Necrosi
La necrosi (dal greco νεκρός, "morto") costituisce, insieme all'apoptosi (dal greco ἀπὸ, "da", e πτῶσις, "caduta"), una delle due forme di morte cellulare. Questa rappresenta la forma più grave di danno a cui può andare incontro una cellula, con perdita irreversibile della sua struttura e delle sue funzioni. Necrosi e apoptosi possono essere considerate due aspetti della disorganizzazione cellulare, diversi sia per l'intensità e il tipo di stimolo dannoso sia per lo stato metabolico e la capacità omeostatica della cellula interessata. In particolare, stimoli subletali possono innescare la sequenza dell'apoptosi che degrada la cellula in maniera irreversibile, avviandola alla disorganizzazione necrotica.
l. Morte cellulare
La morte cellulare è caratterizzata da due aspetti: la progressiva disorganizzazione dell'architettura subcellulare e la graduale perdita delle funzioni elementari che ne mantengono gli equilibri metabolici e funzionali. Questi due aspetti sono strettamente interdipendenti per la diretta correlazione tra struttura e funzione, particolarmente evidente a livello delle molecole proteiche o degli aggregati sopramolecolari (organuli cellulari). Per questo motivo, la genesi della morte cellulare è stata descritta anzitutto in termini morfologici, con l'aiuto del microscopio elettronico, del microscopio a scansione laser e di altre metodiche adatte a indagini anche dinamiche. Successivamente, la biochimica e la biologia molecolare hanno fornito i dettagli metabolici e molecolari di questo evento. Esistono due forme di morte cellulare, che differiscono per importanti aspetti della loro patogenesi: la necrosi e l'apoptosi. Esse hanno un ruolo differente nella fisiopatologia umana, essendo coinvolte in vari processi, come il danno tessutale da agenti esogeni, la morfogenesi, lo sviluppo, il ricambio e l'invecchiamento dei tessuti, la genesi dei tumori, il controllo e la patologia del sistema immunitario, la riparazione delle ferite ecc. Oggi, tuttavia, si pensa che l'apoptosi sia spesso la reazione a uno stimolo dannoso di modesta entità, intensificando l'azione del quale si ha un quadro con le caratteristiche della necrosi. Questo permette di comprendere i vari quadri intermedi tra le due forme di disorganizzazione.
La cellula è capace di adattarsi metabolicamente e strutturalmente ai cambiamenti e agli stress dell'ambiente. Le normali modificazioni associate a questo adattamento vengono denominate lesioni subletali e sono caratterizzate da un grado variabile di alterazione strutturale (evidenziabile al microscopio elettronico) e da risposte biochimiche che permettono alla cellula di sopravvivere, pur in presenza dello stimolo dannoso. Le lesioni subletali sono reversibili e riparabili al cessare dello stimolo dannoso. Alcuni esempi sono rappresentati dalla proliferazione del reticolo endoplasmatico in risposta ad alcuni farmaci (barbiturici o idantoinici antiepilettici), o dai cambiamenti di struttura mitocondriale in relazione allo stato energetico, oppure da mutamenti più complessi, come la metaplasia, in cui uno stimolo dannoso forza la cellula ad assumere caratteri differenziativi diversi dal primitivo piano di sviluppo. Quando lo stimolo dannoso supera le capacità di adattamento e di riparazione, il grado di disorganizzazione raggiunge il punto di irreversibilità, per cui progressivamente la cellula perde le sue funzioni e le sue strutture si degradano. Questo insieme di alterazioni costituisce una lesione letale o irreversibile, che ha come punto di arrivo il quadro finale di morte cellulare. La necrosi avviene con una sequenza che comprende iniziali alterazioni della funzione di barriera della membrana plasmatica, in seguito a stimoli per lo più esogeni, e il successivo innesco di meccanismi dannosi legati alle alterazioni irreversibili dell'omeostasi ionica. Pertanto, stimoli necrotici di frequente riscontro possono essere agenti fisici (alte dosi di radiazioni, temperature estreme), chimici (anossia/ischemia, radicali liberi, tossici vari) e biologici (virus, tossine batteriche); tutti, direttamente o indirettamente, agiscono alterando la barriera lipidica e i gradienti ionici.
