NEGAZIONE - Grammatica
Rapporto logico elementare che si applica a qualsiasi categoria linguistica e ha assunto forme speciali per le esigenze morfologiche e per l'influenza di elementi affettivi. Si distingue il rapporto passivo di semplice esclusione e quello attivo di contraddizione: posso, non posso (semplice esclusione); amico, nemico (contraddizione).
La negazione linguistica si può presentare sotto forme diverse: come morfema (v. morfologia) che influisce su una parola sola, verbo o nome; come avverbio o congiunzione che influisce su una frase intiera; e infine come pronome o aggettivo autonomo: niente, nessuno.
Il morfema-prefisso negativo è in italiano doppio: in- (che contraddice) di origine latina e a- (che esclude) di origine greca; morale, immorale, amorale. A- può sostituire anche in certi composti una frase: ateo "che non ha dio", afasico "che non parla". Si tratta di costruzioni razionali, favorite dalla lingua tecnica, estranee alla lingua parlata, prive di elementi affettivi, stabili.
Avverbî e congiunzioni sono invece ricchi di elementi affettivi e rinforzano il vecchio non con parole irrigidite: mica in italiano, briza in emiliano, gotta in lombardo, pas (da "passo") e point in francese.
Il pronome, pure affettivo, nessuno sostituisce nemo che deriva da ne hemo "non uomo", che sostituisce un più antico ne quis.
Avverbî, congiunzioni, pronomi, possono abbreviarsi, perdendo il carattere formale della negazione piuttosto che il nucleo affettivo che li caratterizza: minime in latino per dir no; mai in italiano derivato da "più", in francese personne, aucun, rien (da rem).
La frase negativa ha esigenze speciali. L'imperativo negativo può essere costruito diversamente del positivo: fa, non fare. La negazione può essere pleonastica in proposizioni rette da verbi di timore o in termini di confronto: "je crains que tu ne sois malade"; "meglio di quanto non credessi".