NAVONE
(Navona). – Famiglia di architetti e ingegneri romani attivi dall’inizio del Settecento alla fine dell’Ottocento.
Il loro operato, riguardante diversi settori, da quello tecnico-ingegneristico a quello puramente architettonico, rappresenta un contributo prezioso e significativo per la storia della trasformazione e della riqualificazione del tessuto urbano di Roma e dei suoi dintorni in un arco di tempo assai lungo durante il quale il volto della città mutò profondamente.
Capostipite fu Giovanni Domenico (Giandomenico), figlio di Francesco, nato a Roma nel 1698 (Ceccarelli, 2007, cui si fa riferimento per tutti i documenti citati). Sposò intorno al 1719 Teresa Donadei, da cui ebbe 5 figli, e nel 1763, in seconde nozze, Barbara Neri. Nel 1706 prese parte al concorso Clementino, per una pubblica fonte.Le prime notizie sulla sua attività di architetto risalgono al 10 dicembre 1722 quando compare come assistente di Giovanni Battista Contini per una stima di palazzo Carpegna, lavori che poi portò a termine da solo nel 1732. Dal 1724 al 1726, con Antonio Canevari e Nicola Salvi, iniziò i restauri del transetto e dell’abside della chiesa di S. Eustachio; dal 1727 al 1730 e nel 1736 fu nominato architetto della medesima chiesa. Dal 1727 al 1728 fu perito per alcune case di proprietà del cardinale Giulio Alberoni e del reverendo Domenico Buttifanga. Nel 1733, insieme a Nicola Michetti, tarò i conti dei disegni di Fernando Reiff per il palazzo della Nunziatura a Madrid. Dal 1733 al 1748 fu presente come perito architetto nel convento e nella chiesa di S. Cecilia in Trastevere e, dal 17 agosto 1733 fino alla fine del 1740 e oltre, lavorò alla nuova fabbrica della casa e noviziato delle Scuole Pie di S. Lorenzo in Borgo. La sua prima opera di rilievo fu la realizzazione dell’atrio e della facciata della chiesa di S. Lorenzo in Piscibus, in Borgo S. Spirito, di proprietà dei padri delle Scuole Pie.
Il progetto iniziò nel novembre 1733 quando tale Michelangelo Cefanassi donò un’ingente somma di denaro per la costruzione della facciata della chiesa, del noviziato e della casa gentilizia; salvata la chiesa, i lavori di Navone vennero demoliti nel 1941 per il compimento all’attuale via della Conciliazione.
Negli anni compresi tra il 1741 e il 1743 la Confraternita di S. Giovanni Nepomuceno gli richiese, insieme a Nicola Salvi, la costruzione di un oratorio in un sito, sempre a Roma, di proprietà dei padri di S. Lorenzo in Lucina. Tra il 1744 e il 1745 eseguì, per la Confraternita di S. Anna dei Palafrenieri, la cupola, la copertura e il nuovo attico della chiesa eponima. Dal 5 settembre al 3 ottobre 1750, fu architetto camerale con Michetti e con Giuseppe Pannini, loro primo sostituto. Nel 1751 insieme a Carlo Marchionni fu chiamato per verificare lo stato delle condutture dell’Acqua Paola, provenienti da Bracciano. Tra il 1751 e il 1755 compì l’ampliamento del collegio di S. Paolo alla Regola. Nel 1758 progettò e fece eseguire il nuovo altare della cappella del Crocifisso nella chiesa di S. Lorenzo in Damaso. Dal 1758 al 1763 ideò l’edificio conventuale di S. Maria dei Miracoli e il campanile della chiesa ma l’esecuzione fu poi affidata al figlio Francesco Antonio. Il 14 gennaio 1759 acquisì il titolo di accademico di merito dell’Accademia di S. Luca; il 20 dicembre 1762 fu, dalla stessa Accademia, nominato ‘fabbriciere’ insieme a Domenico Gregorini, il 4 gennaio 1763 insieme a Mauro Fontana e il 18 dicembre 1768 insieme a Clemente Orlandi. Tra i suoi lavori compiuti fuori Roma si ricordano: tra il 1745 e il 1752 il progetto della chiesa a pianta ellittica di S. Maria Addolorata (oggi di S. Leonardo) a Tarquinia (dal 1757 in collaborazione con il figlio Francesco Antonio); tra la fine del 1750 e l’inizio del 1751 (insieme a Michetti, a Ruggero Giuseppe Boscovich e a François Jacquier) la partecipazione a una ricognizione dei lavori del canale di Fiumicino e, nel 1755, la partecipazione a quelli per la polveriera di Tivoli, di cui il «perito periziore» era Carlo Marchionni (Archivio di Stato di Roma, Camerale II, Tabacchi..., b. 7, f. 28, 1755, n. 3).