Morfologicamente la necrosi si presenta sotto due quadri principali: necrosi coagulativa e colliquativa. La necrosi coagulativa è caratterizzata da disorganizzazione subcellulare con addensamento della cromatina del nucleo in piccole masse periferiche (picnosi nucleare), eventualmente seguita da frammentazione grossolana della membrana nucleare e della cromatina addensata (carioressi), rigonfiamento del citosol e degli organuli citoplasmatici, soprattutto reticolo endoplasmatico e mitocondri, e disorganizzazione degli elementi citoscheletrici (filamenti contrattili e fibrille strutturali dei filamenti intermedi). Con il progredire della sequenza necrotica, le varie strutture cellulari vengono digerite e scompaiono lasciando detriti membranosi. Un tipico esempio di necrosi coagulativa è quella dei miocardiociti nell'area di infarto. La necrosi colliquativa è contraddistinta fin dall'inizio dalla dissoluzione delle varie strutture cellulari, mentre nel nucleo prevale la cromatolisi che porta alla rapida frammentazione del DNA e alla scomparsa della cromatina (nuclei apparentemente vuoti e poco colorabili), ed è associata alla liberazione di grandi quantità di enzimi idrolitici, come accade nella necrosi dei granulociti neutrofili e dei macrofagi; perciò essa è spesso correlata con le infezioni purulente, dove è massivo l'intervento di questi leucociti. Un esempio tipico di necrosi colliquativa si riscontra nell'ascesso e nel foruncolo. In caso di ictus cerebrale (occlusione di un'arteria cerebrale) si ha prima la necrosi coagulativa che però evolve rapidamente verso la colliquazione associata alla liberazione degli enzimi idrolitici, non da parte delle cellule infiammatorie, ma degli stessi neuroni. Sono stati descritti altri quadri di necrosi che per le loro caratteristiche si possono ricondurre a uno dei due principali già descritti. La necrosi caseosa, che si verifica nella tubercolosi, associata al granuloma, è per molti aspetti una necrosi coagulativa. Invece nella necrosi del tessuto adiposo, associata alle pancreatiti, pur essendo evidente l'andamento colliquativo per gli enzimi digestivi liberati dalle cellule pancreatiche danneggiate, le cellule adipose permangono a lungo apparentemente organizzate per la formazione di saponi dai grassi presenti nel citoplasma degli adipociti. I saponi si formano grazie all'interazione con gli ioni Ca++, che entrano in abbondanza nel citosol attraverso la membrana plasmatica danneggiata (v. oltre).
