nazionalizzazione
Il termine n. indica l’intervento con cui lo Stato, mediante un provvedimento legislativo, acquisisce la proprietà, piena o parziale, o almeno il controllo, di determinate industrie private, o l’esercizio di alcune attività di preminente interesse generale. Scopo generale della n. è il controllo statale di specifici settori produttivi, rivolto primariamente al perseguimento di finalità sociali (quali, per es., il sostegno all’occupazione o lo sviluppo di un’area territoriale economicamente arretrata) e non al perseguimento del profitto (fondamentale invece per le imprese private). Nei diversi Paesi il processo di n. dell’apparato produttivo ha assunto forme differenti: in alcuni Stati, come quelli dell’ex URSS, ha rappresentato la premessa della centralizzazione dell’economia (infatti nella letteratura socialista il termine n. indica la fase preliminare della socializzazione), mentre, nei Paesi capitalisti, come l’Italia, ha interessato soltanto i settori economici strategici e di interesse pubblico e, talvolta, si è anche manifestato nella forma dell’economia mista, come per es. nel caso delle partecipazioni statali. Un’importante funzione di impulso dell’economia è inoltre svolta dalla n. dei settori produttivi di base nei Paesi in via di sviluppo. La Costituzione italiana (art. 43) prevede espressamente che «a fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, a enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese, che si riferiscono a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio e abbiano caratteri di preminente interesse generale». Tuttavia, dagli anni Ottanta, i problemi di finanza statale, l’eccessiva burocratizzazione e i frequenti casi di inefficienza produttiva delle imprese in mano statale hanno determinato in molti Paesi un progressivo ridimensionamento dei settori nazionalizzati.