PVC. Ove il regolamento lo consente, ovviamente per le costruzioni del genere agonistico, si fa largo impiego di fibre di carbonio, che vengono addirittura utilizzate per i tessuti sperimentali delle vele. Sono tutti prodotti dell'industria chimica, con cui il settore del n. da diporto si sta familiarizzando. Gli scafi in compositi avanzati, o nelle ''nuove plastiche'' come preferiscono dire alcuni tecnici, una volta assemblati, vengono cotti ad altissima temperatura in forni giganteschi.
Motori. − Segni evidenti di evoluzione tecnologia si notano anche nei motori. I diesel marini, preferiti per la loro affidabilità sulle imbarcazioni maggiori, hanno dei rapporti peso/potenza sempre più favorevoli, e le loro prestazioni, come dimostrano le competizioni offshore, sono spesso paragonabili a quelle dei motori a benzina. Sempre più sofisticati anche i motori fuoribordo, che possono giovarsi non solo di più efficienti architetture, ma anche del recente apporto dell'elettronica, almeno nelle potenze maggiori. Al vertice delle potenze dei fuoribordo siamo arrivati ai 300 HP, che vengono erogati da complessi motopropulsivi basati su dei 6 cilindri a V a due tempi.
Il motore del futuro sembra essere la turbina a gas, con cui si cominciano a equipaggiare anche imbarcazioni da diporto di soli 12 m di lunghezza. Spesso, sui megayachts, si usa accoppiare turbine a gas, destinate all'uso nella navigazione veloce in crociera, e motori diesel che servono per le operazioni di manovra nei porti o nelle lunghe traversate ad andatura ridotta. L'affidabilità delle turbine a gas è stata confermata nell'estate del 1992 dal Destriero, il megayacht italiano che ha battuto il record della traversata atlantica assicurandosi il famoso Nastro Azzurro. Su Destriero le turbine a gas, accoppiate a idrogetti, hanno funzionato al massimo e continuativamente per decine di ore senza generare problemi. Vedi tav. f.t.
Bibl.: Registro Italiano Navale, Regolamento per la costruzione e la classificazione delle barche a vela da regate 12 metri s.i. e 6 metri s.i., Genova 1984; Elenco delle imbarcazioni da diporto e relativi motori, apparecchi, dispositivi e materiali di ''tipo omologato'', ivi 1990. Riviste: Bateaux, Yacht Capital, Yachting, Yachting World.