La sequenza necrotica che porta alla degradazione dei vari componenti cellulari viene innescata in seguito all'alterazione dell'omeostasi ionica tra l'interno e l'esterno della cellula. Questa può avvenire per un diretto danno alla membrana plasmatica (calore, radicali liberi, detergenti, formazione di pori strutturati ecc.), oppure per l'inibizione delle pompe di membrana, dipendenti dal rifornimento energetico cellulare (ATP), che mantengono i gradienti di concentrazione degli ioni tra l'interno e l'esterno della cellula. In questo secondo caso, la causa più frequente è l'anossia conseguente all'ischemia (infarto). L'alterazione dell'omeostasi ionica ha due principali effetti: 1) l'entrata di Na+ e la perdita di K+, accompagnata per motivi osmotici dall'entrata di acqua; questo produce un rigonfiamento cellulare che è parzialmente responsabile della disorganizzazione strutturale e delle turbe metaboliche legate alla diluizione di substrati ed enzimi del citosol; 2) l'aumento massivo nel citosol della concentrazione di ioni Ca++, dovuto in parte al danno di membrana (il Ca++ extracellulare è fino a 100.000 volte superiore rispetto a quello del citosol) e in parte all'inibizione, per deficienza di ATP, delle pompe del Ca++ che normalmente trasportano questo ione all'esterno o nelle cisterne del reticolo endoplasmatico. L'alterata omeostasi del Ca++ è forse l'evento più importante tra quelli che rendono irreversibile la disorganizzazione necrotica. Infatti, l'aumento del Ca++ citosolico al di sopra di 10-6 M attiva in modo abnorme una serie di funzioni che possono spiegare da sole gran parte del quadro necrotico. In particolare, viene attivato il metabolismo perossidativo che produce varie specie molecolari altamente reattive (per es. malondialdeide) responsabili di gravi danni alle membrane lipidiche, alle proteine e agli acidi nucleici. Inoltre si verifica una contrazione abnorme del citoscheletro (supercontrazione) che, soprattutto nelle cellule ricche di microfilamenti contrattili, genera forze meccaniche capaci di disorganizzare i vari compartimenti cellulari. Sulla superficie della membrana si formano caratteristiche bolle che si possono distaccare contribuendo rapidamente alla disorganizzazione. Vengono quindi attivate numerose proteasi neutre citosoliche che degradano rapidamente le strutture proteiche a contatto con il citosol. I mitocondri tendono poi a concentrare Ca++ dal citosol; a concentrazioni superiori a 10-5 M vengono inibiti gli enzimi della catena respiratoria e della sintesi dell'ATP, per cui si aggrava il debito energetico che accelera la sequenza necrotica. Infine, l'eventuale liberazione di enzimi lisosomiali (idrolasi acide) per danno avanzato delle membrane lipidiche porta all'ulteriore degradazione delle strutture cellulari. Tra le idrolasi vi sono DNA-asi e RNA-asi che demoliscono gli acidi nucleici (cromatolisi). Solitamente, la necrosi si accompagna alla risposta infiammatoria e riparativa e interessa gruppi numerosi di cellule. Gli stimoli sono per lo più esogeni e, a parte gli iniziali meccanismi di innesco, non presentano meccanismi specifici differenti da quelli generali (v. infiammazione). La stessa risposta infiammatoria difensiva, nel caso di produzione eccessiva di radicali liberi, è in grado di produrre necrosi nel tessuto che è sede di flogosi, attraverso il danno della membrana plasmatica e degli organuli.
Per apoptosi si intende l'eliminazione di una singola cellula da un tessuto o da una popolazione (nel caso di cellule non organizzate in tessuto) mediante un meccanismo già presente nella cellula in forma inattiva e programmato per essere opportunamente attivato in specifiche circostanze. L'apoptosi appare finalizzata a eliminare cellule in eccesso (morfogenesi, controllo delle popolazioni staminali), cellule a differenziazione terminale (linfociti attivati, leucociti attivati) e cellule danneggiate (danni al DNA da radiazioni, radicali ecc.). Questo processo, pertanto, ha un importante ruolo sia fisiologico (morfogenesi, ricambio, trofismo, riparazione e controllo delle popolazioni staminali), sia nella genesi di alcune patologie (risposta al danno del DNA, cancerogenesi, danno da virus, danno autoimmune, malformazioni).
