negazione
Nella logica classica tale termine denota un particolare connettivo vero funzionale a un argomento che inverte il valore di verità della formula a cui si applica: dunque se è applicato a una formula vera genera una formula falsa e viceversa. In tale senso questo termine non si oppone banalmente a quello di ‘affermazione’: negare, infatti, una proposizione A, equivale ad affermare la n. di A. L’operatore (➔) di n. viene solitamente indicato mediante uno dei seguenti simboli anteposti alla formula da negare: ¬ o ~, meno in uso è il simbolo – e la notazione polacca N. Intendendo, dunque, la n. di un enunciato come un enunciato che è vero se e solo se l’enunciato di partenza è falso e viceversa, la n. di un enunciato come ‘alcuni ragazzi studiano’ non è ‘alcuni ragazzi non studiano’ (infatti entrambi gli enunciati potrebbero essere veri), bensì ‘non si dà il caso che alcuni ragazzi studino’ ossia ‘nessun ragazzo studia’. Questo ultimo è vero, infatti, data la falsità di ‘alcuni ragazzi studiano’ e viceversa. Tale esempio evidenzia come una n. di un enunciato non possa sempre essere costruita anteponendo il ‘non’ al predicato dell’enunciato di partenza come nel caso di ‘la lavagna è bianca’ la cui n. è ‘la lavagna non è bianca’. Posta la definizione di n. e dato un enunciato A e la sua n. ¬A (da leggere: non A), diciamo che tali due enunciati sono tra loro contraddittori. La n. gioca un ruolo fondamentale nella distinzione tra varie logiche in quanto risulta cruciale per esprimere alcuni principi che non sono accettati da tutti i logici. L’intuizionismo (➔), per es., non accetta i principi logici come il principio del terzo escluso ossia (A o non A); e come il principio della doppia n. ossia (A se e solo se non non A).