Morì a Roma il 19 gennaio 1770. Il suo ritratto è conservato presso la Galleria dell’Accademia di S. Luca a Roma.
Francesco Antonio, ultimogenito di Giovanni Domenico e di Teresa Donadei, nacque a Roma il 27 maggio 1731; si sposò intorno al 1767 con Maria Natalini, romana, e dalla loro unione nacquero 15 figli (due dei quali morirono poco dopo la nascita).
Le prime notizie risalgono al 1757 quando risulta collaborare con il padre alla costruzione della chiesa di S. Maria Addolorata a Tarquinia. Il 19 marzo 1759 entrò a far parte della Congregazione dei Virtuosi al Pantheon e, dal 1769, fino alla morte, fu accademico di S. Luca. I primi lavori documentati di Francesco Antonio sono quelli eseguiti nel 1758, come coadiutore del padre, per il campanile di S. Maria dei Miracoli. Nel 1763 compì, insieme al progettista Alessandro Dori, la macchina per l’esposizione delle Quarantore nella basilica di S. Lorenzo in Damaso.
Fra il 1769 e il 1774 fu presente a Civitavecchia dove eseguì lavori per l’ampliamento della chiesa di S. Francesco e costruì il ‘palazzetto’ del Comando, la fabbrica per il presidio militare detto il Quartierone, un nuovo edificio nel Borgo S. Antonio, il casamento ‘dei forni’ e la vicina cappella di S. Leonardo, il nuovo braccio dell’ospedale di S. Giovanni di Dio.
Nel 1770 stipulò un contratto, con Giacinto de Oliveira d’Abreu Lima, per il restauro e l’abbellimento della seconda cappella di sinistra, nella chiesa di S. Antonio de’ Portoghesi divenendo, dal 1774 fino al 1790, architetto ufficiale della chiesa stessa (gli architetti della famiglia servirono la regia chiesa e l’ospizio di S. Antonio de’ Portoghesi per oltre un secolo; dopo Francesco Antonio, i lavori furono proseguiti dal figlio Giovanni Domenico iunior e successivamente dal nipote Francesco). Tra il 1772 e il 1775, realizzò la trasformazione di un casamento presso S. Bernardo alle Terme in fabbrica di tele stampate a fiorami e figure, dette calancà. Dal 1773 al 1801, ricoprì la carica di architetto camerale e tarò i conti dei lavori attuati dalla soppressa Compagnia del Gesù. Nel 1774 iniziò e nel 1779 terminò il piano urbanistico del borgo di San Lorenzo Nuovo sul lago di Bolsena; sempre nel 1774, fu incaricato di rinnovare e di ampliare il convento dei padri di S. Bonaventura alla Polveriera per l’Opera pia degli esercizi spirituali. Nel 1776, insieme a Giovanni Francesco Fiori, elaborò opere di rinforzo del teatro Alibert (detto anche delle Dame). Nel 1777 ebbe la commissione di ricostruire la Zecca pontificia in Vaticano finanziata da Pio VI. Il 22 dicembre dello stesso anno disegnò insieme a Giovanni Battista Marchetti, Pietro Barnabò, Giambattista Grossi, l’apparato funebre nella chiesa di S. Antonio dei Portoghesi in previsione delle solenni esequie di Giuseppe I re di Portogallo; sempre nel 1777, Oliveira d’Abreu lo incaricò di risistemare, nella medesima chiesa, la cappella di Nostra Signora di Betlemme, destinata alla propria sepoltura. Nel 1778, fu architetto della Camera apostolica e del capitolo dei Ss. Lorenzo e Damaso e progettò la costruzione della cappella di S. Giovanni Nepomuceno, in S. Maria dell’Anima.
