SAURO, Nazario
Nacque il 20 settembre 1880 a Capodistria. Marinaio impavido fin dall'adolescenza, a vent'anni è capitano di piccolo cabotaggio. Navigando l'Adriatico e il Carnaro ne indaga i porti, i canali, le correnti lungo le coste e tra le isole dell'Istria e della Dalmazia fin giù alle Bocche di Cattaro. Infiammato d'amore per l'Italia, nella fede sicura di una prossima liberazione della sua terra dal giogo straniero egli fa tesoro di queste sue conoscenze con l'intento di servirsene a scopi bellici. Allo scoppiare della guerra mondiale è a Venezia tra i primi profughi giuliani a fare opera di propaganda interventista. Nel maggio del 1915 si arruola volontario nella R. Marina, e durante sedici mesi, sfidando la forca austriaca, spiega un'instancabile attività ideando e compiendo sessantadue operazioni navali in territorio nemico. Per questi suoi meriti di guerra è fregiato nel giugno del 1916 della medaglia d'argento e promosso tenente di vascello. Poco dopo ottiene di essere imbarcato sul sommergibile "Giacinto Pullino", il quale nella notte del 30 luglio esce dal porto di Venezia con l'obiettivo di silurare le opere di guerra nemiche nelle acque di Fiume. Ma già all'alba la nave, giunta nel Carnaro, s'incaglia sullo scoglio della Galiola nei paraggi dell'isola di Unie. Nazario Sauro con tutti i suoi compagni è fatto prigioniero, riconosciuto e tradotto davanti al tribunale militare di campo dell'Ammiragliato e del comando del porto di guerra di Pola, il quale fungendo da giudizio statario lo condanna il 10 agosto 1916 alla pena di morte mediante capestro, dopo averlo crudelmente messo a confronto con la madre, fatta venire dai campi di deportazione dell'Austria interna.
Il Ministero della marina per onorare la memoria del martire gli assegnò la medaglia d'oro con la seguente motivazione: "Dichiarata la guerra all'Austria venne subito ad arruolarsi sotto le nostre bandiere per dare il contributo del suo entusiasmo, della sua audacia ed abilità alla conquista della terra nella quale era nato e che anelava congiungersi all'Italia. Incurante del rischio al quale si esponeva, prese parte a numerose ardite e difficili missioni navali di guerra, alla cui riuscita contribuì sempre efficacemente con la conoscenza pratica dei luoghi e dimostrando sempre coraggio, animo intrepido e disprezzo dei pericoli. Fatto prigioniero, conscio della sorte che ormai lo attendeva, serbò fino all'ultimo contegno meravigliosamente sereno e col grido forte e ripetuto più volte dinanzi al carnefice di Viva l'Italia esalò l'anima nobilissima, dando impareggiabile esempio del più puro amore di patria. Alto Adriatico, 24 maggio 1915-10 agosto 1916".
Bibl.: F. Salata, N. S. Discorso detto in Capodistria nel X anniversario del martirio, 10 agosto 1926, in Atti e mem. della Soc. istriana di archeologia e storia patria, XXXVIII, con note e bibliografia; F. Pagnacco, Volontarî della Giulia e di Dalmazia, 2ª ed., Trieste 1930, p. 143, con gli atti ufficiali austriaci del processo; id., Pagine di passione giuliana, Trieste 1932, p. 196 segg.