Nell'apoptosi la disorganizzazione si svolge con una caratteristica sequenza ritenuta irreversibile e presenta peculiari aspetti morfologici, biochimici e molecolari che la differenziano dalla necrosi. In particolare, nell'apoptosi si ha formazione di corpi apoptotici e di bolle citoplasmatiche, condensazione della cromatina e del citoplasma, mentre gli altri organuli restano apparentemente intatti, a differenza della necrosi che, come si è detto, presenta rigonfiamento, picnosi o cromatolisi e organuli variamente alterati (specialmente mitocondri, lisosomi, reticolo e altre membrane). Dal punto di vista biochimico e molecolare l'apoptosi è caratterizzata, in fasi precoci del processo, dalla presenza di fosfatidilserina e di annessina sulla superficie cellulare; più tardivamente, dall'attivazione, nel citosol, di una serie di proteasi (caspasi), dall'azione dell'endonucleasi nucleosomica e dalla comparsa di transglutaminasi, altri enzimi e proteine di nuova sintesi. L'endonucleasi nucleosomica agisce sulla cromatina a livello della giunzione nucleosomica, producendo frammenti di 220 paia di basi o multipli, individuabili come bande discrete nell'elettroforesi del DNA delle cellule in apoptosi, mentre nella necrosi, essendo il DNA frammentato in maniera irregolare dalle endonucleasi lisosomiali, l'elettroforesi non mostra delle bande identificabili, ma una striscia continua. La cellula necrotica, infine, tende ad accumulare calcio (fino alla precipitazione di calcio fosfato e alla calcificazione) con il citosol e il nucleoplasma che vanno incontro a denaturazione (necrosi coagulativa), e non evidenzia proteine di nuova espressione. Il programma di apoptosi può essere attivato da segnali intracellulari o provenienti dalla membrana plasmatica e conseguenti all'attivazione di un recettore. Esistono diverse famiglie di recettori che all'inizio utilizzano differenti vie di segnali e successivamente effettori comuni della disorganizzazione. La famiglia dei recettori Fas e dei TNFR (Tumor necrosis factor receptor), la caspasi-8, una cistein-proteasi che a sua volta attiva la caspasi-3. Quest'ultima è l'effettore della disorganizzazione, essendo in grado di riconoscere numerose molecole e di degradarle a livello di specifiche sequenze. Questa attivazione avviene anche per segnali interni che coinvolgono la proteina p53, che è in grado di accorgersi di eventuali danni al DNA, bloccare la cellula nella fase G1 del ciclo proliferativo, aumentare l'espressione della caspasi-3 e inibire l'espressione della proteina bcl-2 che normalmente protegge dall'apoptosi. Nelle fasi finali della degradazione si ha la produzione dei corpi apoptotici (frammentazione del nucleo e della cellula) e la loro eliminazione da parte dei macrofagi. Queste cellule, con un meccanismo di riconoscimento mediato da recettori, fagocitano e digeriscono i frammenti cellulari, eliminandoli dal tessuto sano. Le fasi terminali della disorganizzazione apoptotica comprendono aspetti molto simili a quelli della necrosi soprattutto per l'alterata omeostasi del Ca++.
Le conoscenze accumulate sulla patogenesi della morte cellulare, e in particolare sui meccanismi di degradazione dei componenti cellulari che sono attivi sia nella necrosi sia nell'apoptosi, hanno permesso di avviare ricerche e sperimentazioni tali da individuare una protezione farmacologica che possa interferire con questi processi. I farmaci Ca++-antagonisti sono stati utilizzati per limitare il danno necrotico; essi si sono dimostrati efficaci nel ridurre l'area di necrosi nell'infarto miocardico e nelle ischemie di altri tessuti, come per es. i neuroni del sistema nervoso centrale, soprattutto se usati in tempi precoci e nella fase di riperfusione del vaso occluso. Si stanno sperimentando molecole in grado di controllare l'apoptosi sia a livello recettoriale (per es., inattivazione dei ligandi con anticorpi monoclonali o con recettori solubili ricombinanti), sia a livello di effettori (inibitori delle caspasi). Questo sembra utile soprattutto nel danno autoimmune (tiroiditi, diabete di tipo I) o in quelle malattie virali (per es. AIDS) dove la morte cellulare apoptotica porta progressivamente all'insufficienza di specifiche popolazioni cellulari (tireociti e cellule β-insulari, linfociti ecc.).
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