NADI, Nedo
– Nacque a Livorno il 9 giugno 1893 da Giuseppe e da Assunta Pistolesi.
Il padre, detto Beppe (Pistoia, 22 settembre 1860 - Monterotondo Marittimo, 11 febbraio 1945), brigadiere dei pompieri, era un illustre schermidore, formatosi alla scuola del leggendario Eugenio Pini, anch'egli livornese. Fra i suoi tanti successi rimasero celebri quelli conseguiti in occasione del torneo di Roma (1889), dove vinse sia la competizione di sciabola, sia quella di spada, e del torneo di Rimini (1890), dove fu premiato come migliore tiratore di sciabola 'per meriti di bellezza'. Fu, inoltre, tra i fondatori dello storico Circolo scherma Fides di Livorno (1892).
Nadi fu indirizzato alla scherma all’età di sei anni dal padre che successivamente allenò anche il secondogenito Aldo (Livorno, 1899). Estremamente severo, Giuseppe alimentava di proposito una forte rivalità tra i due figli, destinata, nel tempo, a segnarne i rapporti. Sotto la guida paterna i fratelli si dedicarono al fioretto e alla sciabola, ma non alla spada; Giuseppe infatti considerava quest'ultima un’arma indisciplinata (il bersaglio valido comprende tutto il corpo), diversamente dal fioretto (limitato al busto) e dalla sciabola (busto, braccia e testa). I due fratelli impararono pertanto a tirare di spada da soli, di nascosto dal padre.
Nel 1905 Nadi vinse la prima gara nazionale a Vigevano nella categoria Giovanetti di fioretto ed esordì in campo internazionale nel 1909 a Vienna, aggiudicandosi la Coppa dell’Imperatore. Troppo giovane per partecipare alle Olimpiadi di Londra (1908) fu convocato dalla Federazione italiana per quelle di Stoccolma (1912). Qui conquistò l’oro nel fioretto individuale, battendo il connazionale Pietro Speciale e l’austriaco Richard Verdeber.
A questa medaglia, vinta dal più giovane schermidore a essere salito sul gradino più alto del podio olimpico, venne attribuita un’importanza particolare anche perché fu l’unica che la squadra italiana di scherma riuscì ad aggiudicarsi. Molti degli schermidori più conosciuti dell’epoca invitarono il giovane prodigio a un confronto. Tra i primi, proprio Pini; Nadi raccontò più volte le emozioni di questo duello dal quale uscì battuto ma felice e onorato.
La prima guerra mondiale interruppe la sua carriera sportiva. Arruolato nel reggimento cavalleria Alessandria fu decorato con due medaglie al valore ma rischiò anche la corte marziale per aver fraternizzato con un prigioniero austriaco nel quale aveva riconosciuto uno schermidore incontrato in pedana anni prima. Al termine del conflitto riprese subito ad allenarsi in tutte e tre le armi.
Come prima tappa partecipò alle Olimpiadi interalleate militari di Parigi (giugno-luglio 1919) dette giochi Pershing, dal nome dello stadio di Joinville nel quale si svolsero; qui vinse il torneo individuale di fioretto e quello di sciabola a squadre insieme al fratello e ad altri due livornesi, Oreste Puliti e Baldo Baldi, anch'essi allievi di Beppe Nadi. Alle Olimpiadi di Anversa (1920) fu portabandiera della spedizione italiana, capitano della squadra di scherma e, soprattutto, grande protagonista in pedana con prestazioni giudicate pressoché perfette.
Guidò la sua squadra alla vittoria nei tre tornei a squadre e vinse quelli individuali nel fioretto e nella sciabola. Non poté invece partecipare al torneo individuale nella spada per via di un forte disturbo intestinale. Con queste cinque medaglie d’oro vinte nella stessa edizione delle Olimpiadi stabilì un primato uguagliato solo nel 1924, a Parigi, dal corridore finlandese Paavo Nurmi e battuto solo nel 1972, a Monaco, dal nuotatore statunitense Mark Spitz, che ne vinse sette.