Nel 1778 fu nominato architetto camerale per le mole di Civitavecchia al fianco di Carlo e Filippo Marchionni, sostituito in seguito da Ubaldo Minozzi e, intorno al 1809, dal figlio Giovanni Domenico. Nel 1780, per il cardinale Guglielmo Pallotta, delineò il progetto della nuova chiesa di S. Maria Assunta a Montalto di Castro. Nel 1781, con Filippo Prada, firmò i conti dei lavori di ristrutturazione nelle due chiese camerali di Castel Sant’Elia. Dal 1781 al 1796, lavorò di nuovo a Civitavecchia, per un’area per il ‘comodo dei soldati’ e per i sotterranei del cortile della rocca verso il porto; scrisse una relazione per la costruzione del baluardo di S. Rocco.
Tra il 2 e il 3 marzo 1782, curò le decorazioni degli appartamenti di palazzo de Carolis e palazzo Millini realizzate in occasione dell’arrivo a Roma del cardinale François-Joaquim de Pierre de Bernis giunto nell’Urbe per i festeggiamenti organizzati in onore della nascita del Delfino di Francia.
Nel 1784, insieme a Carlo Marchionni, Michelangelo Simonetti, Giuseppe Dori, Giuseppe Barbieri, Francesco Tiroli e altri architetti, firmò un’attestazione circa il modo di «dovere stimare, ed apprezzare lavori in Campagna, tanto vicini alla città di Roma, quanto vicino le Città Provinciali, o altri Paesi» (Chracas, Diario ordinario, 9 marzo 1782, n. 750, pp. 6-8). In una descrizione del 1785 dei lavori «da farsi» fuori porta S. Pancrazio, risulta un casino inserito in una vigna, di sua proprietà, sito «dove inizia la strada di Braccetta».
Nel 1788, gli venne affidato, da Anton von Maron, il rifacimento della cappella della Pietà in S. Maria dell’Anima, chiesa imperiale (oggi nazionale) dei tedeschi a Roma e, insieme al figlio Giovanni Domenico, fu nominato Reale imperiale architetto; per questo motivo nella casa di famiglia, sita in via dei Banchi Vecchi, per particolare privilegio, poté innalzare le armi imperiali tedesche. Nel 1789 la Congregazione portoghese gli affidò la direzione dei lavori della cappella di S. Elisabetta; fu poi sostituito nel 1803 da Tommaso Zappati e, nel 1804, dal figlio Giovanni Domenico iunior. Nel 1791, eseguì, insieme al figlio, i progetti per il nuovo teatro Valle (riedificato nel 1819 da Giuseppe Valadier), di cui rimangono numerosi disegni (Amadei, 1961). Fra il 1785 e il 1796 ideò e costruì, per volontà di Pio VI, la chiesa di S. Paolo apostolo a Tor Tre Ponti.
Nel 1795, eseguì dei disegni con relazione per la costruzione di un magazzino a Civitavecchia, nei pressi della porta Corneto. Nel 1797 risulta architetto del tribunale delle Acque. Nel 1800, con Giuseppe Valadier, firmò il restauro della chiesa di S. Rocco ad Albano e i pagamenti dei lavori eseguiti per le case e per le abitazioni camerali in Porto d’Anzio. Morì a Roma il 17 marzo 1804. Il suo ritratto, eseguito dal pittore Anton von Maron nel 1768, è conservato presso la Galleria dell’Accademia di S. Luca.
Giovanni Domenico iunior, figlio di Francesco Antonio e di Maria Natalini, nacque a Roma il 15 luglio 1772. Intorno al 1799, durante la sua attività a Civitavecchia, si sposò con Matilde Fiori di «Centum Cellis» e dalla loro unione nacquero 6 figli.
La sua carriera di architetto fu rapida: il 2 marzo 1787 fu nominato coadiutore del padre per le opere nella chiesa di S. Antonio dei Portoghesi, attività che riprese nel 1804, dopo la morte del genitore. A differenza degli altri membri della famiglia, i suoi primi studi furono anche letterari: nel 1789 ricevette un diploma dell’Accademia letteraria dei Vari per «una particolare abilità negli studi principalmente delle Belle Lettere» (Amadei, 1960, p. 19).
Dal 1792 al 1793, si costituì in società con Matteo Lovatti, Vincenzo Cavallini e Giovanni Battista Cipriani, con lo scopo di approntare una serie di disegni per alcune incisioni destinate a un volume contenente la raffigurazione delle fabbriche del XVI secolo ritenute esemplari. Nel 1794 con Cipriani pubblicò un volume con le incisioni illustranti i monumenti più insigni della città di Roma (Nuovo metodo per apprendere… per opera degli architetti Giandomenico Navone, Gio. Bat. Cipriani, Roma, Salvioni, 1794).
