necrosi
Complesso di alterazioni strutturali irreversibili, comportanti la perdita di ogni vitalità a carico di gruppi cellulari, zone di tessuto, porzioni di organo. Nell’ambito neurologico la n. può colpire sia i neuroni, sia le cellule gliali. Cause lesive di diversissima natura possono provocare n.: traumi, ustioni, congelamenti, energia radiante sono gli agenti fisici che più spesso interessano il sistema nervoso periferico e midollare; fra gli agenti chimici i tossici esogeni (avvelenamento) e le neurotossine biologiche; le localizzazioni microbiche a livello del sistema nervoso centrale e periferico causano n. neuronale e gliale sia attraverso azione diretta del germe, sia per fenomeni secondari di degenerazione e compressione. Una particolare n. è la n. caseosa delle flogosi tubercolari (così detta per l’aspetto, simile a quello del formaggio, della zona necrotica); la n. gommosa, presente spesso anche nel sistema nervoso centrale (SNC), è invece lesione propria della lue terziaria. Le più frequenti cause di n. sono tuttavia quelle circolatorie (ictus cerebrale e ischemia cerebrale). Nel tessuto necrotico si liberano sostanze enzimatiche, spec. fosfolipasi e proteasi, che aggravano a loro volta la degradazione delle membrane di altre cellule; alla n. ischemica segue solitamente colliquazione del tessuto nervoso (n. colliquativa). Nell’ambito dell’SNC la n. provoca reazione gliale secondaria (➔ gliosi), con importanti conseguenze funzionali: la gliosi postnecrotica compromette infatti le normali comunicazioni interneuronali e provoca spesso alterazioni anatomiche causa di malattie neurodegenerative e di idrocefalo. Dopo l’irradiazione a scopo terapeutico dell’encefalo e del midollo spinale si manifestano, anche molto tardivamente (mesi o anni), segni di n. (n. da raggi): questo processo infatti può evolvere come lesione espansiva encefalica, come mielite cronica, come sindrome pluriendocrina quando la n. coinvolge prevalentemente l’ipotalamo. La diagnosi di n. da raggi si pone con SPECT e PET perché TAC e RMN non la distinguono da una recidiva tumorale.