Dopo i successi di Anversa Nedo accettò di trasferirsi a Buenos Aires per sostituire Pini nella direzione della sezione scherma dello Jockey Club. Per tre anni fu lo schermidore professionista più ricercato e meglio pagato del mondo e iniziò l’attività di giornalista sportivo con il quotidiano argentino La Naçion. Tornò in Italia gravemente ammalato nel dicembre 1923; non si trattava di un esaurimento nervoso, come si volle far credere, bensì di sifilide. Si stabilì a Livorno e, dopo una lunga convalescenza, sposò la genovese Roma Ferralasco, giovane insegnante di educazione fisica conosciuta ad Anversa (alla quale si deve una biografia del marito pubblicata solo nel 1969). Riprese ad allenarsi nelle tre armi e, a metà del 1924, ricominciò a scrivere, collaborando ai quotidiani La Stampa di Torino e a Il Litorale di Bologna (Corriere dello Sport dal 1943).
Rifiutò di iscriversi al Partito nazionale fascista e, in ragione di ciò, subì ripetute minacce dagli squadristi livornesi almeno sino all’intervento di Augusto Turati, segretario del partito e schermidore abbastanza noto. Nel 1928 incontrò a Roma Benito Mussolini, ma respinse l’invito a trasferirsi nella capitale per aprire una nuova sala d’armi. Intanto, dal 1926 aveva ripreso l’attività agonistica professionistica arrivando a vincere in cinque anni 72 tornei, fra i quali il campionato italiano per professionisti nelle tre armi, il torneo mondiale di spada da terreno organizzato a Nizza nel 1928 e nel 1929 e, nel 1930, il campionato mondiale per spada organizzato ad Anversa dalla Federazione internazionale (FIE).
Chiuse la propria carriera il 4 febbraio 1931 al teatro Lirico di Milano battendo alla sciabola per 16 a 12 l’ungherese György Piller-Jekelfalssy, campione europeo in carica. Nello stesso anno accettò l’incarico, offertogli da Mussolini, di Commissario tecnico delle squadre nazionali di scherma e già nel 1932, alle Olimpiadi di Los Angeles, la squadra olimpica ottenne un risultato lusinghiero, con sette medaglie, una delle quali d’oro. Nel 1935 divenne presidente della Federazione italiana scherma ma non perciò trascurò l’attività di tecnico; i successi degli schermidori italiani furono confermati prima alle Olimpiadi di Berlino del 1936 (nove medaglie, quattro delle quali d’oro) e poi ai campionati mondiali di Parigi (1937) e di Piestany (1938).
Morì a Roma, in seguito a un ictus, il 29 gennaio 1940 e per suo desiderio fu sepolto a Portofino.
Anche il fratello Aldo scelse la via del professionismo subito dopo le Olimpiadi di Anversa; gareggiò nel circuito professionistico fino al 1935 quando si trasferì a New York dove l’allora già nota e affermata regina dei cosmetici Elizabeth Arden aprì per lui una sala d’armi nel suo istituto di bellezza. Nel 1943 si stabilì a Los Angeles; qui lavorò nell’industria cinematografica come istruttore e coreografo dei principali duelli nei film in costume. Scrisse due libri, On fencing, pubblicato nel 1943. e un’autobiografia, The living sword: a fencer's autobiography, pubblicata dopo la sua morte.
Morì a Los Angeles il 10 novembre 1965.
Fonti e Bibl.: documentazione sugli atleti è conservata in Archives Historiques du Comité International Olympique, ad indicem. Informazioni diverse possono ricavarsi dai volumi di: U. Pignotti - N. Bulgherini - P. Romani, Scherma azzurra nel mondo dalle origini, Roma 1960, passim; R. Ferralasco Nadi, N. N., l’alfiere dello sport delle tre armi nel mondo. Con la maschera e senza, Genova 1969; A. Santini, N. N.: personaggi retroscena e duelli della grande scherma italiana, Livorno 1989; R. Cohen, L'arte della spada, Milano 2003; G. Alvi, La vanità della spada: vita e ardimenti dei fratelli Nadi, secondo gli appunti di Miss Lisbeth Maples e gli scritti di loro medesimi, Milano 2008; La Federazione italiana scherma compie 100 anni, a cura di G. Toràn, Busto Arsizio 2009; Sport e fascismo, a cura di M. Canella - S. Giuntini, Milano 2009, ad ind.; foto e notizie varie sono nel sito www.fideslivorno.it.