negazionismo
s. m. – Categoria storiografica non scientifica, nata già all'indomani della Seconda guerra mondiale, il n. ha avuto come oggetti originari il fascismo e il nazismo, focalizzandosi, in particolare, su alcuni aspetti specifici, come la presenza delle camere a gas nei campi di sterminio tedeschi, di cui viene messa in discussione l'effettiva esistenza. Non limitandosi semplicemente all'uso della reinterpretazione acritica degli eventi della storia dell'ultimo secolo (prassi propria delle teorie revisioniste elettesi a baluardo della libertà di espressione contro le ricostruzioni della storiografia tradizionale), i n. si sono spinti fino al disconoscimento totale della Shoah, da loro intesa come artificio atto a demonizzare la Germania hitleriana e a favorire gli interessi della lobby ebraica nel mondo. Nel 1978, mentre in Francia Robert Faurisson cercava di dimostrare l'inaffidabilità del Diario di Anna Frank, in California veniva fondato l'Institute for historical review, un centro studi pseudoaccademico che ancora oggi rappresenta la massima espressione del pensiero revisionista e attorno al quale gravitano nazisti, antisemiti e razzisti in genere. Negli ultimi decenni, il dibattito sul n. è stato alimentato dalle vicende giudiziarie riguardanti Ernest Zundel e David Irving: pubblicista tedesco il primo, apertamente filonazista e arrestato in Germania per istigazione all'odio razziale nel 2005; saggista il secondo, già definito negatore della Shoah da un tribunale londinese e arrestato in Austria, nel 2006, per apologia di nazismo. Nonostante il nodo centrale delle teorie negazioniste sia legato in particolare allo sterminio degli ebrei, il concetto è però in realtà sinonimo di ogni forma di disconoscimento dei genocidi e, in generale, dei crimini contro l'umanità, perpetrati per cause politiche, xenofobe e razziste: in questo senso, si parla quindi anche di n. del genocidio armeno, in riferimento al rifiuto, da parte dei governi turchi, di riconoscere formalmente che tali eventi siano mai accaduti. Nel tentativo di regolamentare legalmente la questione, alcuni paesi hanno introdotto norme antinegazionismo nelle proprie legislazioni, scelta che però ha comportato un acceso dibattito tra gli storici, per la complessità e l'ambivalenza di una definizione giuridica su eventi del passato. In questa direzione, nel 2006, i ministri di Giustizia dell'Unione Europea hanno proposto di inserire sanzioni carcerarie per i reati di incitamento pubblico alla violenza e all'odio razziale e per apologia e negazione dei genocidi, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra. Sulla stessa linea si sono poste le Nazioni Unite, che, nel gennaio del 2007, hanno approvato una risoluzione che esorta tutti gli stati membri a rigettare, senza alcuna riserva, ogni negazione della Shoah come evento storico e a introdurre, nei propri programmi educativi, attività specifiche per il rafforzamento di una memoria storica condivisa.