Il 13 gennaio 1802 ricevette dalla Camera apostolica la patente, che mantenne fino al 1831, di architetto camerale e degli stabilimenti camerali della Provincia: di Allumiere, di Civitavecchia, delle ‘Torri del Mediterraneo’, di Montalto e di Corneto. Sempre a Civitavecchia, nel 1802, costruì un magazzino per i fratelli Manzi; nel 1803 progettò il riattamento dell’arsenale; nel 1816 per Camillo Manzi fece erigere una casa con una bottega su piazza d’Armi; successivamente progettò e fece edificare il palazzo Valentini (Archivio dell’Accademia di S. Luca, vol. 121, n. 98, 27 dic. 1861, 2°). Intorno ai primi anni dell’Ottocento, come ingegnere idraulico si occupò dei lavori di bonifica del lago di Bolsena, del fiume Marta e dei terreni paludosi della Pescia romana.
Nel febbraio 1802 curò la regia dei festeggiamenti per la traslazione del corpo di Pio VI, da Valence a Roma: prima nella chiesa della Storta, poi in S. Maria del Popolo e quindi in S. Pietro.
Dal 1809 al 1812, durante il governo napoleonico, per il prefetto Camillo de Tournon, eseguì alcuni rifacimenti nell’appartamento del piano nobile del palazzo della Consulta. Nel 1820, su committenza di Giovanni VI di Portogallo, progettò ed eseguì con l’architetto Giovanni Gherardo De Rossi, con lo scultore Francesco Massimo Laboureur e con i decoratori Gaspare Coccia e Antonio Fornari, gli apparati funebri allestiti in S. Antonio de’ Portoghesi per le esequie di Maria I regina di Portogallo (Chracas, Diario di Roma, 20 marzo 1820, n. 24, pp. 5-15). Sempre nello stesso anno fu nominato segretario generale della Direzione camerale acque e strade, carica che conservò fino al 10 luglio 1847.
Durante il pontificato di Leone XII (1823-29) operò insieme al figlio Filippo, nel casino del castello della Cecchignola; nel 1824 si ocupò della costruzione di alcune case nel ghetto, oggi non più riconoscibili a causa delle demolizioni condotte tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento; inoltre fu incaricato dal governatore di eseguire un progetto e una relazione per il restringimento degli ebrei nel ghetto (Progetto per il restringimento degli ebrei nel ghetto senza pregiudizio di alcuna famiglia cristiana, Roma 1824). Nel maggio 1835 per monsignor Alessandro Ruspoli, realizzò, con il figlio Filippo, gli apparati funebri in S. Maria dell’Anima, allestiti in occasione dell’esposizione delle esequie di Francesco I d’Austria morto nel marzo di quell’anno (A. Ruspoli, In funere Francisci I Austriaci horatio habita in sacello Vaticano…, Roma 1835; Chracas, Diario di Roma, 20 maggio 1835, n. 40, pp. 1-3). Nel 1845 fece parte della giuria del concorso per il nuovo teatro di Viterbo. Nel 1847, come ingegnere, insieme a Fabrizio Giorgi, terminò i lavori della nuova polveriera, costruita fuori della città di Civitavecchia.
Morì a Roma il 24 ottobre 1861. Un suo piccolo ritratto in miniatura fu eseguito da C. Corradini (Amadei, 1961, p. 19).
Filippo, primogenito di Giovanni Domenico iunior e di Matilde Fiori, nacque a Roma il 21 settembre 1800. Iniziò i suoi studi all’Accademia di S. Luca dove seguì il corso di architettura e ornato con Basilio Mazzoli, di prospettiva geometrica con Pietro Delicati, di architettura con Raffaele Stern. Il suo primo lavoro è del 1819, quando diresse dalle fondamenta la fabbrica di un nuovo monastero a Corneto. Intorno al 1832 diede inizio al rinnovamento dell’interno della chiesa di S. Biagio della Pagnotta in via Giulia e ai lavori in palazzo Valentini riguardanti l’interno e la facciata verso il foro Traiano, terminati nel 1835 (Chracas, Diario di Roma, 17 settembre 1834, n. 74, p.1; 24 aprile 1838, n. 33, p. 3). Nel 1832 fu architetto della Congregazione dei Virtuosi al Pantheon, carica che ricoprì anche nel 1855. Nel 1847 progettò l’apparato effimero con il trono del pontefice Pio IX eseguito per la girandola incendiata il 29 giugno sulla sommità di Castel S. Angelo. Nominato architetto ministeriale nel 1860, redasse una serie di progetti per le riforme delle carceri (Archivio di Stato di Roma, Camerale II, Carceri, b. 22, [1858]; Corpo degli ingegneri pontifici, b. 58, [1860]), che si protrassero fino al 1870. Dopo questa data non si hanno più sue notizie. il luogo e la data di mortesono ignoti .
