Ne li occhi porta la mia donna Amore
. - Sonetto della Vita Nuova (XXI 2-4), su schema abba abba; cde edc, presente, oltre che nella tradizione ‛ organica ' del libro e delle sue rime (Barbi) e nella Giuntina del 1527, anche nella ‛ estravagante ' che fa capo al codice Escorialense e III 23 (secondo D. De Robertis la variante tant'è in luogo di si è del v. 14 sarebbe d'autore). Fa parte delle rime dello ‛ stilo de la loda ', e viene subito dopo Donne ch'avete e II sonetto-manifesto Amore e 'l cor gentil sono una cosa; a quest'ultimo lo collega, con intellettualismo un po' acerbo, la razo in prosa, come ulteriore svolgimento inteso a mostrare che Beatrice non soltanto reca in atto la potenzialità di amore implicita nei cuori gentili, ma induce persino Amore ... là ove non è in potenzia.
La tonalità stilnovistica del sonetto è ribadita dai riferimenti, sottolineati dagl'interpreti, al Guinizzelli di Io voglio del ver e Vedut'ho la lucente stella dïana e al Cavalcanti di Avete 'n voi, Biltà di donna e Chi è questa che ven, ch'ogn'om la mira. Evidenti sono soprattutto le analogie con quest'ultimo sonetto, di cui D. riprende in rima alcune parole tematiche (mira, gira, sospira, ira) e, nell'incipit, con evidente volontà di confronto e di superamento, il motivo " mena seco Amor "; ma, come osserva il Sapegno nel suo commento (Firenze 1957, p. 76), mentre Guido esalta " una bellezza pur sempre umana e fisica ", D. tende piuttosto a ricingere l'apparizione di Beatrice di un alone di gentilezza e umiltà, all'esaltazione di una bellezza spirituale e sovraterrena. La fronte del sonetto ripropone i temi della terza e quarta stanza di Donne ch'avete (la ‛ gentilezza ' che Beatrice diffonde intorno, l'ammirazione estatica e la conseguente ansia di perfezione morale e di salvazione di chi la vede, la sua vittoria su superbia ed ira), e il loro tono di lode spiegata e d'inoppugnabile certezza che tende alla misura dell'inno. Le dominanti voci verbali delineano un susseguirsi di azioni, o meglio, di gesti, astratti da ogni concreta determinazione spaziale e temporale, da ogni funzionalità narrativa o cromatica e disposti in una sorta di sequenza rituale. La prima quartina esalta l'iniziativa salutifera di Beatrice (porta ... Amore; mira; passa; saluta), cui fa riscontro il pathos del contemplante, che culmina, più avanti (vv. 5-6), nel tremore e nella nostalgia struggente di una purezza incontaminata. La fronte si conclude con un appello al coro femminile di Donne ch'avete, con un invito, cioè, a partecipare coralmente alla lode. Nella sirma, più intima si fa la vibrazione sentimentale, lontana, però, dal ripiegamento lirico soggettivo e sollevata costantemente alla celebrazione di una storia eterna, di un valore assoluto. La prima terzina, infatti, mentre ripropone in un ritmo di canto spiegato le note tematiche fondamentali della dolcezza e dell'umiltà (vv. 9-10), affidandole alla testimonianza del core, culmina in una proclamazione oggettiva di vaga misura sacrale (ond'è laudato chi prima la vide, v. 11). La seconda, incentrata sul ‛ topos ' dell'ineffabile (il sorriso di Beatrice come novo miracolo e gentile), innalza il sentimento amoroso in una pura luce spirituale, vibrante di sottile e raccolta dolcezza.
Bibl. - Oltre ai commenti alla Vita Nuova e a Barbi-Maggini, Rime 92-94, si vedano: E. Auerbach, D. als Dichter der irdischen Welt, Berlino-Lipsia 1929 (cfr. ora Studi su D., traduz. ital. Milano 1963, 28-32); D. De Robertis, Il canzoniere Escorialense e la tradizione " veneziana " delle rime dello Stil novo, in " Giorn. stor. " suppl. 27 (1954) 40; U. Bosco, Il nuovo stile della poesia dugentesca secondo D., in Medioevo e Rinascimento, Firenze 1955, I 79-101 (rist. in D. vicino, Caltanissetta-Roma 1966, 29-54); D. De Robertis, Il libro della " Vita nuova ", Firenze 1961, 122, 138-139; V. Branca, Poetica del rinnovamento e tradizione agiografica nella " Vita nuova ", in Studi in onore di I. Siciliano, ibid. 1966, I 123-148 (in partic. 140-144); Dante's Lyric Poetry, a c. di K. Foster e P. Boyde, Oxford 1967, II 107-108; F. Montanari, L'esperienza poetica di D., Firenze 1968², 82-83.