NEET
– Sigla di Not in education, employment or training, indicatore con il quale si identifica la quota di popolazione di età compresa tra 15 e 29 anni che non è né occupata, né inserita in un percorso di istruzione o di formazione. Il riferimento è a qualsiasi tipo di educazione scolastica o universitaria e a qualsiasi genere di processo formativo: corsi professionali regionali o di altro tipo (tirocini, stage, ecc.), attività educative quali seminari, conferenze, lezioni private, corsi di lingua, di informatica e così via. Il fenomeno NEET include al suo interno diverse componenti, come i disoccupati veri e propri, cioè i giovani alla ricerca attiva di occupazione che non lavorano ancora, gli inattivi, cioè i giovani che non cercano e non sono disponibili a lavorare, gli scoraggiati, vale a dire i giovani che hanno definitivamente rinunciato a cercare un'occupazione e sono usciti dal mercato del lavoro. Il fenomeno NEET è correlato alla dinamica del mercato del lavoro e soprattutto alle connessioni di quest'ultimo con il sistema formativo ed educativo. In generale, nei paesi in cui formazione e lavoro sono meglio integrati, nei quali risultano inferiori i tempi di attesa per trovare il primo impiego, e i tassi di disoccupazione giovanile sono più bassi, il fenomeno NEET risulta meno rilevante. Sulla base dei dati Eurostat (2010), in Italia oltre 2 milioni di giovani sono fuori dal circuito formativo e lavorativo (22,1%): la quota dei NEET è più elevata tra le donne (24,95%) che tra gli uomini (19,3%) e nel Mezzogiorno è quasi doppia (30,9% complessivamente, 33,2% per le donne) rispetto al Centro-Nord (16,1%). Nel confronti con i paesi dell’Unione Europea (in media 15,3%), l’Italia mostra la percentuale di NEET più elevata dopo la Bulgaria (v. fig.). La quota meno alta si registra nei Paesi Bassi (5,8%), seguiti da Lussemburgo (6,1%), Danimarca (6,9%) e Svezia (8,3%). L’alta incidenza dei NEET sulla popolazione giovanile italiana è riconducibile a un insieme concomitante di fattori socioeconomici che possono essere colti attraverso alcuni indicatori del mercato del lavoro giovanile, quali gli elevati tempi di attesa per trovare il primo impiego (mediamente 25,5 mesi contro i 14,6 della Danimarca e i 18 della Germania), il ridotto numero di studenti lavoratori (10% in Italia, contro il 60% di Svezia e Danimarca e il 50% dei Germania e Regno Unito) e l’elevata percentuale di giovani con livelli di istruzione medio-alti che svolgono lavori di bassa specializzazione (la cosiddetta overeducation, che in Italia interessa il 35,2% dei lavoratori di età minori di 35 anni).