Francesco,ultimogenito di Giovanni Domenico iunior e di Matilde Fiori nacque a Roma il 10 giugno 1815. Come il fratello maggiore, Filippo, si formò all’Accademia di S. Luca dove dal 1837 al 1844 ottenne diversi premi e nello studio del padre, affiancandolo in molti cantieri che ereditò e portò a compimento. Nel 1861 curò la ricostruzione del lanternino nella volta della cappella di S. Antonio nella chiesa di S. Antonio dei Portoghesi. Da una lettera dell’architetto Francesco Vespignani si apprende che dal 1871 al 1873 lavorava ai restauri di tutta la chiesa di S. Antonio dei Portoghesi per porre riparo ai danni subiti dall’edificio a causa dell’inondazione del Tevere avvenuta il 28 dicembre 1870 (Chracas, Diario di Roma, 20 maggio 1835, n. 40, pp. 1-3). Dopo questa data non si hanno più sue notizie. Anche di lui si ignorano luogo e data di morte.
Fonti e Bibl.: Il centesimo secondo dell’anno MDCCXCV co’ pregj delle belle arti… il signor cavaliere Tommaso Maria Conca pittore, descritto da Francesco N. architetto e segretario accademico, Roma 1795; E. Amadei, Tre architetti romani dei secoli XVIII-XIX, in Capitolium, XXXV (1960), 10, pp. 18-22; Id., Il teatro Valle e alcuni progetti inediti ad esso relativi, ibid., XXXVI (1961), 2, pp. 19-25; La festa a Roma dal Rinascimento al 1870 (catal., Roma), a cura di M. Fagiolo, II, Torino 1997, pp. 224, 228 s., 294, 325, 363; E. Debene-detti, L’architettura neoclassica, Roma 2003, pp. 76-80; S. Ceccarelli, N., Giovanni Domenico senior; N., Francesco Antonio senior; N., Giovanni Domenico junior, in Architetti e ingegneri a confronto, II, L’immagine di Roma fra Clemente XIII e Pio VII, a cura di E. Debenedetti (Studi sul Settecento romano, 23), Roma 2007, pp. 226-245 (con documenti e bibl. precedente); Contro il Barocco. Apprendistato a Roma e pratica dell’architettura civile in Italia 1780-1820 (catal.), a cura di A. Cipriani - G.P. Consoli, Roma 2007, pp. 260, 264, 333 s., 336, 341 n. 20, 342 n. 499; S. Carbonara Pompei, Al crepuscolo del barocco. L’attività romana dell’architetto Carlo Murena (1713-1764), Roma 2008, pp. 22, 38 s. n. 90, 115, 125 n. 79, 128 n. 79, 128 n. 148, 129 n. 160; S. Ceccarelli, Gli ingegneri dell’Acqua Paola. Disegni e documenti inediti di Carlo Fontana e Carlo Marchionni, in Storia dell’arte, n.s., XX (2008), p. 123; E. Debenedetti, Vita di Giuseppe Valadier attraverso nuovi documenti, in Architetti e ingegneri a confronto, III, L’immagine di Roma fra Clemente XIII e Pio VII, a cura di E. Debenedetti (Studi sul Settecento romano, 24), Roma 2008, pp. 8-11; E. Debenedetti, Stern, Daru e Sforza Cesarini nel Quirinale napoleonico, in Collezionisti disegnatori e pittori dall’Arcadia al Purismo, a cura di E. Debenedetti (Studi sul Settecento romano, 26), I, Roma 2009, p. 295; A. Cesareo, Anton von Maron e l’Accademia di S. Luca, ibid., II, Roma 2010, pp. 205 s., 215 n. 56; R. Randolfi, Carlo Murena, Giovanni Filippo Baldi, Nicola Vinelli e due camini per palazzo Lante, ibid., p. 157; T. Vitaliano, La Compagnia di S. Giuseppe di Terrasanta da Clemente XI a Pio VI: «diario», a cura di S. Carbonara Pompei - F. Trastulli, Galatina 2010, pp. 445 s.